
Ghostbusters: siamo pronti a credere in loro… ancora?
Jason Reitman, figlio del regista Ivan, lo ha promesso: nell’estate 2020 avremo un nuovo capitolo della saga dei Ghostbusters, gli acchiappa-fantasmi più famosi del cosmo multimediale. Ma siamo davvero pronti e disposti ad accettarlo? E soprattutto, ne sentiamo il bisogno?
Per rispondere a queste domande, dobbiamo tornare indietro a quasi 35 anni fa, quando uscì nelle sale l’ambizioso risultato di un’ancora più ambiziosa idea partorita dal Blues Brother Dan Aykroyd e dallo stesso Reitman, che vedeva coinvolti nella produzione altri due volti cardine del Saturday Night Live, Bill Murray e Harold Ramis, nelle vesti di un gruppo di scienziati interessati al paranormale che si ritrovano a dover ripulire la città di New York da ogni sorta di fantasma ed entità sovrannaturale.
Oltre all’indubbia qualità del film, sono innumerevoli le ragioni elencabili per spiegare il motivo del successo di questa pellicola, che è stata solo l’inizio di un effervescente ecosistema di prodotti correlati al marchio Ghostbusters.
Ci concentreremo su alcune di esse, cercando di comprendere i passi fatti durante la storia di quello che ormai è un vero e proprio franchise con un fandom attivo e molto esigente.
Prima di tutto, le persone coinvolte nella produzione erano più che semplici attori scelti tra tanti, ma come già detto facevano parte della collaudata famiglia del Saturday Night Live, lo show comico più seguito negli Stati Uniti. A dimostrazione di come il coinvolgimento dei protagonisti fosse più che semplicemente professionale, basterebbe citare l’aneddoto che vedrebbe il personaggio di Slimer come un espediente per inserire nel cast anche l’allora da poco scomparso John Belushi, visto che il verde fantasma pasticcione sarebbe ispirato al personaggio Bluto di Animal House. Tanto il primo quanto il secondo capitolo della saga trasudano della complicità palpabile tra i membri del cast, in modo da rendere ogni gag e ogni battuta percettibilmente spontanea e mai forzata.
In secondo luogo, come molti prodotti nati tra fine anni ’70 e la prima metà degli anni ’80, Ghostbusters racconta molto chiaramente diverse facce dell’America più vicina alle persone comuni. Gli acchiappa-fantasmi sono dei veri outsider, ai margini della legalità, ma sempre pronti ad aiutare gli altri e a “credere in loro”, come dice uno dei famosi slogan del film; inoltre i quattro eroi conoscono la loro città e la vivono da cittadini esperti e da americani convinti, tanto da coinvolgere la stessa Statua della Libertà nel salvataggio di New York in Ghostbusters 2.
Come terzo elemento fondamentale, Ghostbusters ha fatto sua tutta la cultura pop del suo presente, dalla musica ai simboli, in modo talmente naturale da “rimediarla” diventandone parte integrante. Logo, gadget e immaginario hanno saputo fondersi perfettamente con quanto il panorama mediale già offriva, rendendo gli acchiappa-fantasmi parte integrante della cultura pop americana (come esempio, si veda il cameo del personaggio di Ray nel film Casper del 1995).
Questi elementi, uniti al successo del brano musicale di Ray Parker Jr. e alla presenza nel cast di attori come Sigourney Weaver e Peter MacNicol (nel secondo capitolo) hanno permesso alla saga di dare origine a ben due serie animate (la prima, disponibile su Netflix, è ambientata tra i due film, con tanto di riferimenti espliciti, mentre la seconda vede protagonista una nuova e più varia squadra di acchiappa-fantasmi), innumerevoli fumetti, merchandising e diversi videogiochi.
La continuity solida della saga e la passione di un fandom molto attivo sarebbero bastati a rendere Ghostbusters un elemento di culto della mitologia statunitense potenzialmente intramontabile, se non fosse che la Sony Pictures ne aveva odorato il potenziale monetario decidendo di produrre un reboot, uscito nelle sale nel 2016, a vent’anni dall’ultimo prodotto del franchise originale (la serie animata Extreme Ghostbusters).
Il film del 2016 si mostra mosso da scelte decisamente coraggiose: innanzitutto, non è ambientato nell’universo originale (nonostante un surreale cameo che desta sospetti e tanti dubbi), vede una squadra totalmente femminile e si dimostra sempre ai margini tra il demenziale e uno scimmiottamento della comicità classica che caratterizzava i film precedenti.
Viste tutte le premesse poste sopra, non sorprenderà che la pellicola sia stata per tutti, fan e non, una colossale delusione.
Perciò, perché rischiare di nuovo?
Conoscendo la Sony e i suoi recenti lavori sul proprio catalogo di proprietà intellettuali, principalmente per profitto; la speranza, però, resta viva, visti i nomi coinvolti e le promesse fatte: il figlio di Reitman sarà affiancato da Aykroyd e nel film compariranno i protagonisti ancora in vita degli episodi precedenti; inoltre la storia sarà ambientata al cento percento nell’universo narrativo originale, quindi dovremmo aspettarci riferimenti puntuali a quanto già narrato in quello che possiamo considerare “il canone”.
Perciò, mano ai telefoni e se vedete qualcosa di strano sapete chi chiamare, nonostante le proteste ingenue di Leslie Jones e la costante paura che la Sony ne faccia un’altra delle sue: gli acchiappa-fantasmi stanno davvero tornando e, che ci crediate o no, loro sono ancora pronti a credere in voi!
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