
ANTEPRIMA: Le terrificanti avventure di Sabrina
Con il sarcasmo di Salem ci siamo cresciuti un po’ tutti e confesso di essermi approcciata a questa nuova serie principalmente per amore di quel cinico gatto nero. Tuttavia, Le terrificanti avventure di Sabrina (in originale Chilling Adventures of Sabrina), disponibili su Netflix a partire dal 26 ottobre, hanno ben poco a che vedere con la sit-com che ha portato alla ribalta la famiglia Spellman e il sopracitato acido gatto.
Andando con ordine: Sabrina Spellman compare per la prima volta su carta, come protagonista di una one-shot della collana a fumetti Archie’s Madhouse, all’inizio degli anni ’60. Il personaggio ha un successo tale da guadagnarsi una serie animata, che racconta la storia di Sabrina, strega solo per metà, divisa tra problemi adolescenziali e magici pasticci. È su queste basi che si fonda la sit-com degli anni ’90 che ha cresciuto me e la mia generazione.
Ebbene, non c’è più niente da ridere. Il nuovo prodotto Netflix (firmato, tra gli altri, da Roberto Aguirre-Sacasa e Greg Berlanti) fa riferimento ad una più recente serie a fumetti, dello stesso Aguirre-Sacasa, che ha tinto la storia di Sabrina con toni molto più dark. Nella serie, insieme a Sabrina (Kiernan Shipka), ritroviamo la cittadina fittizia di Greendale, il fidanzato Harvey, le zie Hilda e Zelda e il da me tanto amato Salem – a cui è stata tolta la parola, maledizione. Ad essere cambiato è solo tutto il resto.
Sabrina è orfana del Sommo Sacerdote e di una mortale, e questo fa di lei una mezzosangue, divisa tra il mondo mortale e quello magico. Questa condizione, però, sta per finire: al compimento del suo sedicesimo anno, Sabrina dovrà scegliere a quale natura rinunciare, quella mortale o quella magica. Allora, infatti, dovrà affrontare il Battesimo di Sangue, durante il quale verrà data simbolicamente in sposa al Diavolo. Insomma, tutte le premesse per un not-so-sweet sixteen.
Ma se Salem non parla, le streghe non sono più divertenti e goffe, ma cattive e – addirittura – cannibali, se quindi non c’è più nulla da ridere, perché guardare Le terrificanti avventure di Sabrina? Il motivo è uno ed è l’unico che conta: è scritta bene. Sabrina in primis è una protagonista sfaccettata, determinata, sicura fino al limite dell’arroganza. Meravigliosamente tonalizzata sul rosso, Sabrina incarna una femminilità spavalda, che ben si combina alla tradizione esoterica riportata qui in vita. Le streghe sono tornate e i mortali hanno buone ragioni per tremare: una caccia alle streghe è stata compiuta a Greendale, nel 1692, e gli spiriti pieni di rabbia delle tredici streghe che furono impiccate infestano ancora la foresta. Sabrina ribadisce più volte di non essere cattiva, ricordandolo quasi più a se stessa che agli altri, ma il confine della sua moralità è labile e più volte messo in discussione.
L’occulto è più inquietante che spaventoso: promette conoscenza ma toglie libertà, è sia emancipazione che schiavitù; potere e pericolo. Non vi terrà svegli per la paura, ma vi lascerà un certo senso di insicurezza e diffidenza nei confronti di chi fa promesse e chiede in cambio la vostra lealtà.
La stregoneria è per tradizione legata al femminismo e la nuova Sabrina non fa eccezione, regalandoci battute esaltanti, come quando viene fatto presente che l’Oscuro Signore è terrorizzato dall’idea che le giovani streghe abbiano sia poteri che libertà perché “è pur sempre un uomo”.
Grande attenzione viene riservata anche alla psicologia delle zie, Hilda e Zelda, e al loro difficile rapporto tra sorelle.
Insomma, Le terrificanti avventure di Sabrina è una serie per adolescenti? Sì, il target è miratissimo. È fruibile anche da chi non rientra nel target? Certamente. Altrettanto certo è che fa notare a noi millennial tutta la distanza che ci separa dalla generazione Y, perché i nuovi teen-drama lasciano ben poco spazio a quel mondo di sconvolgimenti ormonali e paranoie sentimentali con cui siamo stati nutriti tra i Novanta e gli Zero. Le nuove rappresentazioni raccontano l’adolescenza come una lenta e sfiancante conquista di consapevolezza. Se sia la realtà ad influenzare la finzione o viceversa, non ho gli strumenti per dirlo; io mi godo solo lo spettacolo.
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