
Strappare lungo i bordi – Zerocalcare e gli assunti traballanti della vita
“Pensavamo che la vita funzionasse così: che bastava strappare lungo i bordi e tutto avrebbe preso la forma che doveva avere“. La serie animata scritta e diretta dal fumettista romano Zerocalcare (Michele Rech) per Netflix, Strappare lungo i bordi, si fonda sulla metafora di un assunto traballante che spesso informa le nostre vite, spese a cercare un posto nel mondo. I bordi a cui fa riferimento il titolo sono quelli tratteggiati su fogli di carta, che, se strappati correttamente, producono forme compiute. Ci è stato fatto credere che la realizzazione delle nostre ambizioni dipendesse solo da noi, che la responsabilità dell’insuccesso ricadesse esclusivamente sull’individuo, incapace di seguire la sua strada. A volte non basta un’esistenza intera per rendersi conto di essere, in realtà, delle forme frastagliate, costantemente in bilico tra i bordi tratteggiati e le sbandate sul resto del foglio: i bordi strappati a mano sono necessariamente imperfetti, e può essere inevitabile dover scendere a compromessi.
Cintura nera di come si schiva la vita, Zero – protagonista della serie e alter ego dell’artista – incarna il senso di inadeguatezza e di inettitudine di un’intera generazione, e non solo. Strappare lungo i bordi è un’autoanalisi che riesce al contempo a essere universale.

La serie, prodotta da Movimenti Production in collaborazione con BAO Publishing, è composta da sei episodi da quindici minuti l’uno. La trama orizzontale è quella di un viaggio, da Roma a Biella, compiuto da Zero con i suoi amici Sarah e Secco. A fare da contrappunto alla storia c’è il tratto caratteristico delle graphic novel di Zerocalcare, vale a dire il flusso di coscienza di Zero, tra flashback e digressioni. La verticalità dei voli pindarici è inoltre funzionale a dispiegare per intero la natura del viaggio, che non è solo fisico e materiale, ma anche mentale e interiore. Interiore fino al punto che è lo stesso Zerocalcare a doppiare tutti i personaggi, con la sua voce sbiascicata e dall’inconfondibile accento romano – fatta eccezione per l’Armadillo, personificazione della sua coscienza, a cui presta la voce l’attore Valerio Mastandrea, e per l’ultimo episodio.
Per mezzo dei monologhi interiori, Zero mette in mostra le sue idiosincrasie. Il protagonista rievoca ricordi dell’infanzia e dell’adolescenza, fino ad arrivare al presente della serie, e nel farlo riflette sulla sua vita, dalle situazioni quotidiane – che, portate all’estremo, esemplificano quello che Zero chiama “il diritto alla lagna” – a quelle che in qualche modo sembrano aver segnato la formazione della sua identità.
Una delle grandi capacità di Zerocalcare è proprio quella di rielaborare il vissuto, esorcizzando le paure con l’uso della comicità. Con Strappare lungo i bordi si ride e si piange (qualche volta anche contemporaneamente). La serie è scandita da tempi comici sempre sul pezzo, le gag – sia verbali che visive – hanno un ritmo serrato, bilanciato da momenti maggiormente riflessivi in cui la risata finisce per diventare amara. E quando la risata lascia spazio a pensieri più seri e delicati, quando sopraggiunge la catarsi, anche il flusso di coscienza che sembrava più superficiale acquisisce un senso profondo nell’economia della narrazione.
L’introspezione è sicuramente uno dei punti forti di Strappare lungo i bordi, in quanto è fondamentale nel farsi portavoce di un carosello di esperienze umane – paranoie, tormenti, occasioni mancate, la sensazione di rimanere sempre fermi, la paura di sbagliare – in cui è facile immedesimarsi. Costellata di citazioni pop, la serie va anche oltre l’identificazione generazionale, rivolgendosi a tutti e tutte coloro che, almeno una volta nella vita, hanno sentito di dover fare i conti con la propria coscienza.

Nel riuscire ad alternare così efficacemente toni comici e malinconici, Strappare lungo i bordi si rivela un capolavoro di storytelling dalla grande potenza espressiva, arricchito dalle musiche di Giancane. Soprattutto, Strappare lungo i bordi è Zerocalcare. La serie presenta tutte quelle caratteristiche stilistiche che hanno fatto di Michele Rech Zerocalcare.
Se con i corti di Rebibbia Quarantine – che l’autore romano aveva realizzato durante la quarantena da coronavirus – avevamo intuito il potenziale della trasposizione audiovisiva della sua arte, possiamo confermare che con Strappare lungo i bordi Zerocalcare, grazie anche all’ottimo lavoro dello studio di animazione DogHead Animation, è riuscito a portare sé stesso e il suo stile fumettistico all’interno di una narrazione seriale, con il grande merito di riuscire a trasporre una storia intima e autobiografica nel sentire comune.
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[…] Strappare lungo i bordi è il primo disco con la major di una band indipendente dura e pura che ha riempito per anni i locali di periferia. Ed è un gran bel disco. Di Michele Rech Zerocalcare la cosa più interessante resta sempre lo sguardo: come vede le cose, come le rielabora e come ce le restituisce. L’Espresso non molto tempo fa gli ha pure dedicato una copertina definendolo L’ultimo degli intellettuali italiani. Non era scontato il passaggio dal fumetto all’animazione senza perdite: il passo sembra breve, ma si tratta di un gran bel salto. E non lo era nemmeno quello dalla comfort zone della nicchia di certe trasmissioni televisive o dei fumetti a quello dei device e delle smart tv di tutta Italia. Zerocalcare – attorniato da un gruppo di professionisti di altissimo livello – è in grado di adattarsi al nuovo contesto senza perdere di sapidità, utilizzando il nuovo linguaggio per riproporre semplicemente ciò che lo rende lui. La chitarra resta distorta, per intenderci, anche se disegna un ritmo leggermente meno sincopato. La sua personale cifra comica, che potremmo definire un nichilismo idealista romantico, si scatena nel corso di tutta la serie: sono già diverse le battute entrate prepotentemente nell’immaginario collettivo e nella memetica internettiana. La risata però è sempre accompagnata da un contrappunto di sofferenza, come a ricordarci che la vita è così: un’eterna dialettica tra lo strappare lungo i bordi, cercando di seguire il percorso stabilito, e le spinte del mondo esterno che ti portano fuori rotta e che però non sono necessariamente sempre un male. Gianni Pigato. Leggi la nostra recensione qui. […]