
Ravenna Nightmare 2020 – The Return Of Tragedy, l’underground surreale di Mandico
The Return of Tragedy di Bertrand Mandico, presentato nella sezione Orizzonti del Festival di Venezia, torna a stupire nella sezione Contemporanea al Ravenna Nightmare Film Fest 2020, online sulla piattaforma MyMovies.it dal 31 ottobre all’8 novembre, e Birdmen Magazine, media partner del Festival, lo ha visto per voi.
Mandico alla scorsa edizione del RNFF si era aggiudicato il Premio della Critica, con il lungometraggio Le Garçon Sauvages, diventato un cult all’interno dei circuiti festivalieri. Con The Return of Tragedy il regista francese torna al mediometraggio, regalandoci 24 minuti di puro sperimentalismo, un vivido e pulsante delirio surreale che diviene tributo al cinema underground newyorchese degli anni ’80, sia dal punto di vista estetico che narrativo. return of tragedy mandico
Mandico lascia che le proprie suggestioni cinefile si amalgamino e si contaminino, dando vita ad un’esperienza visiva poliedrica e stratificata, che si concede diversi esilaranti momenti di puro intrattenimento, sfuggendo l’eccessiva concettualità.

La trama conta poco. Due poliziotti irrompono in un giardino privato, dove si sta svolgendo una cerimonia “privata”, o meglio ritualistica: i fedeli sono riuniti attorno al guru Katebush (interpretato David Patrick Kelly, attore feticcio di Walter Hill, che ha lavorato con Lynch in Fire walk with me e Twin peaks, figura emblematica della galassia lynchiana e a tutta una corrente del cinema anni ’80) e ad una donna, Tragedy (la musa di Mandico, e sua co-producer Elina Löwensohn), che viene sventrata per lasciar fluire la sua bellezza interiore (o “delle interiora”) che ha le sembianze di un enorme viscere che galleggia nell’aria: la bellezza deve essere tirata fuori, deve essere eviscerata per mostrarsi. return of tragedy mandico
Il corto è diviso in sette capitoli che di volta in volta raccontano lo stesso evento. Ad ogni ciclo alcuni parametri cambiano, scatenando una differente ma ugualmente insensata catena di eventi, e facendo virare la riflessione verso derive sempre più surreali e visionarie.
The Return of Tragedy è un film che sogna gli anni ’80: l’accattivante estetica vintage, data dalla fotografia ipersatura, dall’artigianalità esibita degli effetti speciali (compresi i fili del viscere lievitante) e dal formato in 16 mm e 5:3, è corroborata dall’atmosfera sonora, a cura di Pierre Desprat, un flusso musicale in cui le costellazioni di musiche elettroniche si muovono tra una dimensione melanconica ed una pop ed eccitante. Il film gioca con gli archetipi delle serie tv e dei film polizieschi – con questi personaggi che si comportano sempre in modo uguale – mutando continuamente forma senza accettare etichetta alcuna: film sperimentale e allo stesso tempo tributo di stravaganti film di genere, spaziando dal grottesco al gore fino al surreale. return of tragedy mandico

Racconta Mandico, intervistato da Mariangela Sansone per il RNFF:
«The Return of Tragedy si inserisce in una raccolta che abbiamo avviato con Elina Löwensohn, 21 film in 21 anni che lavorano sul tema dell’attrice e del cineasta, dello sguardo che questo offre alla sua attrice in rapporto al cuore e all’invecchiamento, e poi sull’idea di una finzione incontrollata. Mi sono divertito ad immaginare un racconto ripetitivo e circolare, come gli Esercizi di stile di Raymond Queneau: sempre la stessa situazione ripetuta con delle variazioni in funzione del narratore. Questa idea della grande buffonata, dell’assurdo, del gore, era realmente presente nella scrittura: non è il mio genere preferito, ma possono esserci momenti straordinari nel gore, che spesso incontra il farsesco. La violenza nel farsesco sta nelle torte alla crema tirate in faccia agli attori, che nel gore sono rimpiazzate dal sangue. Penso ci sia abbondanza di farsesco nel gore, con questa ridondanza di sangue: ecco, si è passati dalla crema al ketchup. Cronenberg diceva di sognare delle sfilate di Miss che rappresentassero la bellezza dell’interno del corpo umano: Miss intestino, Miss stomaco. Diceva che gli organi interni fossero così belli che non capiva perchè non si potesse celebrare la loro bellezza. Mia zia era anestesista, mi portata ad assistere – avevo 3, 4 anni – a delle operazioni chirurgiche e sono rimasto meravigliato dalla bellezza del corpo umano, dai colori che ho potuto ammirare. Per me è stato uno shock estetico. Non lo trovavo affatto macabro, ma ma abbastanza allucinante. Credo ci sia una reminiscenza in questo film».

E’ difficile, se non impossibile, descrive tutti i riferimenti cinefili inseriti nel film da Mandico: da Kenneth Anger a R.W. Fassbinder, da Guy Maddin a Burroughs e Nick Zedd, Richard Kern, Lydia Lunch, dalle atmosfere lynchiane a quelle cronenberghiane.
Mariangela Sansone, programmer del RNFF, introduce così Mandico:
Ci sono autori che si inoltrano in territori sconosciuti, inesplorati, rincorrendo l’idea di perdersi. Ci sono altri che preferiscono muoversi in territori già noti, cercando nuove prospettive di visione in spazi paralleli, in un mondo onirico del tutto personale, ridefinendolo, riplasmandolo, ridando vita e corpo al sogno. Mandico appartiene proprio a questa seconda categoria, che riesce a far emergere dall’oscurità del buio su stratificazioni visive e letterarie una nuova creatura, originale, bellissima e fantastica.
E ci sembra il miglior mondo per concludere, in attesa delle sorprese del prossimo lungometraggio del regista, Paradis sale (o After Blue).
Birdmen vi consiglia inoltre, di Mandico, La résurrection des natures mortes (#BirdmenConsiglia: 5 cortometraggi da vedere su MUBI)
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