
Lovecraft Country – Decostruire gli USA attraverso l’horror
Basterebbero i primi minuti di Lovecraft Country – La Terra dei Demoni per suggerire quanto le notevoli aspettative nutrite nei confronti della serie horror HBO prodotta da Jordan Peele e J.J. Abrams trovino un riscontro con la realtà dei fatti. I momenti iniziali della serie prodotta da HBO, infatti, sintetizzano l’orgia cacofonica di immagini e suoni che martellerà le vostre pupille nel corso dei dici episodi che compongono lo show: Atticus (Jonathan Majors) è un soldato afroamericano che combatte in mezzo alle trincee, oltrepassa cadaveri sparsi tutt’intorno ed evita abilmente proiettili che lo sfiorano e lo mancano per un pelo; mentre il ragazzo continua a marciare, la scena esplode di colori (venuti dallo spazio), un drago attraverso lo schermo, alieni fluorescenti librano nel cielo, Tripodi marziani sparano raggi laser e annientano ogni cosa e legionari romani combattono soldati di fanteria americana della prima guerra mondiale. Come se non bastasse, un gigantesco mostro tentacolare prova ad ingurgitare Atticus ma viene colpito a morte nientemeno che da Jackie Robinson, che inizia ad agitare la sua mazza e atterra la creatura lovecraftiana. Per fortuna, questa introduzione a effetto è semplicemente un sogno di Atticus che, in preda al terrore, si sveglia in fondo ad un autobus mentre tiene in mano una copia di Sotto le lune di Marte di Edgar Rice Burroughs.

Questa prima e brevissima sequenza mette tanta carne al fuoco e lascia presagire quanto Lovecraft Country possa essere una serie rabbiosa, orgogliosa, impetuosa e decisamente imperfetta. Eppure, è proprio in un contesto a tal punto magmatico e feroce che si agita un cuore selvaggio dalla forza sorprendente. Tratta dall’omonimo romanzo di Matt Ruff, Lovecraft Country racconta il ritorno di Atticus Turner dalla Guerra di Corea. Il ragazzo viene accolto da un’America razzista, mostruosa e segnata dalle leggi Jim Crow, in cui l’orizzonte reale è molto più terrificante di quello onirico: nel suo viaggio alla ricerca del padre Montrose (Michael Kenneth Williams), misteriosamente scomparso, infatti, Atticus si imbatte in pregiudizi, residui colonialisti, società segrete, suprematisti bianchi in grado di evocare incantesimi e in creature mostruose dotate di centinaia di occhi. Con lo sviluppo della narrazione, si fa sempre più chiaro quanto l’obiettivo segreto di Montrose fosse quello di indagare sulla sua vera discendenza. Questo percorso – reale e immaginario – condurrà i protagonisti della serie alla volta di Ardham – città fittizia al confine con il New Hampshire – nel cuore di quella porzione degli Stati Uniti in cui H.P. Lovecraft ha ambientato gran parte della sua mitologia e ribattezzata, proprio per questo motivo, Lovecraft Country.

Il paese di Lovecraft designa una nazione di mostri, spettri e paure inscritte nel patrimonio genetico degli States, in cui una parte della popolazione non si sente al sicuro nemmeno quando dovrebbe. A questo proposito, è persino sottinteso il fatto che la dimensione metaforica sia costantemente al centro del discorso della serie guidata da Misha Green, showrunner, sceneggiatrice e regista dell’ottavo episodio dello show HBO. Dotata di una complessità narrativa orizzontale e verticale che la distingue profondamente dal panorama seriale contemporaneo, Lovecraft Country conferma il suo statuto di enciclopedia dei generi: i dieci episodi che la compongono, infatti, variano dall’action all’horror soprannaturale, dal torture-porn all’avventura in stile Indiana Jones, dal dramma sentimentale al road-movie. Con estremo coraggio, quindi, lo show di Misha Green non porta in scena soltanto un viaggio nel territorio americano ma anche nell’ambito della storia dei generi che hanno fatto grande l’universo cinematografico e seriale statunitense. A questo proposito, il sesto episodio – legato al folklore coreano – si afferma come la più scriteriata scorribanda dello show, in grado di duellare in percentuale di follia con il settimo episodio, imprevedibile viaggio interstellare che fornisce l’occasione per dare vita ad un racconto verticale sul personaggio di Hippolyta Freeman (Aunjanue Ellis): la donna nera di una certa età, dotata di un corpo poco conforme agli standard, estremamente intelligente ma anche sottovalutata e spesso marginalizzata, si rende protagonista di un percorso intergalattico alla scoperta della sua vera identità.

In occasione del nono e penultimo episodio, anche Lovecraft Country – come aveva già fatto Watchmen circa un anno fa – ritorna a Tulsa, sede del massacro noto a tutte le persone nere degli Stati Uniti ma misconosciuto dai bianchi. L’episodio Rewind 1921 porta in scena una ferita familiare e universale ancora aperta, segna la brutale fine di un amore ed è sede di una serie di rivelazioni che sciolgono numerosi enigmi al centro dello show. Risulta davvero impossibile, poi, per chi abbia amato la trasposizione seriale di 22/11/’63 di J.J. Abrams, non cogliere una serie di nessi tra i due show – non tanto sul versante tematico del viaggio nel tempo e delle innumerevoli stringhe temporali, quanto relativamente alla spettralità dei traumi trascorsi e ai fantasmi che infestano ogni racconto familiare trasformandolo in una storia orrorifica.

Questa collaborazione tra Misha Green, Jordan Peele e J.J. Abrams ha dato vita ad una serie turbolenta e nauseabonda e, sulla scorta di molti altri progetti contemporanei – Scappa-Get Out e Noi vi dicono nulla? – ha smantellato il mito dell’eccezionalità americana ancorandosi agli stilemi e alle forme archetipiche dei generi. La storia americana viene riletta abbandonando il punto di vista di un maschio bianco eterosessuale ed abbracciando dinamiche dello sguardo tipiche della minoranza black. In questo modo, il concetto degli Stati Uniti come terra della libertà viene decostruito a favore del racconto su un Paese edificato su travi e pilastri marci. È in questo senso che Misha Green utilizza i toni pulp per rileggere l’America come il mostro e la sua storia come la fonte degli incubi di tutti i personaggi dello show, il cui obiettivo è quello di combattere avversità insormontabili, sconfiggere creature terrorizzanti, salvare la situazione, riformulare la storia e raggiungere la propria emancipazione, a costo di finire smembrati e fagocitati sotto la pressione di maledizioni millenarie. Come tutte le serie con personalità da vendere, anche Lovecraft Country perde spesso l’equilibrio e sposta di continuo il suo baricentro: nonostante tutto, risiede proprio in questo tutta la ricchezza di una narrazione incentrata sugli esseri umani, cuore pulsante di un racconto in grado di mostrare luci e ombre di una nazione – e di un’umanità – con troppi angoli ancora sconosciuti.
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