
Che cos’è il Multiverso? – Tutti i segreti di un paradigma produttivo
«Il multiverso è un concetto di cui sappiamo spaventosamente poco!»
Doctor Strange in Spider-Man: No Way Home
Per i commentatori, è l’ultimo asso nella manica di franchise ormai stanchi; per gli appassionati, è una sfida enigmistica a chi è più nerd; per le produzioni, è la risposta alla domanda fondamentale sulla Vita, l’Universo e tutto quanto. Ma in definitiva, che cos’è il Multiverso? Quando nasce e come funziona? E soprattutto, è sempre una mossa legittima per un franchise farvi affidamento? In questo articolo cerchiamo di fare un po’ di ordine con date, prodotti, universi, storie e linguaggi di quello che sta sempre di più diventato il fenomeno produttivo del decennio a venire.

Cercando per un momento di tenere da parte le complesse nozioni di Fisica teorica che vedrebbero l’ipotesi di una serie infinita di universi paralleli dipanarsi in una sorta di macro-realtà in cui a far la differenza sono, appunto, le differenze significative che ne distinguono una rispetto ad un’altra (del tipo che per i fisici potrebbe esistere da qualche parte un Universo in cui non sto scrivendo queste righe, uno in cui a farlo è una mia versione evolutasi dagli uccelli e uno in cui sto battendo sui tasti di una tastiera fatta di zucchero, per citarne tre), cerchiamo di concentrarci sui risvolti squisitamente narrativi che queste teorie ci regalano. Cos’è, innanzitutto, un Multiverso? Per prima cosa, è un modo interessante per raccontare pressoché la stessa storia senza cancellare, di volta in volta, la validità del racconto precedente.

Questa eccezionale caratteristica del “modo Multiverso” di raccontare storie si dimostra comodissima quando i racconti diventano allo stesso tempo più popolari (raggiungono più fruitori) e meno autoriali (sono realizzati da più persone), quindi più facilmente soggetti a contraddizioni o comunque alla possibilità che queste vengano “scoperte”. Infatti troviamo il primo esplicito utilizzo di una forma multiversale nei fumetti della Golden Age targati DC Comics. Sono gli anni ’50 – e poi venitemi a dire che il Multiverso è “nuovo” – e Wonder Woman viene messa di fronte a una Terra parallela alla propria. Da lì, la DC ha più volte sfruttato le “Terre parallele” per giustificare versioni decisamente alternative dei propri personaggi, complice il fatto che l’approccio al racconto nella casa di Superman e Batman è sempre stato meno affezionato alla necessità di una continuity coesa e coerente. Tutto poi è esploso negli anni ’80 con Crisis on Infinite Earths, ma questa è un’altra storia.

Ma è solo la Marvel Comics dagli anni ’70 (ancora, non esattamente l’altro ieri) a fare del Multiverso uno stratagemma narrativo funzionale a riempire buchi di trama, sbadataggini autoriali e necessità editoriali varie ed eventuali. Negli ultimi 50 anni, infatti, la Marvel ha giustificato praticamente ogni singola contraddizione con l’espansione del proprio universo narrativo in tanti altri universi paralleli, che si giustificano proprio a partire da quella contraddizione. Dal 1977 lo stratagemma multiversale porta alla testata What if…? – quasi 45 anni prima rispetto all’omonima serie animata – che fa degli universi alternativi il pretesto per sperimentare racconti e per coinvolgere sempre di più i lettori attraverso le pieghe di una continuity che si fa di anno in anno più complessa.

Il Multiverso costruito per giustificare incongruenze o per raccontare storie simili ma diverse si affianca poi a una tipologia di Multiverso molto cara al genere fantascientifico: se infatti abbiamo fin’ora parlato di universi paralleli, che non si toccano, va considerato anche il caso di quegli universi alternativi che si biforcano a partire da cambiamenti nella linea temporale; futuri alternativi, loop e paradossi temporali diventano quindi moltiplicazioni tangenti di uno stesso racconto, andando a configurare particolari tipologie di universi narrativi alternativi che hanno in comune tutto quello che viene prima di un evento, la singolarità da cui si dipana la linea narrativa differente. Da Terminator a Ritorno al Futuro, passando per buona parte delle storyline degli X-Men e a prodotti contemporanei come Avengers: Endgame e Loki, il Multiverso diventa una creatura frattale, frutto delle ramificazioni di una linea temporale variabile e malleabile.

Ma cos’è il Multiverso quando si esce dalla “semplice” dimensione diegetica, ovvero quando si vanno a interrogare i modi di produzione e entrano in gioco interessi industriali e proprietà intellettuali? Come interpretiamo la convergenza dei vari ed eventuali personaggi DC in The Flash – Flashpoint o i tre Uomini Ragno in Spider-Man: No Way Home? Come convivono le diverse realtà mediali degli stessi universi narrativi quando i margini tra i media non sono più così solidi? Possiamo ipotizzare per ogni contenitore di proprietà intellettuale una sorta di Macro-Multiverso in grado di contenere gli ormai inevitabili proliferanti Multiversi generati dalle incarnazioni mediali che le narrazioni vanno ad avere. La Marvel quindi presenterà uno (o più, ma questo è un dibattito aperto) Multiverso fumettistico, un Multiverso audiovisivo, ecc. con le loro regole individuali e tutti questi saranno ricompresi sotto il cappello di un più grande Macro-Multiverso, in grado potenzialmente di rendere reciprocamente accessibili tutti i racconti che vi si dischiudono e dipanano all’interno.

Che sia programmatico, improvvisato o reatroattivo, il Multiverso appare quindi un paradigma comodo per giustificare narrazioni complesse e per rendere sempre stabile l’illusione di una tenuta narrativa anche quando la coerenza non è più la colonna cardine della testualità. Che cos’è quindi il Multiverso se non una chiave di lettura dell’intertestualità portata al suo estremo, come in eccezionali fumetti quali La Lega degli Straordinari Gentlemen di Alan Moore (che arriva a comprendere al suo interno potenzialmente ogni narrazione mai pubblicata)? Il Multiverso è la spiegazione definitiva, il dispositivo retorico e strutturale per rendere conto di ogni occorrenza narrativa possibile, antico quanto il racconto (non funziona forse così la mitologia?) e paradigmaticamente necessario quando le dimensioni di una narrazione eccedono il controllo di qualsiasi produzione.

Al netto di tutto ciò, è indubbio che il dispositivo multiversale negli ultimi anni si stia rivelando una facile strada di espansione dei margini del racconto per diversi franchise. Per Marvel e DC era inevitabile, ma al loro fianco anche marchi seriali più restii a questo stratagemma si stanno aprendo alla possibilità, come si intuisce dall’ultima stagione di Doctor Who. Conoscere le ragioni e la storia del “modello Multiverso” aiuta quindi a prepararsi ad un’inevitabile espansione di questo paradigma, in un ecosistema mediale intriso di postmoderno e nostalgia, che trova carburante nel raccontare storie allo stesso tempo pressoché simili e differenti, cercando nella partecipazione delle audience quella scintilla in più che solo l’espansione dei margini dei media può concedere.
Dal 2015 Birdmen Magazine raccoglie le voci di cento giovani da tutta Italia: una rivista indipendente no profit – testata giornalistica registrata – votata al cinema, alle serie e al teatro (e a tutte le declinazioni dell’audiovisivo). Oltre alle edizioni cartacee annuali, cura progetti e collaborazioni con festival e istituzioni. Birdmen Magazine ha una redazione diffusa: le sedi principali sono a Pavia e Bologna
Aiutaci a sostenere il progetto e ottieni i contenuti Birdmen Premium. Associati a Birdmen Magazine – APS, l‘associazione della rivista