
Maid – La perseveranza di un amore
In un modo o nell’altro, Alex, venticinque anni, ragazza tutta occhi (blu), è sempre a zonzo per Washington, con pochi spiccioli in tasca e la manina di una bimba stretta alla propria. Gli abiti li ha recuperati in un rifugio per donne vittime di violenza domestica, sono eredità di chi se l’è vista brutta quanto lei; per contingenza anche i vestitini di Maddy, due anni e mezzo, occhi di mamma, vengono da lì, assieme ai peluche, i pony e i suoi giochi in generale, esclusa “Shmariel”, la versione di low-cost della Sirenetta, fatta di stoffa e brillantini: quella arriva dritta dritta dal negozio tutto-a-un-dollaro.
Maid è una fortunata produzione Netflix, inserita a gran merito da moltissimi nell’elenco delle migliori serie del 2021 (immancabile anche per il nostro articolo dedicato), già candidata (qui tutte le nomination) ai Golden Globe per le categorie di miglior miniserie o film per la televisione, miglior attrice e miglior attrice non-protagonista, che in questo caso sono la giovane Margaret Qualley e l’intramontabile Andie MacDowell, rispettivamente Alex e Paula, la mamma di Alex; la performance, oltre ad aver fatto affidamento su un magnetismo naturale, ha goduto anche del legame reale che intercorre tra le due donne, trattandosi appunto anche off-screen di madre e figlia.
E di realismo ce ne voleva, in un prodotto di narrazione che appiccica sugli schermi dell’americanissimo Netflix – allo stesso modo di una bimba coi suoi sticker, dunque senza esitazione – tematiche urgenti per la società occidentale, prima fra tutte quella della povertà, dalla quale si cerca di sfuggire tramite “lavoretti” massacranti, mal retribuiti e senza tutele, come ad esempio quello della domestica (traduzione di maid); oppure ancora il guaio immenso dell’inaffidabilità dei servizi sociali, della burocrazia statale e della magistratura. Ma per quanto ci venga data occasione di denuncia dello status quo, il nostro sguardo è chiamato ad allinearsi a quello di Alex, che non ha abbastanza tempo a sua disposizione, come tutte le mamme, nemmeno per puntare il dito; l’urgenza del giudizio viene così soppiantata dall’accettazione a denti stretti, in nome di un bene più grande: Maddy.

Con guantoni di plastica, pettorina azzurra e un fazzoletto del medesimo colore che raccoglie i lunghi capelli indomabili, la nostra eroina scrosta ogni giorno pavimenti, bagni e cucine di un’infinità di case, dalle più orride e decadenti a quelle più lussuose: non si tratta di una lotta per la mera sopravvivenza economica, la sua è una missione. Le riprese si spogliano di un qualsiasi tipo di retorica sentimentalista ed anzi scelgono di essere inclementi nel mostrarci ogni singola e personalissima fatica dei personaggi principali.
Gli scogli non sono mai unicamente pratici, ma anche emotivi e psicologici: [spoiler] Paula ha una forma di bipolarismo non diagnosticato che mal si sposa con la sua filosofia gipsy e l’essere irrimediabilmente squattrinata; Sean, il padre di Maddy, esercita una forma di controllo su Alex, sentendosi schiavo sia di un suo sentimento di inadeguatezza nei confronti della società che dei suoi problemi di alcolismo; Nate, un amico storico di Alex, tenta di avvicinarsi a lei romanticamente facendo leva sulla possibilità di poter mantenere sia lei che sua figlia, ricostruendo così un quadro familiare soddisfacente, senza rendersi conto però che si tratti di un evidente amore non ricambiato. E queste sono solo tre delle forme più tangibili del ricchissimo ventaglio di emotività che la miniserie offre.
Anche nell’ultima istantanea che Maid ci regala, dopo dieci densissime puntate, c’è una presa di posizione pragmatica. Intanto vengono scartate le due grandi costrizioni della maggior parte delle storyline di prodotti simili, ossia da una parte lo scontato happy ending e dall’altra la drammaticità gratuita e strappalacrime, entrambi mirati al raggiungimento di un’empatia artificiosa; trionfa invece un grido di libertà che non appartiene solo all’esperienza di una ragazza-madre vittima d’abuso, ma che arriva a tutti ed anzi è di tutti. È questa la potenza di Maid, l’universalizzazione di un dolore tanto particolare, di una vulnerabilità sfiancante che è catartico vedere rappresentata con tanta originalità e delicatezza. Semplicemente imperdibile.
Dal 2015 Birdmen Magazine raccoglie le voci di cento giovani da tutta Italia: una rivista indipendente no profit – testata giornalistica registrata – votata al cinema, alle serie e al teatro (e a tutte le declinazioni dell’audiovisivo). Oltre alle edizioni cartacee annuali, cura progetti e collaborazioni con festival e istituzioni. Birdmen Magazine ha una redazione diffusa: le sedi principali sono a Pavia e Bologna
Aiutaci a sostenere il progetto e ottieni i contenuti Birdmen Premium. Associati a Birdmen Magazine – APS, l‘associazione della rivista
[…] Tratto dal memoir di Stephanie Land divenuto un best seller in America, Maid racconta la storia di una giovane ragazza madre che, fuggita dal marito alcolizzato e violento, diventa una colf sfruttata e sottopagata che si barcamena tra sussidi statali, edilizia pubblica e una burocrazia insensata e opprimente. Ambientata in un’America lacerata dalle differenze sociali, dove magnifiche ville con piscine e idromassaggio coesistono con interi quartieri fatti di case mobili decadenti, la serie creata da Molly Smith Metzler pone l’attenzione su un tema spesso poco rappresentato nel panorama seriale, quello della povertà e delle conseguenze che la mancanza di denaro provoca nella vita di tutti i giorni – e qui la serie è estremamente realistica – ma anche e soprattutto nella percezione che il resto della società ha di chi ne è privo. Lo sguardo della serie sulla sua eroina, che lotta tenacemente per offrire alla figlia un futuro migliore, è impietoso e allo stesso tempo molto ironico, senza mai scadere nel facile melodramma o nel pietismo, ma riuscendo perfino a strapparci un sorriso. Sorprendente Margaret Qualley, nella parte della protagonista, che qui recita accanto alla vera madre, Andie MacDowell. Giorgia Giulia Gamberini.La nostra recensione qui. […]