
SKAM Italia – Splendida e dannata gioventù
In principio erano Eva, Noora, Isak e Sana. Poi son diventati Emma, Manon, Lucas e Imane. Si sono trasformati in Hanna, Mia, Matteo e Mira. Hanno trovato voce come Jana, Zoe, Robbe e Yasmina. In Italia li abbiamo chiamati Eva Brighi, Eleonora Sava, Martino Rametta e Sana Allagui. Sono quattro adolescenti come tanti, portati sul piccolo schermo per la prima volta dalla webserie di Julie Andem prodotta dalla rete norvegese NRK nel 2015. Il titolo era SKAM, vergogna, a indicare quella sensazione di disagio che accompagna gli adolescenti, soprattutto quando sono in cerca del loro posto nel mondo. La serie, nata senza marketing, è riuscita presto a conquistare il pubblico norvegese per la sua modalità innovativa di distribuzione: clip distribuite nel corso della settimana prima dell’episodio completo e la diffusione di chat o immagini sui social network fittizi dei protagonisti.
SKAM è riuscita a parlare, nel corso delle sue quattro stagioni e con i suoi quattro protagonisti, di amicizie, scoperta della propria sessualità, violenza sessuale, religione e molto altro. Nel 2017, mentre la serie riusciva finalmente a trovare un’attenzione globale grazie alla stagione su Isak, NRK decise di rendere il suo sito non più accessibile dall’estero per questioni legate ai diritti musicali. Se SKAM iniziò a essere protagonista di un traffico sottobanco su Google Drive per aggirare le restrizioni, quest’attenzione al di fuori della Norvegia fece pensare alla possibilità di avere degli adattamenti locali della serie. Dal 2018 i remake iniziarono a spuntare in tutta Europa: Skam France, Druck, Skam Espana, Skam NL, WtFOCK.
L’Italia non mancò alla chiamata. La Cross Productions di Rosario Rinaldo, grazie al fondamentale aiuto del regista e sceneggiatore Ludovico Bessegato, si interessò al progetto. Come broadcaster subentrò TIMvision e quando questa abbandonò la serie nella quarta stagione, ci pensò Netflix a dare un futuro a SKAM. L’azione si spostò dalla Hartvig Nissen School di Oslo al Liceo J.F. Kennedy di Roma. Così il 29 marzo 2018 Eva Brighi (Ludovica Martino) ci dà il benvenuto nel mondo di SKAM Italia leggendo la brutta copia del tema scritto dall’amico/fidanzato/non-si-sa Giovanni Garau (Ludovico Tersigni, tra i protagonisti di Summertime). Sono la voce di lei e le parole di lui a spiegarci il vero significato di SKAM: il voler tratteggiare un’adolescenza disperata, persa, in cui i ragazzi devono tenersi per mano come delle lontre per non andare alla deriva.
Attraverso le quattro stagioni (ma una quinta potrebbe essere alle porte), SKAM è riuscita a dare voce a chi spesso si è sentito raccontare dagli altri. Si parla spesso di rappresentazione nei media, soprattutto per quanto riguarda le minoranze. SKAM è riuscita a portare questo concetto sullo schermo in modo diverso, facendo sentire capiti gli adolescenti italiani, rappresentandoli in tutte le loro sfaccettature. Come ho infatti avuto modo di vedere personalmente, la partecipazione è davvero sentita: durante un evento con il cast, a Roma, una ragazza si alzò in piedi e ringraziò Ludovica Martino perché, vedendo la storia di Eva, aveva scoperto di non essere la sola a combattere quei demoni che occupavano la sua vita.
Questo è sempre stato il merito di SKAM, indipendentemente dalla versione. In 17 Again (Burr Steers, 2009) Mike O’Donnell diceva “Quando sei giovane ti sembra che ogni cosa sia la fine del mondo; non è così, è solo l’inizio”. SKAM aiuta i giovani a comprendere questa realtà universale che all’inizio ci sfugge, perché siamo troppo chiusi in noi stessi, nella nostra stessa tristezza. Ludovico Bessegato però ha fatto un lavoro preciso per portare quelle situazioni nel contesto italiano, permettendo al pubblico di sentirsi un amico di quei personaggi più che uno spettatore passivo . Le modifiche hanno a che fare a livello microscopico con la musica (l’Eleonora di Benedetta Gargari si rilassa ascoltando Baby K, ad esempio) o con gli scenari (così la biciclettata di Martino e Nicolò finalmente sul punto di vivere il loro amore trova come sfondo il Vaticano). A livello macroscopico si portano le discussioni, soprattutto quelle centrali alla seconda e alla quarta stagione, rispettivamente sull’omofobia e sul razzismo e l’islamofobia, nel contesto italiano. SKAM parla ai giovani usando il loro linguaggio, ma non vuole educarli perché è conscio che sono molto più intelligenti di quanto il mondo crede. La serie non cade (quasi) mai nelle solite paure che circondano le produzioni italiane (che invece prodotti come Curon sembrano confermare), dimostrandosi costantemente un progetto molto più maturo e arguto di quanto gli si voglia dare credito. SKAM non parla al posto degli adolescenti, vuole essere piuttosto un megafono per aiutarli a farsi ascoltare e a essere presi sul serio.
Nella quarta stagione, resa disponibile nella sua interezza (quindi non più attraverso clip) il 15 maggio sia su TIMvision che su Netflix, SKAM rende protagonista Sana Allagui (Beatrice Bruschi). Lei, che è sempre stata la voce della ragione nel suo gruppo di amiche, finisce nell’ultimo anno di liceo ad essere divisa tra il rispetto della fede islamica e la voglia di essere un’adolescente come tante. In questo frangente inizia a provare un certo interesse verso il migliore amico di suo fratello, Malik (Mehdi Meskar). Ad aiutare Ludovico Bessegato nel difficile compito di rappresentare il conflitto interiore di Sana, c’è la sociologa ed esponente della comunità musulmana femminile italiana Sumaya Abdel Qader. Come nelle stagioni precedenti, SKAM riesce a parlare di temi seri senza sfociare nella retorica. L’esperienza di Sana è solo uno dei modi possibili di vivere il rapporto con la propria religione, ma raramente in Italia si è vista una serie che fosse così interessata a parlarne. La conclusione della quarta stagione si prefissa come l’epilogo perfetto per il progetto di Bessegato, ma se i rumor che girano dovessero rivelarsi veritieri potrebbe essere anche un nuovo inizio per SKAM.
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