
Le serie, la lettura e l’acquisto di libri – Piccolo Schermo Gigantesco
Illustrazione di Valentina Marcuzzo
«piccolo schermo gigantesco» (Ottieri) è una rassegna di interviste, pubblicata su «Birdmen Magazine», a scrittori italiani contemporanei, a proposito della “mescolanza” di media, dell’influenza delle arti cinematografiche sulla narrativa, sulla poesia e sull’immaginario, della corrispondenza biunivoca dei mezzi. L’obiettivo è critico. Perciò, a ciclo concluso, verrà elaborato uno scritto saggistico. Questo articolo si propone una sintesi e un rilancio dei dossier di AIE (Associazione Italiana Editori) a proposito della serialità televisiva, della lettura e dell’acquisto di libri. In coda all’articolo la lista completa delle iniziative. Il seguente articolo è una riformulazione e non sostituisce in alcun modo la lettura diretta del documento originale (qui).
«In questo momento non ci sono evidenze che la serialità televisiva tolga spazio alla
lettura».
Così in una delle pagine conclusive dell’analisi di mercato/ sondaggio che ha condotto l’AIE (Associazione Italiana Editori, che raccoglie soprattutto i “grandi” editori. Piccoli e medi spesso sono sotto l’ADEI) e presentato il 10 maggio 2019 in occasione del Salone del Libro di Torino. L’obiettivo, in generale, era di comprendere approfonditamente l’interdipendenza del mercato librario e seriale televisivo, nondimeno il legame tra lettura e visione di prodotti seriali. I risultati sembrano positivi, e pure la rivista «Il libraio», in una riformulazione del sondaggio dell’AIE si dimostra concorde (probabilmente riportando le parole del conferenziere durante la presentazione):
«Assistiamo per ora a una fase di integrazione piuttosto che di cannibalizzazione di queste due forme di narrazione».
Effettivamente, leggendo il documento dell’AIE (approfondendolo anche con un altro documento, più generico sulla lettura), l’impressione è la medesima per chiunque. Non solo il mercato del libro non sembra soffrire l’impatto delle serie, della fruizione in piattaforme streaming legali o illegali, ma addirittura ne gioverebbe:
Analizzando l’impatto delle singole stagioni di serie tratte da o ispirate a libri sulla vendita del prodotto editoriale, i risultati sono positivissimi. Riportiamo le slide riguardanti L’amica geniale di Elena Ferrante e Il nome della rosa di Umberto Eco (gli altri libri analizzati sono: Gomorra di Roberto Saviano, Il Trono di Spade di George R. Martin, La Svastica sul Sole di Philip K. Dick, Suburra di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo, Tredici di Jay Asher, Montalbano di Andrea Camilleri).
Impressionante l’impatto della serie Rai, tra l’altro non apprezzata da tutti (di certo non un successo. Qui la nostra recensione) sulla vendita del Nome della rosa, impatto che supera l’evento della morte dell’autore, solitamente uno spartiacque decisivo.
I dati ovviamente variano, e anche di molto, da prodotto a prodotto. Per Montalbano, la curva non subisce grosse modifiche, ed è chiaro: Camilleri raggiunge indipendentemente il mercato dei lettori, ormai. O almeno: lo raggiunge attraverso una serializzazione stessa del libro, quindi soddisfacendo (ma è un mio parere) il mercato, in modo concorrenziale. Libri invece come Tredici si presentano sul mercato esclusivamente dopo l’uscita della serie.
In tutto il dossier, con dati particolarmente interessanti, per i quali rimando al documento stesso, è dimostrato che tra chi guarda le serie, la percentuale di lettori è sensibilmente più alta: «Solo il 32% delle persone che seguono serie televisive si dichiara non lettore di libri (2018); la media nazionale è del 43%». Vorrei però moderare l’ottimismo generalizzato, che è comprensibile da un punto di vista imprenditoriale per i più grossi gruppi editoriali. Sempre nelle conclusioni, si legge: «La qualità della lettura (misurata in termini di libri letti) è maggiore tra coloro che seguono le serie tv rispetto a chi non le segue e alla media della popolazione, soprattutto tra i deboli lettori: Il 34% di coloro che seguono serie tv legge 1-3 libri rispetto al 25% della media; il 17% 4-6 libri rispetto al 15%. […] Solo nelle fasce di lettura più alte assistiamo a una situazione leggermente capovolta: l’8% di chi segue serie tv legge da 7 a 11 libri rispetto al 10% della media nazionale; il 6% più di 12 libri rispetto al 10%». A parte una piccola critica sull’utilizzo del termine “qualità” (qui ci starebbe di più “quantità”, perché un discorso sulla qualità presupporrebbe un incrocio di fattori, quali per esempio la “qualità” o il “valore” letterario del libro [ma può essere misurato?] e le intenzioni e l’attenzione del lettore nei confronti del libro), mi chiedo: 1) quanto incida direttamente la vendita dei libri tratti dalle serie su questa statistica, io credo molto (lettori che leggono solo il libro tratto dalla serie, per una forma di dipendenza dall’immaginario, di volontà di prosecuzione della narrazione ); 2) quanto sia “entusiasmante” il dato positivo sul lettore debole, per compensare al negativo sul lettore forte.
Tra l’altro, questione da non sottovalutare, quanti libri possono vantare una possibilità di trasposizione cinematografica?
Mi sembra che quest’ottimismo segua fedelmente la politica squisitamente imprenditoriale rilevata da Gian Carlo Ferretti, a partire dagli anni ’80, per cui la grande editoria sceglie deliberatamente di attingere a un pubblico “occasionale”, più vasto del pubblico di “fiducia”. Per Ferretti, e concordo abbastanza, questa politica ha portato a un modesto livellamento della scrittura, non certo da parte di chi scrive, ma da parte di chi decide cosa dovrebbe essere pubblicato e commercializzato su larga scala (Storia dell’editoria letteraria in Italia, Einaudi, p. 307).
Lo stesso documento cerca delle provvisorie spiegazioni: «1) La concorrenza si sposta sul tempo disponibile nelle fasce dei forti lettori; 2) Le serie tv si posizionano su una narrazione più mainstream e più pop che può coinvolgere meno il forte lettore rispetto al lettore occasionale».
Non è mio obiettivo, in nessun modo, polarizzare il sondaggio. Avanzo solo delle perplessità ragionate. Ciò che non emerge (programmaticamente!) dal documento dell’AIE – non può emergere, forse perché per loro non interessante – è una prospettiva di incisione della serialità nella lettura nei prossimi anni. L’errore concettuale (un probabile volontario concentrarsi su altri aspetti) sta nella volontà descrittiva del dossier, che registrando una realtà incipitaria può solo dare le coordinate di un provvisorio stato di coesistenza iper-attiva tra la forma della visione e dell’intrattenimento seriale e della lettura.
Le mie domande, per le quali andrebbero fatti numerosi altri studi, sono: 1) in che modo inciderà la serialità, destinata forse a diventare componente di costume e di cultura con intensità ancora maggiore, nella lettura e dunque nel mercato? Ovvero: “saturerà” o meno la disponibilità alla narrazione del lettore?; 2) Il successo della serialità, spingerà l’editoria a cercare una modificazione del prodotto librario sul modello della serie (livellamento linguistico, serializzazione di ritorno [romanzi d’appendice, e.g.])? 3) Quale sarà il destino dei “lettori forti”, categoria di lettore molto presente in Italia rispetto ad altre realtà nazionali?; 4) come la serialità modificherà la scrittura letteraria, a priori (cioè indipendentemente dalla pressione editoriale)? 5) Qual è l’opinione della piccola e media editoria?
Per comprendere a pieno i dati e per costruirsi un’opinione, suggerisco la lettura attenta del documento.
Qualora l’AIE ritenesse la proposte di due slide del documento una violazione del copyright, «Birdmen Magazine» rimuoverebbe immediatamente le immagini.
Per la sezione sul nostro sito, clicca qui. Di seguito l’elenco degli articoli:
Interviste agli scrittori:
- Intervista a Filippo Tuena
- Intervista a Valerio Magrelli
- Intervista a Fabrizio Ottaviani
- Intervista a Tommaso Matano
- Intervista a Flavio Santi
- Intervista a Gilda Policastro
Interviste ai registi:
SpinOff:
Sondaggi:
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