
Le 19 serie imperdibili del 2021
Come ogni anno Birdmen Magazine prova a tirare le fila, ma è difficilissimo. Cosa è, soprattutto, una serie “imperdibile”? Tra questi ventuno prodotti, commentati dai nostri redattori, e per i quali spesso c’è un approfondimento, ci sono sorprese (Arcane, Invincible), conferme (The Method Kominsky), successi epocali (Squid Game), gamechanger (WandaVision, Loki)… sono “imperdibili” perché, in un modo o nell’altro, noi crediamo dobbiate vederle, indipendentemente da quanto se ne sia parlato. Abbiamo cercato di includere, come noterete, più piattaforme possibili, più generi, più forme; ma, come in ogni elenco, pure ragionato – e combattuto -, bisogna fare dei compromessi. Perciò desideriamo la vostra opinione! Commentate, scriveteci, ne saremo soltanto felici. Ecco a voi le 19 serie imperdibili del 2021. Qui quelle del 2020 e del 2019.
Anna

Creatore: Niccolò Ammaniti | Produttore: Sky Studios/ Fremantle/ Wildside Arte France | Disponibilità: Sky/Now| Episodi: 6 | Minutaggio: 45-60 min.
Ammaniti quasi profeticamente scrive Anna nel 2015 e le riprese partono sei mesi prima della scoppio dell’emergenza pandemica; involontariamente Anna si trova ad essere uno dei primi prodotti a riflettere sulla contemporaneità più stringente e sulle sue implicazioni morali e sociali, e lo fa ruvidamente, lasciando da parte allegorie e metafore. Come sarebbe il mondo se una pandemia colpisse l’umanità, lasciando in vita soltanto i bambini? La risposta è amara ed è perfettamente in linea con la rappresentazione che Ammaniti fa dell’infanzia in quasi tutti i suoi romanzi: uguale a sé stesso. Il mondo dei piccoli risente dei ricordi di quando erano presenti gli adulti e ne rimette in scena i meccanismi sociali e comunicativi, con esiti alle volte sconcertanti. L’interrogativo si sposta dunque allo spettatore: che mondo si sta lasciando agli adulti di domani? Degna di nota la scenografia, notevoli sono i costumi e gli ambienti punk e underground: nulla sembra essere lasciato al caso e ogni elemento vuole essere un rimando nei suoi riferimenti mediali, suggerendo connessioni almeno visive con molteplici fiabe e programmi televisivi, con una riflessione sulla contemporaneità che lascia le conclusioni allo spettatore. Una serie autoriale impegnativa che porta su piccolo schermo un materiale urticante, riuscendo nell’impresa di non rimanerne vittima, grazie ad una robusta scrittura di fondo, di cui viene rinnovata la forza. Giulia Caccialanza.
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Arcane

Creatori: Christian Linke, Alex Yee | Produzione: Riot Games, Fortiche Production | Disponibilità: Netflix | Episodi: 9 | Minutaggio per episodio: 39-44 minuti
L’idea che un prodotto audiovisivo tratto da un videogioco potesse essere almeno sufficiente era quasi un’utopia. Poi è arrivata Arcane. La serie d’animazione distribuita da Netflix, basata sul popolare videogioco League of Legends, ha raggiunto un livello di qualità inaspettato e inedito e, soprattutto, è riuscita a raccontarsi tanto ai fan di LoL quanto a chi non ha mai nemmeno sentito parlare del videogioco. Le animazioni curatissime e ricchissime sono forse l’apice qualitativo visto finora nella serialità animata tutta, mentre il worldbuilding riesce, in soli nove episodi, a dare un’enorme profondità al rapporto tra le città protagoniste Piltover e Zaun e ai personaggi che le popolano. Forze che si uniscono e si esaltano a vicenda soprattutto nelle numerose scene musicali della serie, dove emerge anche il valore registico del prodotto, in grado di concentrare dettagliate evoluzioni narrative in esaltanti montaggi a ritmo di musica. Arcane è una serie imperdibile per chiunque e segna un nuovo standard qualitativo per i prodotti tratti dai videogiochi: da ora in poi sarà impossibile sottrarsi al confronto. L’unico difetto? Una qualità simile richiede molto lavoro: quanto dovremo aspettare per un’altra stagione? E saprà raggiungere lo stesso livello della prima? Lorenzo Botta Parandera.
L’attacco dei giganti – The final season (Prima parte)

Creatori: Jun Shishido e Yūichirō Hayashi | Produttore: MAPPA | Disponibilità: Netflix, Prime Video e VVVVID | Episodi: 16 | Minutaggio: 24 min.
L’attacco dei giganti (Shingeki no Kyojin) sarà probabilmente ricordato come uno degli anime migliori dell’ultimo decennio. Adattamento dell’omonimo manga di Hajime Isayama, L’attacco dei giganti non è solo un prodotto di animazione di alta qualità, è anche stato capace di fare irruzione nel mainstream, tanto da affascinare persino coloro che in genere non fruiscono di animazione giapponese. La quarta stagione ha un cambiamento di tono maggiore rispetto alle precedenti. Il primo episodio dell’ultima stagione de L’attacco dei giganti inizia “al di là del mare”, con un salto temporale di quattro anni. Questo comporta un cambio di prospettiva, dal punto di vista degli Eldiani di Paradis che era stato protagonista finora, a quello dei guerrieri di Marley. Ora più che mai è sfumato il confine tra bene e male, amico e nemico, vittima e carnefice, vendetta e giustizia, ideale e indottrinamento: la moralità rimane in una zona grigia, dove è difficile definire cosa sia giusto o sbagliato. La produzione della quarta stagione è stata affidata allo studio MAPPA. Rispetto al lavoro dello studio Wit, che si era occupato delle stagioni precedenti, il design dei personaggi è più vicino allo stile artistico del manga. Sebbene siano state criticate alcune scene realizzate in CGI o con la tecnica del rotoscopio in quanto non adeguatamente rifinite, MAPPA ha comunque realizzato un adattamento fedele, in cui ogni episodio ha il giusto ritmo e l’uso del colore riflette il tono della serie. Maria Francesca Mortati.
Invincible

Creatore: Robert Kirkman | Produttore: Prime Video | Disponibilità: Prime Video | Episodi: 8 | Minutaggio: 42-48 min.
I supereroi della scuderia Prime Video sono la vera forza di un catalogo che fatica ad esprimere un’identità sicura e stabile. Eppure con prodotti come The Boys, Doom Patrol e l’eccezionale Invincible sembra dipanarsi la strada per definire un approccio sincero, esplicito ed estremamente consapevole nell’affrontare racconti di nicchia, scomodi, al limite dell’accettabile per un pubblico sempre più abituato alla leggerezza del verosimile ottimismo Marvel o alla cupezza dell’improbabile pessimismo cosmico DC. La strada scelta da Prime Video con Invincible è di mostrare tutto, di non nascondere nulla, attraverso uno stile d’animazione perfettamente mimetico rispetto al fumetto di riferimento e in grado di asciugare la violenza quel tanto da renderla sempre e comunque improvvisa, mai scontata, inaccettabile perché tanto coerente con l’azione quanto stridente rispetto allo stile. Invincible è una storia di supereroismo impossibile, dove il mito viene ribaltato al di là del cliché per far esplodere in faccia agli spettatori i limiti dell’universo simbolico che circonda i superuomini in costume. In perfetto accordo con The Boys, Invincible diventa un trattato di politica dell’immagine mettendo a nudo la fragilità di un’umanità che non è da salvare, bensì da coltivare, demolendo ogni etica dell’idealismo che passa tra le vignette dei fumetti. Quest’anno la prima stagione ha posto i pilastri per un piccolo ma ricchissimo universo narrativo, già sviluppato nei fumetti e in attesa solo di essere animato. Nicolò Villani.
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Loki

Creatore: Michael Waldron | Produttore: Marvel Studios | Disponibilità: Disney+ | Episodi: 6 | Minutaggio: 43-55min.
E se nessuno di noi fosse libero, davvero? Non parliamo della libertà quotidiana, delle piccole cose, ma della libertà di fare gesti eroici? Della libertà di cambiare il mondo? La serie Disney+ che stratifica l’universo Marvel in un Multiverso (solco ridefinito da WandaVision, da What If, da Spiderman – No Way Home, sicuramente dal prossimo Doctor Strange) mette in gioco il dio dell’inganno, Loki (Tom Hiddleston), con la più grande delle verità, seppur metaforizzata: la realtà non ha senso, e così l’universo, e così le cose, così l’uomo, così i legami, così le scelte, così l’amore. Come, però, negli archetipi del genere, fra tutti La fine dell’eternità di Isaac Asimov, non ha senso che niente abbia senso. Loki dovrà liberarsi del proprio personaggio, perché raccontare e raccontarsi non è più possibile, e combattere contro il responsabile di tutto questo. Una serie che cambia le regole del gioco, che ridefinisce e rilancia uno dei progetti audiovisivi più ambiziosi della storia. Demetrio Marra.
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Maid

Creatrice: Molly Smith Metzler | Produttore: Warner Bros. Television | Disponibilità: Netflix | Episodi: 10 | Minutaggio: 48-60 min.
Tratto dal memoir di Stephanie Land divenuto un best seller in America, Maid racconta la storia di una giovane ragazza madre che, fuggita dal marito alcolizzato e violento, diventa una colf sfruttata e sottopagata che si barcamena tra sussidi statali, edilizia pubblica e una burocrazia insensata e opprimente. Ambientata in un’America lacerata dalle differenze sociali, dove magnifiche ville con piscine e idromassaggio coesistono con interi quartieri fatti di case mobili decadenti, la serie creata da Molly Smith Metzler pone l’attenzione su un tema spesso poco rappresentato nel panorama seriale, quello della povertà e delle conseguenze che la mancanza di denaro provoca nella vita di tutti i giorni – e qui la serie è estremamente realistica – ma anche e soprattutto nella percezione che il resto della società ha di chi ne è privo. Lo sguardo della serie sulla sua eroina, che lotta tenacemente per offrire alla figlia un futuro migliore, è impietoso e allo stesso tempo molto ironico, senza mai scadere nel facile melodramma o nel pietismo, ma riuscendo perfino a strapparci un sorriso. Sorprendente Margaret Qualley, nella parte della protagonista, che qui recita accanto alla vera madre, Andie MacDowell. Giorgia Giulia Gamberini.
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Midnight Mass

Creatore: Michael Flanagan | Produttore: Intrepid Pictures | Disponibilità: Netflix | Episodi: 7 | Minutaggio: 60-70 min.
Crockett Island è un’isola abitata da sole 127 anime che vivono una fase di estremo decadimento morale e spirituale. Il ritorno a casa di Riley Flynn (Zack Gilford), dopo alcuni anni di prigione per omicidio colposo in stato di ebrezza, corrisponde all’arrivo di un nuovo sacerdote, Padre Paul (uno straordinario Hamish Linklater) che sembra promettere alla comunità un grande cambiamento, pianificato da Dio per alleviare le sofferenze dei suoi fedeli e donar loro l’eternità. Sfruttando tutti gli elementi indicatori di crisi e di disagio e intessendoli a tutti quelli di mistero, Flanagan – che dell’horror è esperto – crea un prodotto che racconta la crudeltà e la corruzione dell’animo umano che, anche ipocritamente, è alla ricerca di redenzione. Con una ben studiata inversione dei ruoli, lo stato di appartenenza dei personaggi diventa una brutale maschera che nasconde agghiaccianti verità. Sacro e profano, facce della stessa medaglia, diventano fautori di un incubo da cui è difficile uscire indenni, anche quando si fa ammenda e si esce allo scoperto, alla luce del sole. Dramma e orrore, saldamente intessuti l’uno nell’altro, mantengono alta la tensione senza mai lasciar cadere la narrazione nel patetico o macchiettistico. Benedetta Pallavidino.
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The Method Kominsky 3

Creatori: Chuck Lorre | Produttore: Netflix | Disponibilità: Netflix | Episodi: 8 | Minutaggio per puntata: 23-34 min.
Se una serie può sfaldarsi e rimanere intatta, ossimoricamente, quella serie è Il Metodo Kominsky. Dopo due stagioni brillanti, piene di comicità e tragedia, con un cast a dir poco stellare (Michael Douglas e Alan Arkin i protagonisti), quasi a non volerci credere, a non volerci stare che dovesse tutto finire, Chuck Lorre – creatore, tra le altre cose, di The Big Bang Theory – fa precipitare qualsiasi cosa, fa diventare a tratti surreale un prodotto fortemente radicato, invece, nella quotidianità. Sandy Kominsky affronta puntata dopo puntata i più grandi dolori che un individuo può affrontare, ma si cela dietro l’angolo qualcosa di incredibile, qualcosa che vi farà scaldare il cuore. Non si può dire altrimenti, non una parola di più. Vedete questa terza stagione, rimanetene confusi, piangete a dirotto. Demetrio Marra.
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The Morning Show 2

Creatore: Jay Carson | Produttore: AppleTv+ | Disponibilità: AppleTv+ | Episodi: 10 | Minutaggio: 50-66 min.
Dopo una prima stagione davvero clamorosa, The Morning Show torna ripartendo più o meno da dove ci aveva lasciato, continuando la sua inarrestabile carrellata televisiva sul contemporaneo e ampliando i propri orizzonti anche territoriali. L’Italia di inizio pandemia è protagonista assieme a una trasognata New York, lenta a reagire. La sceneggiatura, studiata al millimetro nell’annata precedente, risente di qualche esagerazione che influenza inevitabilmente un cast spesso sopra le righe. Ma non parliamo di un difetto, in quest’ultimo caso, perché se la prima stagione di Aniston, Whiterspoon, Carell, Crudup e Duplass era stata insuperabile, tanto valeva provare qualcosa di diverso. L’ingresso di nuovi personaggi nell’economia della narrazione, i picchi altissimi raggiunti in molti episodi, cancellano quei due o tre momenti sottotono quasi inevitabili per una serie che cerca di stare al passo coi tempi e si deve adattare a una pandemia. La guest star Valeria Golino si riconferma tra le poche personalità attoriali italiane in grado di valicare con successo i confini nazionali, dispensando gratuitamente quella che è a tutti gli effetti una lezione che nel nostro Paese non si vuole imparare. The Morning Show va vista per la sua capacità di interpretare lo zeitgeist a trecentosessanta gradi: nella società, nella lotta per i diritti, nei rapporti interpersonali, nei moti economici, nel ruolo dei nuovi media che stanno già diventando vecchi: «Remember your days are fully numbered», come canta Benjamin Sainte-Clémentine nell’irresistibile intro. Carlo Maria Rabai
Only Murders in the Building

Creatori: Steve Martin e John Hoffman | Produzione: Hulu | Disponibilità: Disney+ | Episodi: 10 | Minutaggio: 30
Only Murders in the Building prende la macabra curiosità dell’uomo per la cronaca nera e la trasforma in una delle serie più acute e divertenti dell’anno. All’Arconia, un palazzo lussuoso dell’Upper West Side, è stato scoperto un cadavere. La vittima è Tim Kono, un uomo che apparentemente tutti lì dentro odiavano. Tre inquilini però – un ex-attore famoso soprattutto per una serie poliziesca (Steve Martin), un regista teatrale caduto in disgrazia (Martin Short) e una misteriosa artista (Selena Gomez) – sospettano che si tratti di un omicidio. Uniti dalla passione per i podcast true crime, decidono di realizzarne uno per documentare le loro indagini, senza sapere però i segreti che saranno in grado di svelare. Only Murders in the Building è un caso raro nel panorama seriale odierno: un whodunnit nato per essere fruito attraverso la tradizionale distribuzione settimanale, in modo tale che le pause tra un episodio e l’altro e le conseguenti teorie sul caso partorite dal pubblico nel mentre diventino un aspetto fondamentale dell’esperienza di visione. Tra diverse teorie e innumerevoli sospettati (tra questi anche il cantante Sting), la serie riesce a trovare il giusto equilibrio tra il mistero e la commedia, sfruttando la straordinaria chimica tra i tre protagonisti e sapendo soddisfare il pubblico con un finale sorprendente. Giada Sartori.
Raised by the Wolves

Creatore: Aaron Guzikowski | Produttore: HBO | Disponibilità: Sky/Now | Episodi: 10 | Minutaggio: 42-55 min.
In un’annata che ha lasciato poche tracce sul firmamento seriale fantascientifico, Raised by Wolves è la serie sci-fi che più di tutte ha proposto una storia degna di essere seguita, senza puntare troppo sui fuochi d’artificio, bensì curando nei minimi dettagli una messinscena che a tratti ha adottato quasi gli stilemi del concettuale: pochi oggetti, poche astronavi, insediamenti limitati e quasi primitivi. Simboli di civiltà, di rinascita, di guerra si travestono, si celano, così come a nascondersi sono le potenzialità di Mother e Father, il passato di queste macchine da guerra, i conflitti fondamentali tra pensiero umano, religione e androidi. Raised by Wolves, di Aaron Guzikowski, è come una propaggine dell’universo narrativo creato da Ridley Scott con Blade Runner e Alien, un felice ritorno a quella fantascienza che si interroga sulla vita e lo fa concedendosi qualche inciampo, inevitabile quando si esplora l’ignoto. I primi due episodi diretti proprio da Ridley Scott e i meravigliosi titoli di testa sono un biglietto da visita difficilmente cestinabile da chi sia pronto a fare i conti con le mille sfaccettature della natura umana. Con il dolore che l’homo sapiens sa infliggere a sé e a ciò che lo circonda. Carlo Maria Rabai
Rick and Morty 5

Creatori: Justin Roiland, Dan Harmon | Network: Adult Swim | Disponibilità: Netflix | Episodi: 10 | Minutaggio per puntata: 22 min.
Rick and Morty ha deluso. Non è vero: ha deluso solo perché, dopo tante stagioni fuori dal comune, in questa (come nella terza), per qualche episodio ha abbassato il tiro. Dan Harmon (autore anche di Community) e Justin Roiland scommettono tutto sulla propria fantasia per procrastrinare e poi chiudere la sottotrama del Morty-Cattivo: alcuni episodi, come il primo della stagione – nel quale compare l’acerrimo nemico di Rick, Mr. Nimbus – sono tra i migliori mai prodotti; altri tra i peggiori – Gotron Jerrysis Rickvangelion, per esempio. Ma il season finale, protratto per tre episodi, è un miscuglio di amore e odio, di follia e razionalità. Attraverso accelerazioni e rallentamenti temporali Rick comprenderà moltissimo su di sé, sulla propria psicologia (finora rimossa), e sul proprio universo. Una serie dal ritmo e dai risultati schizofrenici, ma in fondo senza errori, deviazioni e compagnia bella come faremmo ad apprezzare gli allunghi?
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The Serpent

Creatori: Richard Warlow e Toby Finlay | Produttore: Mammoth Screen | Disponibilità: Netflix | Episodi: 8 | Minutaggio: 58 min.
Pantaloni a zampa, camicie stampate e colori sgargianti, balli sfrenati a bordo piscina sulle note di musica funky e un senso di libertà e leggerezza che trapassa lo schermo; le prime sequenze di The Serpent, miniserie scritta da Richard Warlow e Toby Finlay per BBC e Netflix, ci trascinano irresistibilmente nel cuore degli anni ‘70 in Thailandia, dove i giovani occidentali appartenenti all’upper class fuggono, zaino in spalla, per ritrovare se stessi, tra uso di sostanze, party e visite ai templi buddisti locali. Sono loro il target prediletto dal truffatore e serial killer Charles Sobhraj, che in quegli anni uccise almeno una dozzina di giovani saccopelisti in viaggio sulla cosiddetta hippy trail in Oriente, riuscendo a eludere a lungo la giustizia. La serie, in un continuo avanti e indietro nel tempo, ricostruisce questa vicenda in un crescendo di tensione, contrapponendo la figura dell’omicida a quella del giovane e sprovveduto diplomatico olandese Herman Knippenberg (Billy Howle) che gli dà ossessivamente la caccia. The Serpent si distingue da una parte per l’attenzione ai dettagli e la cura per la ricostruzione storica, facendoci rivivere le magiche atmosfere di quegli anni, dall’altra per l’ottima interpretazione di tutto il cast, su tutti quella di Tahar Rahim per aver dato vita a un cattivo con la C maiuscola, viscido e sfuggente, che detestiamo sempre di più nel corso degli episodi. Giorgia Giulia Gamberini.
Sex Education 3

Creatrice: Laurie Nunn | Produttore: Eleven Film | Disponibilità: Netflix | Episodi: 8 | Minutaggio: 47-60 min.
Giunta alla sua terza stagione, Sex Education rimane una serie di grande successo, un teen drama profondamente pop, capace di catturare l’attenzione di un pubblico vasto anche dal punto di vista generazionale. Mai didascalica, “l’educazione” di cui parla la serie non è solo sessuale ma anche emotiva, un percorso scevro da pregiudizi e tabù per conoscere e comprendere meglio sé stessi e gli altri. Il cuore della serie risiede proprio nella scrittura dei personaggi, di cui vengono esplorati in profondità i sentimenti e la crescita, sia individuale che relazionale. La terza stagione di Sex Education riesce a trovare un buon equilibrio tra le componenti emotive e sessuali delle relazioni interpersonali, riuscendo a dar voce alle esperienze complesse e sfaccettate tanto degli adolescenti quanto degli adulti, che si trovano anche loro a fare i conti con le proprie fragilità. Al centro della narrazione della terza stagione c’è soprattutto una guerra ideologica, sancita dall’arrivo della preside Hope Haddon che, nel tentativo di riabilitare il Liceo Moordale dalla nomea di “scuola del sesso”, con le sue politiche repressive e bigotte diventa un ostacolo a una corretta educazione sessuale e alla libertà di esprimere la propria identità. Con il personaggio di Cal (Dua Saleh), una persona non binaria, Sex Education introduce la questione dell’identità di genere, che sicuramente avrà modo di essere maggiormente esplorata nella stagione successiva. Maria Francesca Mortati. Leggi la nostra recensione qui.
Squid Game

Creatore: Hwang Dong-hyuk | Produttore: Netflix | Disponibilità: Netflix | Episodi: 9 | Minutaggio: 32-62
Una serie con tantissimi difetti, che però ha – secondo congiunture astronomiche e storiche – registrato il migliori risultato di sempre in tutti i paesi per la piattaforma di produzione e distribuzione Netflix. Tra critica sociale (tipica di certo audiovisivo sudcoreano) e distopia, Squid Game racconta le vicende di un gruppo di debitori che vengono rapiti, raccolti su un’isola fuori dalle mappe, convinti a giocare a un gioco a premi (anzi a premio, milionario), senza che sia chiara l’unica e sola penalità: la morte. Chi viene eliminato dai giochi (individuali o a gruppi, tutti accomunati dal carattere “infantile” e in qualche modo tradizionale) vien ucciso. Come perdervi un fenomeno dalla portata globale, che caratterizza ormai l’immaginario di tutti? Impossibile. E il creatore e regista, Hwang Dong-hyuk, è già a lavoro per una seconda e una terza stagione. Demetrio Marra.
Leggi il nostro articolo sul fenomeno Squid Game qui.
Strappare lungo i bordi

Creatore: Michele “Zerocalcare” Rech | Produttore: Netflix | Disponibilità: Netflix | Episodi: 6 | Minutaggio: 16-22 min.
Strappare lungo i bordi è il primo disco con la major di una band indipendente dura e pura che ha riempito per anni i locali di periferia. Ed è un gran bel disco. Di Michele Rech Zerocalcare la cosa più interessante resta sempre lo sguardo: come vede le cose, come le rielabora e come ce le restituisce. L’Espresso non molto tempo fa gli ha pure dedicato una copertina definendolo L’ultimo degli intellettuali italiani. Non era scontato il passaggio dal fumetto all’animazione senza perdite: il passo sembra breve, ma si tratta di un gran bel salto. E non lo era nemmeno quello dalla comfort zone della nicchia di certe trasmissioni televisive o dei fumetti a quello dei device e delle smart tv di tutta Italia. Zerocalcare – attorniato da un gruppo di professionisti di altissimo livello – è in grado di adattarsi al nuovo contesto senza perdere di sapidità, utilizzando il nuovo linguaggio per riproporre semplicemente ciò che lo rende lui. La chitarra resta distorta, per intenderci, anche se disegna un ritmo leggermente meno sincopato. La sua personale cifra comica, che potremmo definire un nichilismo idealista romantico, si scatena nel corso di tutta la serie: sono già diverse le battute entrate prepotentemente nell’immaginario collettivo e nella memetica internettiana. La risata però è sempre accompagnata da un contrappunto di sofferenza, come a ricordarci che la vita è così: un’eterna dialettica tra lo strappare lungo i bordi, cercando di seguire il percorso stabilito, e le spinte del mondo esterno che ti portano fuori rotta e che però non sono necessariamente sempre un male. Gianni Pigato. Leggi la nostra recensione qui.
Ted Lasso 2

Creatori: Jason Sudeikis, Bill Lawrence, Brendan Hunt e Joe Kelly | Produzione: Apple TV+ | Disponibilità: Apple TV+ | Episodi: 12 | Minutaggio per episodio: 29-49 minuti
Quando Ted Lasso debuttò con la sua prima stagione nell’estate 2020, venne subito definita come il perfetto antidoto alla tristezza grazie all’innato ottimismo del suo protagonista. Alcuni critici pensavano però che questa caratteristica potesse rivelarsi in futuro un’arma a doppio taglio, annullando il conflitto essenziale per qualsiasi storia e cadendo nel buonismo. La seconda stagione di Ted Lasso sembra essere la risposta diretta a questo interrogativo, seppur in un modo inaspettato. Anziché guardare avanti e mettere al centro la battaglia dell’AFC Richmond per tornare in Premier League, la serie sceglie adesso di guardare all’interno dei suoi protagonisti, sui loro conflitti interiori più che esteriori. Grazie all’ingresso del personaggio della psicologa Sharon Fieldstone (Sarah Niles), il tabù della salute mentale nel mondo dello sport e la conseguente importanza della terapia assumono un ruolo centrale nella seconda stagione di Ted Lasso. Nonostante la serietà delle tematiche, la serie non dimentica mai la dolcezza e anche la positività che la contraddistinguono nel panorama televisivo odierno. In particolare l’episodio natalizio, “Canto delle campane”, riassume perfettamente tutti gli elementi di successo di Ted Lasso, dall’idea di found family passando per l’altruismo e la sincerità emotiva. Giada Sartori.
The Undoing

Creatori: David E Kelley e Susanne Bier | Produttore: HBO | Disponibilità: Sky/Now | Episodi: 6 | Minutaggio: 55-60 min.
La tranquilla e apparentemente felice vita dei professionisti newyorkesi Grace Fraser (Nicole Kidman) e Jonathan Fraser (Hugh Grant) viene messa in crisi dal brutale assassinio di Elena Alves (Matilda De Angelis), madre di un compagno di scuola del figlio dei Fraser. Jonathan, che all’improvviso si dà alla fuga, sembra essere il principale indiziato in quanto amante della donna uccisa. La miniserie, che nella versione italiana prevede anche il sottotitolo Le verità non dette, è totalmente incentrata sul potere delle menzogne, e sull’estrema fragilità degli equilibri famigliari e matrimoniali nella società contemporanea. Il salto nel vuoto di Bier che passa dal cinema alla serialità porta la sua carriera ad un risvolto decisamente più soddisfacente dei suoi ultimi lavori: con lucidità mette in scena una caccia al colpevole sempre sul filo del rasoio che disorienta personaggi e spettatori rimescolando continuamente le carte e portando a sospettare di chiunque. Questa è la prova di come i segreti e i non detti condizionino la vita e la percezione delle relazioni, di come non ci si conosca mai abbastanza. L’atmosfera, cupa e tesa, oltre che torbida al punto giusto, esalta le performance recitative dei due protagonisti, storditi e abbagliati dall’inconsapevole e provocante deus ex machina della storia, incarnato dalla nostra Matilda De Angelis. Benedetta Pallavidino. Leggi la nostra recensione qui.
WandaVision

Creatore: Jac Schaeffer | Produttore: Marvel Studios | Disponibilità: Disney+ | Episodi: 9 | Minutaggio: 30-49 min.
Il 2021 è stato un anno esplosivo per la Marvel, che ha inondato grandi e piccoli schermi di prodotti eterogenei monopolizzando buona parte dei discorsi di fan, critici e commentatori. Il tutto è iniziato con quello che resta fino ad ora il prodotto più dirompente e innovativo del MCU, WandaVision, una miniserie che, partendo dalla metatelevisione esplicita e consapevole, apre le porte della Fase 4 dell’universo cinematico Marvel. La prima serie televisiva Marvel su Disney+ diventa un discorso sulla televisione stessa, approdando su una piattaforma che promette sempre più di rendere il televisore obsoleto; eppure proprio quel dispositivo si fa in questa serie chiave di volta narrativa ed espressiva per mostrare l’irrappresentabile: l’evoluzione emotiva di una donna in lutto, Wanda, in grado di piegare il tessuto del reale come fosse un segnale elettromagnetico per ottenere quell’immagine di vita che per lo spettatore “comune” passa sotto il termine di comfort tv. WandaVision, oltre ad essere il primo esempio di una colossale macchina produttiva che ormai non ha limiti di formato, riesce ad essere una multipla storia delle origini e arriva a stimolare le teorie dei fan in modi prima solo appannaggio dei più estremi lettori di fumetti. Il piccolo schermo di WandaVision mette insieme un vero e proprio palinsesto di situazioni scandite dal luminoso talento di Elizabeth Olsen, Paul Bettany e dei loro comprimari, sempre più sul punto di diventare protagonisti della capillare e pervasiva epica Marvel. Nicolò Villani. Le nostre recensioni, episodio per episodio, qui.
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