
WandaVision – Episodio 5 – La rivoluzione sarà teletrasmessa
Attenzione: la recensione contiene spoiler dell’episodio 5 | Torna su Disney+ la serie targata Marvel Cinematic Universe WandaVision con un episodio cinque densissimo di elementi, che riesce a intrecciare in un amalgama deflagrante le diverse strutture narrative imbastite nelle ultime settimane. Se l’episodio precedente ha imposto l’ingresso del Marvel Cinematic Universe più “tradizionale” all’interno degli schermi domestici, questo episodio 5 di WandaVision ci riporta alla diegesi mimetica di Westview e alla sua rincorsa della storia televisiva, con un capitolo intriso di anni ’80 in tutte le loro possibili sfaccettature, tanto da rendere sempre più coerente la misurata rappresentazione dei diversi piani finzionali.

Partiamo proprio dagli anni ’80: il gioco ormai è chiaro e WandaVision non si trattiene nell’attingere nuovamente a piene mani dall’immaginario televisivo di quel decennio e dalla sua peculiare messa in scena. Gli anni ’80 hanno introdotto nella sitcom familiare quel topos di rappresentazione dei tipici problemi di una famiglia americana e dei risvolti che la loro soluzione può presentare; da qui prendono il via i fatti scatenanti la narrazione verticale di ogni episodio. Come accaduto col capitolo 3, in questo questo quinto episodio topoi che normalmente prenderebbero il tempo di più episodi si condensano nella manciata dei pochi minuti dedicati al mondo di Westview, mostrando una repentina e ormai prevedibile crescita dei due gemelli Tommy e Billy (come per altro è accaduto nei fumetti, in condizioni altrettanto misteriose).

Quello che sorprende, però, è qui la graduale autoconsapevolezza di chi questo mondo lo vive: Agnes non sembra mostrare alcun cenno di disagio di fronte ai fatti strani che le accadono davanti – elemento che accrediterebbe teorie sul suo essere molto più che un semplice comprimario della meta-seria -, alcuni abitanti sembrano suggerire che il loro copione non gli è sconosciuto e gli stessi gemelli comprendono chiaramente il cruciale ruolo della madre nella tenuta del loro mondo; inoltre, Visione arriva finalmente a smascherare il finzionale, strappando per un momento un figurante dal controllo della moglie e rendendosi conto dell’inganno che lo vede immerso.

Tutto questo è attentamente misurato: WandaVision percorre una storia televisiva che è programmaticamente destinata ad esaurirsi e più la esplora, più come spettatori siamo portati a chiederci se Wanda sa che il tempo stringe sempre di più; ma forse questo è dovuto al crescente desiderio di Scarlet stessa – perdonatemi, per me il “nome di battaglia” lo ha – di sentirsi sempre più libera di rappresentarsi, inducendo quindi i linguaggi del suo mondo finzionale ad adottare stilemi di epoche via via più aperte ad accogliere il vero del mondo attraverso la sua rappresentazione. Ciò che la sitcom una volta connotava, censurava, celava, col passare del tempo è diventato sempre più denotato, manifesto, visibile; e così accade al “segreto” della coppia di Vendicatori nella loro abitazione catodica.

E non è un caso che, in questo episodio 5 di Wandavision, la rappresentazione interna di Westview e l’esterno ormai impostosi del Marvel Cinematic Universe convivano e si intreccino così fortemente: gli anni ’80, infatti, sono oggi il decennio più saccheggiato dall’audiovisivo contemporaneo, una sorta di terreno comune della mitologia seriale odierna, tanto che solo questo può diventare il punto di contatto ideale tra un “oggi” e uno “ieri” da far combaciare, in un incontro che si fa retrocompatibile tanto da arrivare a turbare la tenuta stessa del sogno di Wanda. Proprio qui continuiamo a renderci conto di come la serie giochi con il nostro stesso specularvi sopra, in perfetto accordo assiologico con la percezione che le generazioni di spettatori tv hanno avuto del loro intrattenimento: se dal primo episodio abbiamo pacificamente considerato il mondo di Westivew come una messa in forma del subconscio di Wanda e come un tentativo simile a un “sogno lucido” di tenerne in piedi la verosimiglianza consolatoria, qui – con Visione – scopriamo che lei è cosciente dall’inizio di ciò che fa e che i cambiamenti sono frutto di un suo volersi liberare dagli ostacoli del visibile (notate l’assonanza?).

Chi frequenta da qualche anno il mondo dei fumetti Marvel non è nuovo al funzionamento sempre più esplicito di questa serie e alla necessità che il formato seriale si dà in essa: l’MCU rappresentato qui somiglia moltissimo ai crossover fumettistici che da tempo spopolano nell’ecosistema Marvel, facendo immaginare una proiezione cinematografica coerente e completa delle sole sequenze extra-Westview, mentre i diversi momenti che punteggiano il finzionale creato da Wanda altro non sono che tie-in del racconto esterno, approfondimenti meta-discorsivi di quanto fruiscono gli agenti dello S.W.O.R.D. in una strategia strutturale squisitamente aderente al modo di intendere il mezzo seriale a partire dai fumetti.

Ma il vero momento esplosivo dell’episodio 5 di WandaVision è l’aggiunta di un ulteriore livello discorsivo di come va letta la nuova fase del Marvel Cinematic Universe. Ormai è cosa nota, la Disney ha acquisito la Fox e con essa i diritti di tutto ciò che è il rappresentato Mutante del franchise targato X-Men; perciò, l’apparizione di Pietro interpretato non da Aaron Taylor-Johnson (come in Avengers: Age of Ultron), bensì da Evan Peters (che ne veste i panni in X-Men – Giorni di un futuro passato), oltre a restituire una parvenza di coerenza alla manovra “Marvel Legacy” – da adesso ufficialmente specchio del “Marvel Cinematic Multiverse“ – ammette che i mondi audiovisivi dei supereroi posseduti da Disney sono comunicanti, se si ha il potere di renderli tali. Wanda non potrà qui riportare in vita i morti – può invece farlo nei fumetti, con conseguenze sempre catastrofiche – ma può liberamente giocare con l’immagine della vita e della morte, prima con il corpo di Visione, ora con il “recast” del fratello Pietro.

Tanto ancora si potrebbe dire di questo densissimo e realmente rivoluzionario episodio di WandaVision, speculando ad esempio sul perché la città di Lagos – teatro di un trauma tremendo per Wanda – sia comparata a della carta assorbente, o su come tutto il minuto 25 possa rappresentare la Disney che intima a tenersi fuori da come tratta la sua proprietà intellettuale (capito Sony?), o ancora su come il tocco risvegliante di Visione somigli in modo molto inquietante a quel messaggio che le piattaforme streaming sono tenute a mostrarci quando ci abbandoniamo troppo al loro interno… Ma ci diamo appuntamento alla prossima settimana – e agli anni ’90, probabilmente – consapevoli che WandaVision farà parlare di sé ben oltre la semplice messa in onda, a tutti i livelli, dei propri episodi.
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[…] Pietro è tornato ed è il classico Peter dei film degli X-Men che abbiamo imparato ad amare al cinema (ora ancora più adorabile in veste di zio) mentre Tommy e Billy rispettano il copione imposto dal decennio in corso (gli anni ‘90 ma anche i primi anni del 2000) citando apertamente serie come Full House (Gli amici di papà in Italia), serie tra l’altro dove hanno esordito le celeberrime gemelle Olsen, sorelle della ormai ben più nota Elizabeth. Ma l’accento è posto ancora una volta sui fumetti, quei fumetti che rendono, per chi li conosce, WandaVision la migliore serie metatestuale sulla piazza al momento. Pietro esibisce fieramente il proprio outfit dei fumetti classici così come Tommy e Billy, sebbene quest’ultimi si fermino più che altro alla semplice citazione. Halloween – sempre più l’erede anglosassone-protestante del carnevale europeo-cattolico – è l’occasione per mettere in mostra i “veri” sé stessi, per calare la maschera mentre la si indossa. E siccome le feste in maschera rispondono alla necessità sociale di lasciar cadere regole e convenzioni, ecco che assistiamo a una vera e propria carnevalata, vale a dire un ribaltamento di tutto ciò che, anche nella finzione, “dovrebbe essere” (non ce ne voglia Hume). […]