
Gli scrittori anni ’90, il Cinema e le Serie # 1 – Piccolo Schermo Gigantesco | Sondaggio
«piccolo schermo gigantesco» (Ottieri) è una rassegna di interviste, pubblicata su «Birdmen Magazine», a scrittori italiani contemporanei, a proposito della “mescolanza” di media, dell’influenza delle arti cinematografiche sulla narrativa, sulla poesia e sull’immaginario, della corrispondenza biunivoca dei mezzi. L’obiettivo è critico. Perciò, a ciclo concluso, verrà elaborato uno scritto saggistico. Per la generazione di scrittori nati negli anni ’90 abbiamo elaborato un sondaggio che potesse raccogliere una serie di dati e indicare delle tendenze. Il sondaggio è disponibile a questo link.
Illustrazione di Valentina Marcuzzo
Ipotesi critica
Questo sondaggio, rivolto agli scrittori nati negli anni ’90, riguarda il rapporto tra le arti cinematografiche, le serie e la scrittura letteraria, e si propone di verificare delle impressioni, che per comodità dispongo per punti:
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Sta concludendosi un cambio di paradigma nel rapporto tra cinema, serie e scrittura letteraria. Lo scrittore-contributore diviene (prevalentemente) scrittore-spettatore. Così, se il cinema italiano dal dopoguerra si è nutrito non solo di forti suggestioni letterarie ma di dirette “forze” letterarie, il cinema e la serie degli anni 2000 conquistano maggiore autonomia, potendo in modi complessi configurarsi anche come fonte della scrittura letteraria (come immaginario, linguaggio, sistemi estetici…).
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La serialità (non più televisiva) potrebbe rivelarsi l’immaginario di riferimento della scrittura letteraria contemporanea. Se, come è ovvio, la tradizione letteraria e i modelli cinematografici continueranno a informare l’intertesto, tra questi si inserisce con grande intensità la serie.
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Per entrambi i punti, le competenze del critico letterario dovrebbero modificarsi, nel caso del Cinema; estendersi, nel caso della serialità. Mi spiego:
a) l’attenzione al cinema come “opera d’arte totale” e quindi come luogo di sperimentazione anche letteraria, come luogo prediletto di azione sociale, come campo “pratico” (governabile solo governando diversi aspetti tecnici), viene meno; a favore di un cinema inteso più come complesso tematico, estetico, linguistico in grado di modellare la scrittura (è un ribaltamento).
b) lo sguardo critico dovrebbe in qualche modo confrontarsi con l’universo seriale, e studiare, se possibile, l’influenza dei moduli di serializzazione nella scrittura letteraria. Una domanda che ho già posto a scrittori affermati, nel ciclo “normale” di «piccolo schermo gigantesco» è se la serie giovi o nuoccia al romanzo.
Le ipotesi ovviamente non sono dimostrabili col sondaggio che segue, ma possono validarsi e complicarsi. L’obiettivo è anche annunciare la necessità di uno studio intersemiotico nella critica letteraria.
Criteri del sondaggio
Prima di mostrare i risultati e discuterli, vanno precisati i criteri di sottoscrizione del sondaggio e l’insieme finale di riferimento. Sono ritenute valide le risposte: 1) di scrittori nati negli anni ’90 (1990-1999, non mi sentivo, forse affettivamente, di considerare il decennio a partire dal 1991 e includendo il 2000), senza pretesa generazionale ma per necessità statistica; 2) di scrittori pubblicati (la pubblicazione può essere su rivista [registrata, cartacea], su Antologia, o autonoma [libro o ebook, rigorosamente non autopubblicato]). Le risposte che non rientrano nei due punti precedenti sono state cancellate dal form. L’insieme di riferimento della ricerca coincide con l’insieme degli autori che hanno risposto alle domande poste dal sondaggio. Di seguito, la lista completa:
Kabir Yusuf Abukar, Chiara Bernini, Alessandro Biddau, Simone Maria Bonin, Michele Bordoni, Simone Burratti, Riccardo Canaletti, Maria Canino, Rocco Civitarese, Giorgia Colucci, Davide Cortese, Jacopo Curi, Damiana De Gennaro, Federica Defendenti, Massimo Del Prete, Chiara Evangelista, Lorenzo Fava, Sofia Fiorini, Emanuele Franceschetti, Gianluca Furnari, Davide Galipò, Federica Gallotta, Daniela Gentile, Giorgio Ghiotti, Gaia Ginevra Giorgi, Gaia Giovagnoli, Nicolò Grasso, Naike Agata La Biunda, Arzachena Leporatti, Marco Malvestio, Demetrio Marra, Gerardo Masuccio, Jacopo Mecca, Antonio Merola, Francesco Mila, Dimitri Milleri, Stefano Modeo, Stella ‘Njoku, Giuseppe Nibali, Nicola Ongaro, Francesco Ottonello, Francesco Palumbo, Matteo Persico, Mariachiara Rafaiani, Eleonora Rimolo, Francesca Santucci, Carlo Selan, Arianna Vartolo, Daniele Uccellari, Riccardo Zippo.
Il contributo di Emanuela Rizzuto, inserito fuori tempo, verrà contato nella sezione dedicata alle risposte aperte a stimolo aperto.
Il sondaggio è rimasto pubblico sulla pagina Facebook del sottoscritto dal 24 marzo 2020. Raggiunte le 50 sottoscrizioni ho deciso di chiuderlo. Mi sono occupato personalmente di contattare quanti più autori possibili (non ho utilizzato la bacheca di «Birdmen Magazine» perché c’era il rischio di ricevere centinaia di risposte non utilizzabili). Ho attinto a piene mani a tre recenti antologie di poesia: Poeti nati negli anni ’80 e ’90 (Interno Poesia, 2019) a cura di Giulia Martini; Abitare la parola. Poeti nati negli anni ’90 (Ladolfi editore, 2019) a cura di Eleonora Rimolo e Giovanni Ibello; e Planetaria. 27 poeti dal mondo nati dopo il 1985 (Taut, 2020). Molto più complesso è stato trovare autori di prosa, che infatti, come mostrano i dati del sondaggio, risultano in minoranza rispetto agli autori di poesia. Uno dei motivi di questo squilibrio potrebbe essere la più alta “facilità” di accesso all’editoria di poesia per gli autori giovani (un’editoria comunque meno “forte”, come si sa). L’altra, più probabile, è che chi conduce il sondaggio polarizza l’insieme di riferimento. Avendo pubblicato un libro di poesia (perciò ho partecipato anche io al sondaggio) la mia rete è composta in maggior percentuale da autori di poesia, o prevalentemente di poesia. Ho tentato di modificare questa traiettoria pubblicando il sondaggio su diversi gruppi aperti (Officina Poesia Nuovi Argomenti, Carteggi Letterari, Book Advisor e Leggo Letteratura Contemporanea), chiesto a singoli e riviste di ricondividerlo (Medium Poesia), contattato riviste di racconti (Altrianimali) e messo in rassegna le pubblicazioni di altre (Colla). Spero che questo sia sufficiente a decretare la bontà dell’insieme di partenza.
Caratterizzazione dell’insieme
Età e diatopia
Preliminarmente, qualche statistica sull’anno di nascita e sulla diatopia. Come si intuisce bene dal grafico, la maggior parte degli scrittori consultati è nata prima del 1995. Precisamente, gli scrittori nati dal 1990 al 1994 (estremi inclusi) sono il 68% del totale.
Ho cercato anche di considerare l’aspetto diatopico, non intendendo assolutamente mappare la “provenienza”. Ho richiesto, per esattezza: Regione d’Italia in cui vivi [proviamo interesse per il contesto culturale in cui vivi o ti muovi. Se ritieni sia importante aggiungere altri luoghi, specifica]. In generale, mi sembra più rilevante il contesto culturale di maturazione. La maggior parte dell’insieme è collocabile nel centro-nord. Quattro persone, non indicate nel grafico, sono attualmente all’estero.
La regione più considerata è la Lombardia, con 14 preferenze (28%). Emilia-Romagna e Lazio le seconde con rispettivamente 8 (16%) e 7 (14%) preferenze. Può aver influito, anzi è probabile, il fatto che io mi sia formato a Pavia (Lombardia).
Pubblicazioni
Nella prima parte del sondaggio ho posto, come già sottolineato, delle domande che caratterizzassero l’insieme, in diversi modi. In primo luogo, mi preoccupava sapere chi avesse pubblicato solo in rivista o antologia; chi invece uno o più libri. Si tratta di un indice molto “grezzo” di “maturità” artistica, ma certamente utile per orientarsi. Indico dunque con “inediti” gli autori pubblicati solo su rivista o antologia; con “esordienti” gli autori con un solo libro pubblicato; con “editi” gli autori che hanno pubblicato più di un libro (> o = a 2). In questo conteggio non è considerata pubblicazione di critica o scientifica. Mi rendo conto che le etichette sono fraintendibili, ma faccia fede quanto detto.
La scrittura privata
Quanto l’aspetto pubblico, forse anche di più, mi ha interessato l’aspetto privato della scrittura. Perché a) per una generazione ancora in formazione l’aspetto pubblico è raramente specchio del privato, anche per mere questioni di tempo e di mezzi; b) l’interesse che ho riposto nel sondaggio nei confronti della scrittura privata vuole porre un legame tra la scrittura privata e la visione di un film, di una serie o di uno spettacolo e la conseguente elaborazione (o anche il sistema d’immaginario ed estetico che una prolungata esposizione a uno o più delle tre tipologie può provocare).
Ho cercato di includere il maggior numero di possibilità, di “forme” o “generi”: Poesia, testi per Slam Poetry, Prosa, Narrativa, Saggi, Articoli, Sceneggiature, Fumetti, Canzoni e Altro (chiedendo di specificare). L’intellegibilità dei grafici precedenti depone a favore, come anticipavo, della predominanza della scrittura in versi, sebbene la prosa sia comunque presente, nelle sue molteplici presentazioni. Fin da subito sono rimasto colpito della rarissima scrittura di sceneggiature, siano esse per cinema o serie, sia drammaturgie teatrali. Ben 37 scrittori su 50 (74%) dichiarano di scrivere “per niente” la tipologia. Un dato che vorrei sottolineare, perché contribuisce alla mia tesi, che ho illustrato brevemente in introduzione e che specificherò andando avanti: è in atto un cambio di paradigma nel rapporto tra cinema, serie, teatro e scrittura letteraria; in linea con la settorializzazione, gli scrittori di letteratura non scrivono cinema, serie e teatro, diversamente dal secondo Novecento, durante il quale in qualche modo si misurava una sinergia (escludendo le serie, ma includendo la televisione). Il cambio di paradigma: da contributore a spettatore.
Non è da sottovalutare il fatto che gli scrittori nati negli anni ’90 possano ritenersi ancora in “formazione”, e perciò sia più complesso determinare una predilezioni verso una forma o un’altra.
Sulla linea della specializzazione delle discipline, ho voluto verificare la possibilità di un’alta incidenza di studi umanistici negli scrittori contemporanei. 4 hanno concluso il percorso di Filologia Classica (triennale più magistrale). 12 il percorso di Filologia Moderna (triennale più magistrale). Sono 4 quelli in corso per la triennale di Lettere Moderne, 7 quelli in corso per la magistrale di Filologia Moderna. Si tratta di 27 su 50, cioè il 54%. Per quanto riguarda discipline dello spettacolo, sono 1 in corso, 2 conclusi. Sono 7 su 50 (14%) gli scrittori che non provengono da studi umanistici.
Il corpo del sondaggio
A questo punto, definito l’insieme di riferimento, giungo a una descrizione che permetta una caratterizzazione di secondo grado.
Fruizione e interessi
Interesse consapevole
Parliamo di interessi. Riporto graficamente le statistiche dedicate a Cinema e serie. Il Cinema “vince”, nel senso che 26 scrittori su 50 si dichiarano molto interessati. 15 abbastanza, 8 sufficientemente e solo 1 per niente. Per le Serie la questione si modifica, 11 molto interessati, 12 abbastanza, mentre un ampio margine è interessato “sufficientemente”, 22 soggetti su 50. 5 dichiarano di non provare alcun interesse. Mi rendo conto che la terminologia utilizzata per designare l’interesse non copre, o può non coprire tutte le sfumature. Ovviamente, è il problema endemico di ogni sondaggio. Mi permetto di non riportare graficamente i dati sul teatro, che però trovo significativi: 9 per niente; 14 sufficientemente; 15 abbastanza; 11 molto.
Credo che l’incidenza maggiore di interesse per il Cinema sia guidata dalla sua canonizzazione e “eticizzazione” (se l’etica è intesa come estetica), considerando anche che metà dell’insieme di riferimento proviene da una facoltà umanistica. Sarebbe insomma un’influenza indiretta dello studio. C’è da precisare però che alla domanda successiva (“Al tuo interesse segue uno studio?“, con voci Amatoriale; Accademico; Lavorativo e risposte No; In parte; Sì), la maggioranza ha risposto “sì” all’accademico solo 6 soggetti, in parte 20. L’amatorialità guida in testa con 24 preferenze positive.
Impiego del tempo
Cercando di quantificare (operazione non esente da rischi e approssimazioni) ho chiesto direttamente ai partecipanti a) il tempo passato a guardare film, serie, spettacoli teatrali e a studiare queste rispettive forme artistiche. b) il tempo passato a leggere, scrivere o studiare altro. Ho volutamente evitato la formula “tempo libero” per tre motivi: 1) è un costrutto che non implica necessariamente libertà, ma è spesso associato a una programmazione collaterale; 2) indica solo una parte del tempo, quando io preferirei includere il periodo di studio e di lavoro; 3) per i professionisti e gli amatoriali di ambito umanistico il tempo “libero” e il tempo “occupato” sembrano coincidere, col drammatico collasso delle due categorie in un tempo indistinto, in tensione tra liberazione e costrizione.
Mi sento di accorpare il range 4-5 per indicare un’importanza temporale “drastica” di un prodotto all’interno del tempo dell’individuo. Preciso che la richiesta di quantificazione avviene nella medesima interfaccia, significa che ho cercato di suggerire una comparazione tra i valori assegnati.
Guardo film: 3; 7; 20; 13; 7. Guardo serie: 12; 13; 11; 11; 3. Guardo spettacoli: 18; 17; 9; 5; 1. Studio (Cinema, Serie e Teatro): 19; 16; 3; 6; 6. Leggo: 0; 2; 4; 20; 25. Scrivo: 1; 5; 12; 16; 15. Studio altro: 1; 7; 13; 16; 13. La prima cosa che salta all’occhio è un generale equilibrio “progressivo” (o equa distribuzione) di risposte per quanto riguarda cinema e serie, per cui forse, qui è un dato controverso, non si possono individuare tendenze specifiche; mentre la lettura e la scrittura indicano qualcosa di incontrovertibile: l’uso del tempo è indirizzato in maggior parte nella lettura e nella scrittura.
Ebbene, questi dati vanno però incrociati con altri, che in qualche modo tengono conto dell’autonomia dell’opera artistica intesa come prodotto compiuto. Ho chiesto di quantificare in termini di unità il tempo. Se prima la domanda era Quanto tempo passi a; adesso è Quanti x…:
Sottolineo la non compatibilità matematica dei due grafici, ma logica (considerando il primo un tempo “ideale”, quasi a-temporale paradossalmente; il secondo un tempo definito, un periodo di una settimana).
Lasciando da parte la fruizione teatrale (sia per il grafico precedente sia per questo), inserita nel sondaggio per completezza ma incomparabile per la drastica differenza di fruizione che la caratterizza. Un film, accettiamo, dura in media 90′. Una serie 40′. Il libro è non quantificabile (anche se molti ci provarono, con saggi dedicati al tempo della lettura, come il Genette di Figure III). Basta guardare ai colori arancione, verde, viola e azzurro, che indicano l’impiego più significativo, direi non occasionale. Per i Film: 19 persone indicano il range da 3 a 5 (270′-450′); 7 da 5 a 8 (450′-720′); nessuno da 8 a 10; 1 più di 10 (>900′). Per le Serie: 8 persone indicano il range da 3 a 5 (150′-200′); 5 da 5 a 8 (200′-320′); 8 da 8 a 10 (320′-400′), 3 più di 10 (>400′). Ho espresso a questo modo i dati per dare un’altra faccia dei precedenti risultati. La mia domanda è di teoria dell’influenza: ha, in qualche modo, la fruizione episodica o a ciclo concluso possibilità di influenza maggiore? Domanda talmente complessa che non so rispondere e forse neanche formulare correttamente.
Gli strumenti della visione
Addentrarmi ancora così all’interno delle abitudini dei soggetti è senza dubbio faticoso, ma spero non senza frutto. Mi riferisco soprattutto alla funzione che questo articolo potrebbe avere come futura banca di dati, per riflessioni successive.
Per quanto riguarda la fruizione, ho chiesto addirittura di rispondere nel merito sul “perché” si preferisse la sala o meno, nella visione dei film. Non riporterò questo aspetto del sondaggio per questioni di spazio. Interessantissimi i risultati sulla “via” di fruizione. Considerando che la fruizione fisica riguardi il Cinema (l’80% va massimo tre volte al mese in sala), la maggior parte della visione si realizza attraverso dispositivi portatili (l’88% usa il computer o il laptop). La maggior parte, il 74% dell’insieme usa prevalentemente streaming legale, il 26% qualche volta. Il che induce a pensare a una sorta di fidelizzazione di mercato. L’82% dell’insieme usa Netflix, il 52% Prime Video, il 66% Youtube, il 60% Rai Play, il 26% Sky o Now Tv (le percentuali non riguardano un unico 100%, perché un individuo può utilizzare più piattaforme).
Considerazioni a margine della prima parte
Ho fatto diverse considerazioni in itinere, considerando la lunghezza e l’impegno dell’articolo. Questa prima parte riguarda soprattutto la sezione del sondaggio a risposta chiusa o multipla, che insomma potesse fornire dei “dati”. La seconda parte comprende più domande aperte, per cui risulterà partecipativo in misura maggiore. Comprendendo considerazioni di poetica implicita e esplicita. Non si esclude la possibilità di una terza parte. Ricordo ancora che chiunque volesse, per motivi di studio esclusivamente, attingere alle risposte del sondaggio, può scrivere al sottoscritto, via qualsiasi social o tramite mail, o scrivere alla pagina di «Birdmen Magazine», o per mail (redazione@birdmenmagazine.com). Per la cessione dei risultati, dovrò inviare a ogni autore partecipante una richiesta scritta.
In linea generale i dati depongono per un peso significativo del Cinema e delle Serie (e anche del Teatro) nella cultura degli scrittori nati negli anni ’90. Rarissima è la condizione di sordità alle suggestioni mediali (un solo caso). Maggiore è l’importanza, secondo il campione, del Cinema; anche se le Serie sembrano riscuotere progressivo successo. In generale, secondo me non è possibile negare che ci sarà (se non c’è già stata) una modificazione della scrittura sulla base delle nuove e continue istanze del Cinema e della Serie (ma mi sembra una banalità). Il cambio di paradigma si riferisce sostanzialmente a questo: non più il Cinema è scritto da Scrittori di letteratura (anche perché, come da sondaggio, non sembra che gli scrittori scrivano più, neanche a livello privato, cinema o teatro); ma è la letteratura o pretesa tale che viene “scritta” dal Cinema e dalle Serie, cioè influisce (meglio) nella scrittura.
Le rilevazioni più “impressionanti” riguardano l’utilizzo di device o piattaforme di streaming legale. A titolo esemplificativo: se l’82% fa uso di Netflix, come può un critico non addottrinarsi anche nelle discipline dello spettacolo? Ovviamente, è una riduzione, perché la critica nella sua professione al metadiscorso deve in qualche modo sapersi orientare in ogni discorso, e approfondire eventualmente quegli argomenti sulla base degli studi mirati. Io però ritengo, in fondo, che questa attività a posteriori, cioè direzionata dall’argomento, non possa funzionare più se parliamo di Cinema e Serie, ma debba porsi aprioristicamente, cioè dovrebbe entrare nel bagaglio di strumenti, metodi e conoscenze del critico. Forse è una banalità, ma mi sembra sia importante sottolinearlo.
Non si dimentichi che la “certezza” di potersi orientare in un preciso catalogo rappresenta una novità in parte negli studi letterari e artistici. Forse una novità parziale, visto che i cataloghi, se pur non in questi termini, sono sempre esistiti. Che si possa elaborare una filologia delle piattaforme di streaming, per la ricerca delle fonti, è probabilmente un’assurdità, ma sono nella fase di brainstorming conclusiva. Rimando agli articoli successivi per altre considerazioni, anche da punti di vista molto differente.
Leggi anche: Il futuro di Cinema e Serie – Dalla quarantena alla ripartenza.
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