
‘Priscilla’ di Sofia Coppola – L’altra faccia di Graceland | Venezia 80
Ad appena un anno di distanza dall’uscita nelle sale dell’Elvis di Baz Luhrmann, arriva in concorso, all’80ª Mostra del Cinema di Venezia, il suo necessario controcanto: partendo dalla biografia Elvis & Me, Priscilla di Sofia Coppola porta sullo schermo la storia reale dietro alla favola di Priscilla Presley. Si potrebbe scrivere che Priscilla, nel culmine degli anni sessanta, fosse una delle figure più conosciute nel mondo del rock and roll, invidiata per essere riuscita a conquistare Elvis Presley, ma forse la parola “conosciuta” non sarebbe la più corretta.
Al fianco del carismatico cantante, Priscilla appariva come una bambola di porcellana, privata di una propria identità e costretta a indossare le vesti scelte da chi le ruotava attorno. Sofia Coppola sceglie di spingere Elvis ai confini della narrativa, approfittando dell’interpretazione di Jacob Elordi (Nate in Euphoria), più misurato e meno sfarzoso rispetto al quasi vincitore del premio Oscar Austin Butler, per concentrarsi sui desideri silenziosi e indomiti della sua protagonista.

Da sempre interessata alle specificità della femminilità, soprattutto in età adolescenziale, Sofia Coppola trova in Priscilla una sintesi perfetta dei personaggi che hanno costellato la sua carriera di regista e sceneggiatrice, come le sorelle Lisbon in Il giardino delle vergini suicide (1999) e Cleo in Somewhere (2010).
Come in Marie Antoniette, il percorso narrativo non è quello del biopic tradizionale, ragionando più per emozioni che per la costruzione di una persona pubblica. Attraverso una piccola fessura nel mondo fatato di Graceland, la dimora di Elvis nel Tennessee, si riesce a guardare oltre all’esteriorità patinata per trovare il mondo interiore di Priscilla in un tumulto incontrollabile di sensazioni, spesso incomprensibili e contrastanti, che fanno parte della cresciuta di ciascuno.

Priscilla tratteggia dieci anni della sua vita, partendo dai 14 anni, quando incontra Elvis in una base dell’Air Force americana in Germania, fino ai 24, quando sceglierà il divorzio, di fronte all’onirica claustrofobia di quel mondo.
Attraverso la performance quieta e al contempo feroce di Cailee Spaeny (un possibile Premio Marcello Mastroianni come miglior attrice emergente), Priscilla può recuperare l’agency della quale è stata a lungo privata, mostrando una sfera personale, lontana dalle immagini costruite dai tabloid. L’immagine della coppia viene decostruita, frammentata dagli avvertimenti della famiglia di Priscilla (nello specifico emerge la figura della madre Anne, interpretata da Dagmara Dominczyk), che spesso sottolineano la grande differenza d’età tra i due e anche il loro sbilancio in termini di potere.
L’ingenuità che potrebbe essere percepita in Priscilla con occhi moderni non vuole essere tuttavia un ammonimento verso l’allora ragazza: Sofia Coppola fornisce con questo film alla Priscilla Presley del passato, quanto a quella del presente, la voce che non ha mai davvero posseduto, per far ascoltare la storia, nei suoi termini.
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