
LOL – Chi ride è fuori | La rivincita del televisivo
Il format, importato dal Giappone, è semplice e quasi logorante: dieci comici della più diversa estrazione vengono chiusi in una stanza/teatro per sei ore sfidandosi a chi più di tutti è in grado di anestetizzare la portata comica altrui; in sostanza, come dice il sottotitolo, a LOL – game show approdato a inizio aprile su Amazon Prime Video – chi ride è “fuori”. Ma a fronte di un meccanismo di superficie elementare, questo programma ci racconta moltissimo di cosa ribolle sotto la superficie della dicotomia “televisione lineare/prodotti on demand”, aprendo a nuove chiavi di lettura della viralità, della percezione dei programmi e dell’importanza che oggi il “televisivo” ha assunto di fronte al pubblico contemporaneo.

Il fenomeno è stato improvviso, esplosivo e per molti versi inaspettato: dopo alcune pubblicità “teaser” di Amazon Prime Video rilasciate durante Sanremo 2021 – in piena linea con quelle degli altri player OTT – LOL è arrivato sulla piattaforma con i suoi primi quattro episodi il primo di aprile senza destare particolare scalpore; è però bastato un periodo pasquale forzatamente casalingo e la tensione data dal rilascio in differita (una settimana dopo) degli ultimi due episodi per scatenare un vero e proprio turbine social: complici i partecipanti, i momenti instant meme e la sfida comunque aperta nella settimana di attesa, LOL è diventato il programma più citato, remixato, discusso e contaminato degli ultimi mesi, smascherando non pochi dettagli interessanti per valutare il potenziale futuro del panorama audiovisivo.

Innanzitutto, l’estrema precisione e puntualità dei meme usciti in questi giorni, che si basano su momenti della gara apprezzabili solo e unicamente se si è fruito del prodotto, dimostrano che LOL è stato effettivamente visto da un pubblico decisamente ampio, esplicitando forse per la prima volta quanto sia esteso in Italia l’accesso ad un account Amazon Prime Video; può sembrare un dato da poco, ma abituati a dare per scontata la conoscenza e l’accesso a Netflix, derubricando Prime ad un ipotetico secondo posto, ci dimentichiamo troppo facilmente quanto la diffusione del servizio (di cui la sezione video è solo una parte) renda la piattaforma Amazon un potenzialmente capillare.

A questo si aggiunge il curioso cortocircuito attivato dal formato (e format) squisitamente televisivo – un factual game show in sei episodi da mezz’ora – con le modalità di visione on demand: il binge watching dei primi quattro episodi si è scontrato con il ritmo e il linguaggio broadcast (per dire, i momenti tensivi sono gli stessi che spesso anticipano gli spot pubblicitari) restituendo al pubblico un programma ibrido, “fuori luogo” nel senso più potenziale del termine, che nasce su piattaforma ma è figlio di un flusso di cui si arroga non solo il monopolio, ma anche la forzata segmentazione (per capirci: a che servono anticipazioni e recap quando il rilascio è contemporaneo?), incontrando lo sguardo e il favore di ogni tipo di pubblico rappresentato dall’eterogeneità – più contrattuale che autoriale – dei concorrenti coinvolti.

A fronte di una componente artistica costruita “a pacchetto” – a partire da Fedez, ormai ambasciatore italiano di Amazon – resta sbalorditiva la capacità di scrittura ex post realizzata attraverso un lavoro di montaggio minuzioso e attento, in grado di apportare sottolineature, cesure ed ellissi pensate e misurate in modo da costruire dei filoni di racconto principali e secondari per regalare un ritmo inedito a un oggetto mediale che ha inscritto al suo interno il costante e programmatico tentativo di auto-anestetizzarsi: perché di fronte a concorrenti che fanno di tutto per non ridere (e alle volte, va ammesso, non risulta così difficile), il pubblico è invece indotto e incoraggiato a sbellicarsi, identificandosi in chi dal gioco “esce” per rientrare in quel salotto condiviso – la “control room” di Fedez e Mara Maionchi – che è simulacro dell’effettivo salotto di casa; proprio lì si consumano le interazioni più genuinamente divertenti tra i partecipanti al programma, andando a configurare una stratificazione della comicità che libera il potenziale comico man mano che il gioco si avvicina alla fine.

Proprio sul finale, infatti, il ritmo all’interno della stanza/teatro arriva a esaurirsi – come accade per altro alla maggior parte dei factual – lasciando spazio però a uno strascico di contenuti potenziali che prolungano il successo di LOL oltre i confini di Amazon Prime Video, incoraggiando gli spettatori e i partecipanti a perpetuare un’escalation dell’assurdo che vede sconfinare il programma non solo attraverso le piattaforme ma anche – e soprattutto – attraverso i prodotti che può contagiare. Esaurito il potenziale di questa prima stagione, resterà quindi da vedere se e come Amazon saprà reinventare il programma stesso, attraverso cast, ritmo e scrittura; la prima prova ne ha dimostrato l’efficacia, ricordandoci quanto in Italia il “televisivo” sappia ancora catalizzare attenzione, discorsi e immaginari.
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