
The Undoing – La banalità del thriller
A partire dal suo ritorno in televisione con Big Little Lies (HBO, 2017-2019) dopo trent’anni dedicati esclusivamente al cinema, Nicole Kidman è diventata un’icona del prestige drama. I progetti a cui ha preso parte finora come attrice e produttrice sono improntati verso un’indagine in chiave mystery sulla tipica moglie americana. Si tratta solitamente di una donna benestante sui quarant’anni, sposata e con almeno un figlio piccolo a carico. La facciata patinata serve però solo a nascondere un dolore che non può essere mostrato pubblicamente. Questa era Celeste Wright in Big Little Lies, un ex avvocato di successo costretta a sopportare gli abusi del marito Perry. Il suo trauma però non è mai stato il nervo drammatico della serie: lo showrunner e headwriter David E. Kelley era riuscito a delineare per lei e le altre protagoniste un percorso realistico di rinascita e riscatto. Questo lavoro, aiutato da eccellenti interpretazioni, aveva portato Big Little Lies a dominare l’award season, riscuotendo anche un enorme successo di pubblico e critica. HBO si dimostrò presto desideroso di replicare quel successo e per questo, nel marzo del 2018, annunciò una nuova collaborazione tra Kelley e Kidman, il cui risultato sarebbe poi uscito in America, dopo numerosi rinvii, solo nell’autunno 2020: si trattava di The Undoing, miniserie tratta dal romanzo Una famiglia felice di Jean Hanff Korelitz e da pochi giorni finalmente disponibile in Italia.
Basta vedere un solo episodio per capire che purtroppo The Undoing non è Big Little Lies. È indiscutibile la presenza di molti elementi in comune: il modo in cui è costruito l’intreccio, il typecasting per Kidman e la ricchezza ostentata da ogni fotogramma. A The Undoing mancano però due aspetti che si erano rivelati determinanti per il suo predecessore: una delineazione psicologica dei personaggi e il rispetto verso il pubblico. La miniserie di Kelley finisce così per essere opaca e vuota, bloccata nel tentativo di essere, prima che una narrazione, un fenomeno mediatico. Durante la messa in onda americana vennero pubblicate decine di articoli dedicati ai lussuosi cappotti indossati da Nicole Kidman e mille teorie su chi fosse l’assassino. Questo hype ha però portato a un sovraccarico di aspettative, che con l’episodio finale sono crollate nella delusione più totale.

The Undoing non è niente più che un banale thriller costruito su percorsi già battuti innumerevoli volte. Opera la distruzione di una famiglia apparentemente perfetta, qualcosa che l’anno scorso abbiamo già avuto modo di vedere, ad esempio, in Defending Jacob. Se lì al centro delle indagini era il figlio, in questo caso è il marito, Jonathan Fraser (Hugh Grant), un affermato oncologo pediatrico, che diventa il sospettato principale in un caso di omicidio. La notizia annienta quella che era la precaria stabilità di Grace Fraser (Nicole Kidman). Per lei non è solo la distruzione della sua famiglia perfetta, ma è anche un fallimento professionale: nonostante la lunga carriera da psicoterapeuta, forse non ha mai capito veramente suo marito. Grace conosceva poco la vittima Elena Alves (l’italiana Matilda De Angelis, da poco vista ne L’incredibile Storia dell’Isola delle Rose), una giovane madre da poco entrata nel comitato della prestigiosa Reardon School, ma questa era stata capace di sconvolgerla con il suo atteggiamento enigmatico e disinibito.
Nei suoi sei episodi (già disponibili su Sky Box Sets e Now TV), The Undoing dissemina indizi per lo spettatore, ma questi non vanno verso un’unica direzione. Chiunque potrebbe aver ucciso Elena e nessuno può essere escluso dalle indagini. Il potenziale della serie come whodunnit viene però affossato da una narrazione estremamente lenta, che concentra i colpi di scena negli ultimi minuti di ogni episodio per assicurarsi che il pubblico continui la visione. Questa staticità si ripercuote anche sulla caratterizzazione, portando a personaggi a malapena abbozzati e a un sofferto tentativo di correzione da parte del cast. Se Kidman riesce comunque a portare sullo schermo il conflitto interno a Grace, Hugh Grant rende Jonathan Fraser una parodia di se stesso. Susanne Bier, regista danese conosciuta al grande pubblico per il suo lavoro su The Night Manager e Bird Box, conosce come funziona il thriller e prova a salvare la serie, lavorando in simbiosi con l’indagine del detective Mendoza (Edgar Ramirez) e dello spettatore. Si sofferma così su dettagli che altrimenti sarebbero sfuggiti, ma vuole soprattutto evidenziare quasi esasperatamente l’interpretazione di Kidman.

Se The Undoing è diventata un fenomeno mediatico e un successo di pubblico, lo si deve ai nomi coinvolti, incaricati di distrarre da una scrittura poco fantasiosa. Il potenziale per creare una serie realmente avvincente e non un vuoto intrattenimento era presente nel libro di Korelitz, ma Kelley ha preferito una strada fin troppo sicura, improntata sull’estetica più che sulla tensione. Forse The Undoing avrebbe potuto funzionare meglio sotto forma di lungometraggio, riassumendo quelle cinque ore e mezzo di durata in 100 minuti ed evitando che il pubblico si illudesse con teorie estremamente affascinanti e molto più intelligenti del risultato finale.
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