
Campbell on Kubrick – 2001: Odissea nello Spazio tra simbolo e mito
Nel Novecento, pochi “accademici” hanno avuto sul cinema l’influenza del mitografo Joseph Campbell – influenza paragonabile a quella di Freud e di Jung, se si pensa che il suo saggio L’eroe dai mille volti è stato letteralmente saccheggiato dal cinema hollywoodiano per trasporre le sue teorie sul mito in una serie di manuali di sceneggiatura, uno su tutti Il viaggio dell’eroe di Chris Vogler. Nato nel 1904 e morto nel 1987, vicino a Jung e alla sua visione degli archetipi, Campbell è andato alla ricerca dei motivi comuni che possono legare le mitologie di tutti i popoli della terra. Ne L’eroe dai mille volti del 1949 rintracciava una serie di passaggi e di snodi narrativi che caratterizzavano in maniera vistosa il percorso esistenziale dei singoli eroi di culture molto diverse e lontane tra loro – l’iniziale rifiuto della chiamata, il “varco della soglia”, la donna come tentatrice, la fuga magica…

Nel cinema, il primo a scoprire le potenzialità narrative delle teorie di Campbell fu George Lucas, che seguì fedelmente il tracciato de L’eroe dai mille volti per Star Wars. Nell’epopea fantascientifica di Lucas, e sia a livello di personaggi che a livello di trama, si ritrovano praticamente tutti gli archetipi individuati da Campbell – una tendenza presto ripresa da gran parte del cinema americano, cinecomics in testa, che in Campbell hanno trovato una sorta di inconsapevole ispiratore.
Se è indubbia l’eredità che gli studi di Campbell hanno lasciato al cinema, può essere altrettanto interessante scoprire se e cosa Campbell abbia affermato sul cinema, o su singoli film. E su questo punto ci riserva una sorpresa non da poco Questo sei tu, una serie di conferenze di Campbell raccolte dalla Joseph Campbell Foundation e recentemente portata in Italia da Lindau.

In appendice a Questo sei tu, è tramandata un’interessante intervista che Campbell concesse al New York Times Magazine nel 1979, per il numero pasquale della rivista. Nel corso dell’intervista, intitolata Il sorgere della Terra – L’alba di una nuova consapevolezza spirituale, Campbell e il suo intervistatore partivano da una definizione generale di mito per poi rimarcare che “la struttura mitologica che un tempo sorreggeva un’interpretazione biblica dell’universo vengono messe fortemente in discussione dall’esplorazione dello spazio”.
Era ancora fresco il ricordo del 20 luglio 1969, la data in cui Neil Armstrong aveva messo piede sulla Luna, e un fine mitografo come Campbell, pur affermando trionfalmente che “non ci sono orizzonti: questo è il significato dell’era spaziale“, riconosce che è in atto nella società degli anni settanta una rinascita dell'”ortodossia in grande stile”. Arroccarsi “in qualche presunta vera Chiesa, o nel black power, o nei sindacati, oppure nella classe capitalista” sono secondo Campbell una serie di modalità strutturalmente equivalenti con cui gli uomini cercano di rifiutare e di esorcizzare l’invito all’allargamento dei confini che la conquista dello spazio implicitamente portava con sé.

Dopo aver discusso del significato della Pasqua cristiana ed ebraica, e anche del dogma dell’Assunzione di Maria, l’intervistatore inizia a spostare il discorso sul cinema. Dapprima Campbell commenta i film apocalittici in chiave generica, che vengono ricondotti dal mitografo a un rifiuto inconscio della nuova era – “ci odiamo così tanto che proviamo piacere nella distruzione degli altri” -, poi il discorso si sposta sulla versione fantascientifica dell’archetipo messianico, su quei film che mostrano la Terra essere salvata dagli extraterrestri. Campbell anche su questo è tranchant: simili narrazioni, al pari del fenomeno degli avvistamenti UFO già discusso da Jung, testimoniano una sorta di infantilismo inconscio, un bisogno di Delega trasposto su un piano cosmico.
“Le persone cercano le tracce di visitatori provenienti dallo spazio”, conferma Campbell, “Credono che la nostra salvezza viene da lì, mentre l’era spaziale ci ricorda che deve sorgere dentro di noi. Le missioni spaziali ci riportano al nostro spazio interiore”. Conseguentemente, Campbell “boccia” Incontri ravvicinati del terzo tipo di Steven Spielberg come un film che “riguarda il passato, non il futuro” – al che l’intervistatore gli chiede se non c’è invece qualche film che riesce a catturare il senso profondo del simbolo, e non soltanto il suo aspetto palliativo.
“Penso che 2001: Odissea nello Spazio sia molto interessante nel modo in cui tratta i simboli”, è la risposta del mitografo. L’epocale film di Stanley Kubrick, uscito nel 1968 riscuotendo un grande successo di pubblico ed entrando immediatamente nell’immaginario collettivo, è effettivamente un’opera densa di simbolismi, a cominciare dal grosso monolite nero che ne puntella la narrazione. Come suggerisce anche la colonna sonora, dominata dal nietzschiano Also sprach Zarathustra di Strauss, il senso complessivo del film è trionfante ed affermativo: dall’inizio alla fine della pellicola si ritrova una celebrazione genuinamente illuminista dell’intelletto umano, delle sue possibilità di scoperta e conoscenza.
Nell’intervista per il New York Times, Campbell si sofferma in particolare sulla sequenza centrale, che mostra un primate entrare in contatto con l’iconico monolite con cui gli invisibili extraterrestri si palesano in vari momenti del film. “Lo stupore, vede, è ciò che ci fa andare avanti. E il regista lo ha capito, ha colto la continuità in ogni epoca di questo principio motivante, cruciale nell’evoluzione della nostra specie”

Il simbolo, nella lettura di Campbell, “non indica soltanto qualcos’altro da sé”, ma dischiude una vera e propria “struttura che risveglia la nostra coscienza per una nuova comprensione del significato intimo della vita e della realtà stessa”. Dai simboli però si può anche cercare di sfuggire, e poco importa se sono stati diffusi in mondovisione, come l’arrivo di Neil Armstrong sulla Luna. “Il problema è che le persone hanno tentato di distogliere lo sguardo dallo spazio e dal significato dell’allunaggio”.
Da una parte, c’era chi vedeva la conquista dello spazio come una conquista puramente inutile. Dall’altra, il budget del programma spaziale subì tagli, tanto che dopo il 1972 non ci sono state altre missioni della NASA sulla Luna. Dall’altro lato ancora c’era, nel 1979 come oggi, chi vuole ottenere un profitto economico dallo spazio. “Quelli che lo affermano somigliano alle creature scimmiesche di 2001: Odissea nello spazio. Si azzuffano per il cibo, mentre una di loro si allontana e si dirige verso il monolito, spinta dallo stupore. È questo che loro non capiscono. Lei, invece, si evolve in un essere umano. È”, conclude Campbell, “colei che comprende il futuro”. Nell’anno in cui i privati hanno iniziato la loro “corsa allo spazio”, con una competizione sempre più sfrenata tra Jeff Bezos ed Elon Musk, leggere queste antiche parole di Campbell è davvero stupefacente. Il simbolo è sempre attuale, per non dire profetico.

Dal 2015 Birdmen Magazine raccoglie le voci di cento giovani da tutta Italia: una rivista indipendente no profit – testata giornalistica registrata – votata al cinema, alle serie e al teatro (e a tutte le declinazioni dell’audiovisivo). Oltre alle edizioni cartacee annuali, cura progetti e collaborazioni con festival e istituzioni. Birdmen Magazine ha una redazione diffusa: le sedi principali sono a Pavia e Bologna
Aiutaci a sostenere il progetto e ottieni i contenuti Birdmen Premium. Associati a Birdmen Magazine – APS, l‘associazione della rivista
[…] riguardo è L’Innominabile Attuale, libro datato 2017 – La sindrome Lolita affronta di petto i paradossi della secolarizzazione. Paradosso che Calasso collega alla cattiva ricezione di cui tuttora a volte gode il libro, […]
[…] soprattutto di area americana, si è dimostrato attento più che altro alle teorizzazioni di Joseph Campbell sul mito, e quindi se vogliamo a Omero e agli altri epici; ma l’applicazione che Curi fa di […]
[…] saggio di Riberi analizza Matrix anche in riferimento al monomito originariamente teorizzato da Joseph Campbell, e, in un capitolo finale a cui non avrebbero guastato delle pagine in più, fa riferimento anche […]
[…] il carattere omnipervasivo e quasi ipnotico degli archetipi; rifacendosi agli studi junghiani il grande studioso del mito Joseph Campbell, con il suo saggio del 1948 L’eroe dai mille volti, ha saputo rintracciare la persistenza degli […]