
Storia di un matrimonio – La performance della separazione
Passano gli anni, si matura, si cambia e si cresce, ma certe ferite, certe ossessioni restano. Ed è così che quattordici anni dopo Il calamaro e la balena, Noah Baumbach torna a parlare di divorzio. Se nel primo film era il pretesto per concentrarsi su ciò che la separazione produce e scarica addosso ai figli adolescenti, con il nuovo film Storia di un matrimonio, il regista scompone – e poi ricompone – le dinamiche di relazione tra due genitori. Charlie (Adam Driver) è un regista teatrale newyorkese, Nicole (Scarlett Johansson), sua moglie, un’attrice che si trasferisce a Los Angeles per fare televisione. La coppia sta divorziando, e ciascuno dei genitori si batte per la custodia del figlio.
Storia di un matrimonio ha il più semplice dei plot possibili, già visto, già scandagliato sin dai tempi di Kramer contro Kramer, eppure la sua peculiarità è quella di affrontarlo da una prospettiva differente: mettendo i due protagonisti davanti ad uno specchio. Nessuno dei due riesce più a riconoscere se stesso e l’altro. Chi erano Charlie e Nicole? Chi sono diventati? Chi saranno? Per vivere il presente bisogna aver ben a fuoco il proprio passato. Quando questo non avviene ci si arma per lo scontro, sleale, crudele, immotivato.
La separazione ed il divorzio diventano fallimenti personali di cui non si è mai pronti ad assumersi le responsabilità, perciò è meglio indossare le proprie corazze e schivare i colpi dell’avversario senza mai affrontarlo veramente, chiedendo aiuto a degli “specialisti” che possano guardarci le spalle – i migliori avvocati sulla piazza (qui con i volti di due ispirati Laura Dern e Ray Liotta). Quando arriva il momento del confronto, tanto rifuggito, ci si ritrova denudati e disarmati davanti a un nemico che condivide le stesse identiche fragilità – l’immagine allo specchio finalmente combacia, pur continuando a non raffigurare lo stesso soggetto.
Baumbach mette in scena una fase della vita, e la rende più simile ad una performance artistica che ad una cronaca. L’atto performativo è dato dal confronto e dallo scontro, dalla lettura di lettere, da canzoni improvvisate, da personaggi imbarazzati che non sanno quale posto occupare. Driver e Johansson – due attori che provengono da Star Wars e dall’universo Marvel – vengono usati teatralmente, spogliati di ogni effetto speciale e rivestiti con una pelle sottile che lascia intravedere tutte le “umane imperfezioni” degli attori – artisti.
Il teatro ha un ruolo decisivo, non solo perché Charlie sia un regista di Broadway, ma perché quest’arte diventa metafora dello stesso dramma coniugale della coppia. Charlie sta per dirigere un nuovo spettacolo: si tratta di un adattamento di Kasimir e Karoline di Von Horvath, una pièce in cui due fidanzati si lasciano in un lunapark durante l’Oktober Fest. Kasimir e Karoline e Charlie e Nicole hanno comportamenti analoghi, perdono le staffe, serbano rancori, cercano conforto altrove, ma finiscono con il doversi affrontare una volta per tutte vis à vis.
Baumbach è più elegante, maturo, sotterraneo nel suo mettere in scena l’uomo e i suoi sentimenti. Confina a momenti sfuggenti l’ilarità del grottesco, buffo e strampalato, e lascia che sia la malinconia dello smarrimento emotivo a farsi filo conduttore della narrazione. È complesso e articolato, abile nell’alternare gli stati emotivi, che dai soli personaggi si estendono fino agli spettatori, riuscendo a coinvolgerli a tal punto da farli entrare nel vivo della vicenda.
Toccare le corde comiche, e subito dopo quelle drammatiche senza commettere passi falsi è raro, proprio come lo è delineare con tratto sicuro la fisionomia di uno stato dell’essere. Lo stupefacente di Storia di un matrimonio sta nel ricoprire la potenza dell’umanità di un gesto semplice e quotidiano, sta nel constatare che ci si può ancora commuovere quando i colpi di scena sono appena accennati tra le pieghe di una realtà che è così vicina allo spettatore da potersi trovare persino dentro di lui.
Dopo aver raccolto il consenso unanime di pubblico e critica alla 76esima Mostra del Cinema di Venezia, il nuovo film di Baumbach arriva su Netflix il 6 dicembre e si prepara ad essere una delle rivelazioni della prossima Award Season, a dimostrazione che la semplicità del reale quotidiano – pilastro del cinema indipendente da cui Baumbach proviene – ha ancora ragione di esistere, di farsi valere, di risuonare e di smuovere le coscienze. Il supereroe indossa gli abiti di mamma e papà, di uomini e donne comuni che imparano dai loro errori, e sanno essere così coraggiosi da fare un passo indietro e ripartire con il piede giusto assicurandosi di avere le scarpe allacciate.
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