
È disponibile Paramount+ | Qualcuno se ne è accorto?
È disponibile da un mese la “nuova” piattaforma streaming Paramount+, attore del mercato audiovisivo che silenziosamente si va a collocare in un contesto globale già complicato e variegato, che sempre di più richiama le proprie origini tanto per conformazione quanto per gli attori che ne fanno parte. E mai come per capire l’incidenza di Paramount+ è necessario tornare indietro e ripartire da quello che è il mercato televisivo statunitense, sempre più immagine di quello che si configura come il mercato globale dello streaming.

Quando si inizia a studiare l’evoluzione del mercato televisivo, normalmente si parte un po’ prima della diffusione del mezzo, facendo risalire il sistema contemporaneo al delicato equilibrio che si era consolidato tra le cinque major cinematografiche statunitensi – Warner Bros., Metro-Goldwyn-Mayer, Paramount, 20th Century Fox, RKO – negli anni d’oro del cinema hollywoodiano; è lì che prende forma il sistema dei network televisivi che sul sorgere degli anni ’50 vede tre grandi protagonisti: ABC (oggi Disney), NBC (Comcast, per gli amici Peacock) e CBS (bene o male Paramount); al terzetto si aggiunge Fox negli anni ’80, che non farà altro che ingrandire l’impero Disney relativamente pochi anni dopo.

Oggi il panorama broadcast statunitense resta bene o male invariato, con incursioni significative solo sul piano delle televisioni cable più o meno pregiate, qua e là acquisite o annesse dai tre network per non perdere quote di mercato. Tutto sembrava trovare una significativa svolta a metà degli anni dieci del nuovo millennio con l’espansione globale di portali streaming che coi network hanno poco o niente da spartire – si pensi a Netflix, che tra tutti ha i principali accordi di distribuzione con BBC, Sony e Warner – con l’effetto collaterale di restituire centralità ai servizi pubblici e di abbattere i confini per quei contenuti altrimenti rintracciabili solo con sistemi alla meglio definibili “informali”.

La finestra “rivoluzionaria” dura però poco: a fine 2019 Disney irrompe a gamba tesa sul mercato dello streaming, raccoglie tutte le sue properties faticosamente raccolte a partire dal 2005, ribalta il tavolo degli azionisti di Hulu e sfonda le barriere globali con Disney+, legittimando la presenza di una major (e in questo caso di un pluri-network) sul mercato delle piattaforme a prescindere dagli accordi di distribuzione pregressi – il caso Marvel/Netflix urla chiaro – e conquistando una quota di mercato in tempo zero decisamente sconcertante. Le concorrenti dirette (non Netflix e Prime Video, ma gli altri operatori “tradizionali”) si trovano impreparate e reagiscono come possono, con ritardi ancora oggi esasperanti (quanti nel mondo ancora non hanno accesso ad HBOMax, di casa Warner?).

Ed è per colmare questo imbarazzante ritardo che uno degli attori del mercato più simile a Disney per identità di corporate – Paramount – decide di riadattare il portale web statunitense dedicato al proprio network (CBS All Access) per trasformarlo in una moderna e concorrenziale piattaforma streaming dal respiro globale: Paramount+. La mission del portale è raccogliere – come fa Disney+ – tutte le proprietà intellettuali della major, da quelle cinematografiche (tantissime, che scavano fin dagli albori di Hollywood) fino a quelle televisive a marchio CBS e soprattutto Showtime, la più importante concorrente di HBO tra le premium cable (per capirci, ha prodotto la terza stagione di Twin Peaks).
Il risultato, almeno per noi in Italia – dove Paramaunt+ è arrivata decisamente in sordina – è al momento piuttosto deludente: un catalogo che a un mese dal lancio resta piuttosto povero, un’interfaccia fallace e per nulla intuitiva e ancora parecchi problemi tecnici da sistemare, tra cui il ketch-up degli episodi visti dall’utente. Certo non mancano i prodotti originali e in esclusiva (il discrimine è la data di uscita): 1883, Circeo, Billy the Kid, Halo, From, Honor Society, di cui però ancor poco si è sentito parlare e quel poco non sempre è incoraggiante.

Sicuramente è un elemento positivo il rilancio di alcune proprietà intellettuali congelate da troppo tempo – per chi scrive, il reboot/sequel live action di Due Fantagenitori è un’inaspettata sorpresa -, ma c’è ancora da aspettare perché Paramount+ possa dirsi una piattaforma streaming concorrenziale rispetto alle tre principali (questa volta sì Netflix e Prime Video a fianco a Disney+), specialmente in rapporto qualità/prezzo. Una buona notizia per i clienti Sky – che da Paramout+ si vedono derubati di diversi contenuti un tempo esclusivi del satellite -: la piattaforma è gratuita per tutti gli abbonati con pacchetto Cinema, che farebbero bene ad approfittarne finché non cambia l’aria dell’una volta colosso mediatico di Murdoch.

Di certo c’è solo che la frammentarietà della distribuzione di contenuti non fa bene né al consumatore – sempre più costretto a rinunce, dati gli alti costi degli abbonamenti, non sostenibili in blocco nemmeno attraverso gli innumerevoli pacchetti bundle – né al mercato stesso, che si vede smagliarsi in microscopici contenitori dall’ego più grande del proprio catalogo, affamati di infrastrutture energivore e sempre più simili a logiche di mercato che francamente speravamo superate.
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