
ANTEPRIMA | Mercoledì – Tim Burton tinge Netflix d’inchiostro nero
Tim Burton lo aveva anticipato durante il Lucca Comics&Games 2022: il punto di partenza per l’immaginario che circonda la Mercoledì marchiata Netflix è la serie a fumetti degli anni ’30 firmata da Charles Addams che ritrae una famiglia dalle tinte profondamente gotiche anche dal punto di vista espressivo, realizzata in un denso bianco e nero che è rima plastica degli estremi grotteschi che ne caratterizzano l’identità. In quasi un secolo di vita transmediale possiamo dire che ogni generazione ha la propria Famiglia Addams, ma il punto di partenza – ripreso anche nei recenti film di animazione MGM – resta il grottesco lavoro cartoonesco del papà omonimo di quel perfettamente malassortito nucleo familiare in grado di rendere la violenza tenerezza, il disgustoso adorabile, attraverso una dinamica che perfettamente si sposa con lo stile delicatamente gotico del cinema di (e spesso attraverso) Tim Burton.

Così il regista, esule dalle sponde di Disney, approda ai lidi di Netflix con la “sua” Mercoledì Addams, cucita addosso al volto magistralmente microespressivo di Jenna Ortega – ormai giovane volto identitario dell’horror contemporaneo – producendo una serie di cui dirige i primi quattro episodi (su otto; basta a definirla sua?) e donando al prodotto alcune delle punte di diamante del suo far cinema: Colleen Atwood ai costumi e Danny Elfman alle musiche, entrambi col complicatissimo compito di reinterpretare una dimensione estetica saldamente radicata nell’immaginario collettivo. Coi costumi Atwood vince facile: il salto temporale che trasporta Mercoledì dall’infanzia all’adolescenza permette di reinventare per lei un guardaroba dallo spirito orgogliosamente gotico, vario eppure mai discostato dall’identità di un personaggio che lo stesso Burton definisce «in bianco e nero», creando contrasti e assonanze felicemente in linea con l’andamento narrativo.

Il compito di Elfman è più complicato: la dimensione musicale della serie è sicuramente in risonanza con le atmosfere del contesto estetico e narrativo, ma allo stesso tempo il compositore decide con forza di non replicare l’inconfondibile tema che ha caratterizzato tutti i prodotti audiovisivi dedicati alla Famiglia Addams fin dalla storica serie televisiva del 1964; questa mossa lascia al tessuto sonoro un’estrema libertà: da un lato elementi come il doppio schiocco di dita diventano gustosi easter-egg per i fan del franchise, dall’altro permette di restituire valore alle musiche ormai ritenute di contorno, come la sigla di apertura (bellissima e da non skippare) e soprattutto quella di chiusura, la cui battuta finale riporta a casa tutti gli spettatori e ricongiunge la serie al suo contesto mitologico di riferimento.
Di per sé la serie si allinea con il modello che Netflix applica a tropi narrativi simili: finita Sabrina e cancellata Fate: The Winx Saga, la Mercoledì di Tim Burton va a riempire un rumoroso vuoto di target che evidentemente fatica ad affezionarsi all’ecosistema della piattaforma, costringendo a tentativi via via più elaborati e ibridati sullo stesso schema di fondo. Teen drama dalla forte componente di detection e dalle atmosfere superficialmente gotiche (tanti gli esempi che si adattano a questa descrizione) la serie sicuramente non punta sull’originalità o sulla solidità narrativa, dimostrandosi piuttosto un canovaccio adibito a telaio per un’estetica fortemente connotata (burtoniana, ovviamente, che si mantiene tale anche quando Burton lascia la guida ai quattro registi della seconda metà) e per un lavoro sul personaggio che chiede a gran voce di farsi manifesto ideologico e generazionale.

La prova estetica è vinta a mani basse: l’apporto di Tim Burton e del suo intorno si afferma decisamente superiore alla media delle produzioni Netflix e restituisce a Mercoledì una tavolozza di possibili espressivi che si riverberano prima di tutto attraverso la scelta impeccabile del cast. La prova discorsiva sul personaggio, invece, riesce solo a patto di poter mettere da parte la pretestuosità di diversi elementi di contesto: Mercoledì si trova ad essere outcast in una scuola pensata esclusivamente per outcast – forse immagine del sistema scolastico pubblico – i quali però appaiono come adolescenti più che regolari, tanto da confondere sul piano narrativo i ruoli di chi è ghettizzato e chi no, di chi ha poteri (vampiri, gorgoni, lupi mannari, sirene, ecc.) e di chi semplicemente non li ha ancora manifestati. Eppure la trama orizzontale della detection ne esce sorprendentemente illesa, dimostrandosi piacevole e, seppur non sorprendente, appassionante; inoltre Mercoledì stessa – complice l’eccezionale apporto attoriale di una Jenna Ortega ben superiore al canone Netflix – si afferma come figura identitaria forte, inossidabile, che non scende a compromessi e che anzi si fa conflitto incarnato, perfettamente in linea con le sue precedenti rappresentazioni transmendiali.

Nonostante l’ambiziosa configurazione, Mercoledì non inventa nulla né all’interno del sistema seriale in cui è inserita, né tantomeno all’interno del franchise dedicato alla Famiglia Addams – unica eccezione forse il personaggio di Mano, a detta di Tim Burton «il Dustin Hoffman delle mani» – eppure resta un prodotto convincente, genuinamente appassionante e votato al sincero intrattenimento, capace di prendere degnamente il posto di The Chilling Adventures of Sabrina e aprire la strada a una collaborazione più stretta tra Netflix e Burton. Certo, l’apporto del regista su questo prodotto è nell’effettivo più strumentale che autoriale (per una seconda stagione difficilmente tornerebbe alla regia di ben quattro episodi), eppure non è da escludere che, se Mercoledì dovesse riuscire a convincere il suo target di riferimento, il sodalizio tra Burton e Netflix non diventi più sostanziale e produttivo, almeno fino alla rinascita del prossimo, nostalgico, franchise.
Dal 2015 Birdmen Magazine raccoglie le voci di cento giovani da tutta Italia: una rivista indipendente no profit – testata giornalistica registrata – votata al cinema, alle serie e al teatro (e a tutte le declinazioni dell’audiovisivo). Oltre alle edizioni cartacee annuali, cura progetti e collaborazioni con festival e istituzioni. Birdmen Magazine ha una redazione diffusa: le sedi principali sono a Pavia e Bologna
Aiutaci a sostenere il progetto e ottieni i contenuti Birdmen Premium. Associati a Birdmen Magazine – APS, l‘associazione della rivista
Non se ne può più di questo continuo rimasticare idee già sfruttate per mancanza di idee nuove. Ed è un vero dispiacere accorgersi che si è ridotto a scopiazzare roba già fatta perfino uno come Tim Burton, che una volta era di un’originalità e di una creatività senza pari.