
The Mandalorian – Capitolo XVI – Totalità e infinito
Attenzione: la recensione contiene spoiler dell’episodio 16 | Si conclude con un episodio enormemente stratificato e dal ritmo incalzante la seconda stagione di The Mandalorian su Disney+, regalando una tenuta narrativa solida e rispettosa fino alla fine e promettendo un futuro nuovo rilancio dalle dimensioni insperate. Come facilmente sospettabile, il capitolo 16 di The Mandalorian (intitolato, molto descrittivamente, The Rescue), diventa il corollario audiovisivo degli esplosivi annunci che Disney ha fatto durante l’Investor Day 2020, confermando che la linea futura per la Galassia di Lucas e degli Skywalker è una sola e passa attraverso il linguaggio inaugurato con le avventure di Din Djarin e del piccolo Grogu.

Da buon finale di stagione, il capitolo 16 di The Mandalorian porta ad incontrarsi tutte le linee narrative aperte durante la serie, attraverso il racconto di un salvataggio atteso, coerente e quasi scolastico nel suo mostrarsi: un piano d’azione definito, senza fronzoli o assurdità, quasi cinico e asciutto nel suo svolgersi, che lascia libero sfogo a sparatorie e combattimenti di un’eleganza totale e di una fisicità estremamente concreta, come ci ha sempre più abituato la rappresentazione a cura di Favreau e del suo team. La regia di Peyton Reed si dona totalmente alla massiccia mole di corpi e oggetti coreografata dall’azione, facendo percepire ogni minimo spazio claustrofobico dell’Incrociatore Imperiale, rimando con la dimensione degli schermi domestici dove l’episodio stesso è fruito.

Il ritmo serrato e i faticosi incastri di masse metalliche (siano queste droidi, armature in Beskar o navette che entrano sul ponte dell’Incrociatore) diventano terreno fertile per la sempre brillante ibridazione di genere che fa di The Mandalorian il sogno proibito del postmodernismo: Reed riesce, nei tre quarti d’ora del capitolo 16, a donare allo spettatore vividi ricordi di momenti cardine della saga degli Skywalker – da The Clone Wars alle battaglie navali della trilogia Classica – arrivando a omaggiare nuovamente la Fantascienza più matura, in un adrenalinico tributo a Terminator – chi non l’ha pensato di fronte ai Dark Troopers? – che rende questa serie sempre più una fucina di sperimentazioni di genere.

Il capitolo 16 di The Mandalorian diventa, inoltre, l’insperato punto di arrivo di un lavoro di “revisionismo qualitativo” operante da tempo – almeno dal capitolo 12 – nei confronti della Nuova Trilogia marchiata Disney e in particolare di Episodio IX – L’ascesa di Skywalker: la serie di Favreau non solo mira a riempire imperdonabili voragini narrative lasciate aperte da J.J. Abrams e co., ma si pone come ponte attraverso cui espandere quanto ancora non detto, tramite una costellazione di prodotti annunciati e sempre più attesi che riempiranno la Galassia di Lucas. Se è vero che possiamo biasimare la Disney per aver realizzato due prodotti tanto diversi come la Nuova Trilogia e la run di The Mandalorian, dobbiamo anche considerare l’estrema capacità di correre ai ripari scegliendo i migliori professionisti su libro paga per far sì che ogni cosa torni al suo posto, forti dell’amore e del rispetto che gli autori qui coinvolti tributano inquadratura dopo inquadratura al lavoro di George Lucas.

E proprio di amore si tratta, quello che solo i veri fan conoscono, cioè quello di un bambino che uscito dal cinema ricrea le avventure con le proprie action figures, cercando di colmare i vuoti di un racconto che non conosce ancora del tutto, ma che sa essere dotato, da qualche parte, di una sua coerenza. Perché la forza di Star Wars, in ogni sua incarnazione, è di permettere sempre e comunque a chiunque di appropriarsi dell’immaginario che articola attraverso i suoi prodotti, trasformando ogni spettatore in un potenziale autore. Con The Mandalorian il sogno di quel bambino si è dimostrato realtà: con le giuste action figures e con una forte, ma coerente, fantasia, è possibile ridare vita a Luke Skywalker – qui di nuovo Mark Hamill, ringiovanito con la stessa tecnica vista all’opera in Rogue One: A Star Wars Story – e far sì che la sua presenza si colleghi a vicende che ancora non sapevamo avesse incontrato da vicino.

Il capitolo 16 di The Mandalorian chiude quindi un percorso tracciato con minuzia, in quell’immagine di Baby Yoda in braccio a uno Luke Skywalker mai così consapevole del suo ruolo di Maestro Jedi, e apre allo stesso tempo a scenari sempre più frastagliati: Mando è il legittimo candidato al trono di un pianeta cui non appartiene, ma di cui pedissequamente ha onorato il Codice; il sangue del Bambino è di proprietà di un Impero delegittimato, ma ancora strutturato e minaccioso; Moff Giddeon è ancora vivo e certamente intenzionato a portare a termine un piano di cui possiamo solo intravedere i contorni; Bo-Katan ha perso l’occasione di ottenere ciò che desidera, e si trova di fronte a uno Din Djarin sempre più in bilico tra l’ordine della Nuova Repubblica e il caos del mestiere di cacciatore di taglie. Ma su tutto, la scena dopo i titoli di coda – diversi dal solito e molto più estesi – annuncia un nuovo e meritato ruolo per Boba Fett nell’organizzazione gerarchica dei personaggi della Saga.

Easter eggs del capitolo 16
Un primo curioso easter egg dell’episodio è sentir definire Boba Fett come un clone: questo ci ricorda la sua particolare storia narrata nella Trilogia Prequel e non può che riportarci alla mente la sua apparizione in The Clone Wars.
Finalmente in questo episodio scopriamo alcuni interessanti dettagli del “funzionamento” della Dark Saber, che ci confermano quanto The Mandalorian sia consapevolmente debitore, nei suoi dettagli, tanto all’Universo Espanso quanto agli altri prodotti resi canonici da Disney; ora non resta che scoprire se Mando accetterà il retaggio che la spada comporta.
Dietro l’arrivo in scena di Luke Skywalker i riferimenti si sprecano: si parte con la sua spada verde (introdotta in Episodio VI – Il ritorno dello Jedi e rivista nella Nuova Trilogia) impugnata dalla sola mano destra guantata, per arrivare alla comparsa di R2D2 – in quanti attendevano l’incontro tra due dei personaggi più teneri della Galassia? – e all’immagine del Maestro Jedi che tiene in braccio Baby Yoda, riferimento puntuale ad Episodio V – L’Impero colpisce ancora; senza dimenticare, ovviamente, l’arrivo di Luke col suo X-Wing.
La scena dopo i titoli è di per sé un’easter egg unico, che apre al nuovo The Book of Boba Fett e ci racconta con le sole immagini il succedersi di titolari del trono di Jabba, ora legittimamente del mercenario in armatura verde.
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