
Addosso alle immagini – I diari di Luc Dardenne
Con la curatela di Stefania Ricciardi, il Saggiatore ha recentemente dato alle stampe Addosso alle immagini, in originale Au dos de nos images, che raccoglie in un unico libro i due volumi dei diari di Luc Dardenne già editi in francese dalle prestigiose Editions du Seuil. Luc Dardenne, superfluo ricordarlo, è uno dei più importanti cineasti belgi, e assieme al fratello Jean-Pierre ha dato vita a un sodalizio registico tra i più importanti del cinema di realismo sociale degli ultimi trent’anni: basti ricordare che sia Rosetta che L’Enfant hanno vinto la Palma d’Oro a Cannes, e Il ragazzo con la bicicletta il Gran Premio della Giuria. Parallelamente alla carriera cinematografica, il solo Luc ha anche avuto un piccolo percorso da saggista, pubblicando, sempre con Seuil, il saggio Sur l’affaire humaine oltre ai due libri diaristici; ed è stato annunciato per i prossimi mesi l’arrivo, in francese, di un terzo volume di diari, relativi agli ultimi anni di lavoro dei Dardenne.

Addosso alle immagini abbraccia una parte importante della carriera dei Dardenne: la prima annotazione risale al dicembre 1991, le ultime pagine arrivano all’estate del 2014. In quest’interregno di ventitré anni, i Dardenne passano dallo status di poco più che esordienti a quello di riconosciuti maestri del cinema europeo: a tal riguardo è molto interessante ricevere, dalle riflessioni giorno per giorno di Luc Dardenne, la testimonianza del periodo di tre anni che separa Je pense à vous da La Promesse: il primo, vissuto dai Dardenne stessi come un fallimento artistico; il secondo, il film che per la prima volta diede loro notorietà presso la critica internazionale. Nel mezzo, una profonda riflessione sull’immagine, sulla continuità dell’inquadratura, sulla fisicità del primo piano: è nell’interregno tra i due film che nasce lo stile dei Dardenne per come lo conosciamo.

Uno degli aspetti più sorprendenti di questi diari sta nell’ampia importanza tributata da Dardenne non solo e non tanto ad altri cineasti del passato, ma a filosofi, scrittori e pensatori di vario genere. Non mancano riferimenti ai vari Rossellini, Bergman, Lanzmann, ai grandi maestri del cinema nipponico e anche a Nanni Moretti e al suo Habemus Papam, ma l’attenzione di Luc Dardenne sembra assorbita soprattutto da alcuni grandi nomi della filosofia francese ed europea del Novecento. Nei suoi diari si rincorrono citazioni di pensatori di ambiti variegati del calibro di Gilles Deleuze, René Girard, Ernst Bloch, Hannah Arendt e Ludwig Wittgenstein – ma il nome più ricorrente è quello di Emmanuel Lévinas. Questo filosofo franco-lituano, di origine ebraica, nato nel 1906 e morto nel 1995 mentre i Dardenne giravano La Promesse – e Luc se lo annota -, aveva improntato tutta la sua filosofia su una riflessione sul volto dell’Altro, o tutta la sua filosofia, dagli echi talmudici, come una riflessione sul volto dell’Altro, sul carattere assoluto e cogente del comandamento Non uccidere.
I connubi tra cinema e filosofia, quando non sono retorici, hanno sempre retroscena inaspettati, benché il più delle volte negli ultimi decenni sia stata la filosofia a rivolgersi al cinema, e non il contrario: si va dal rapporto bilaterale tra Carmelo Bene e Gilles Deleuze alle riflessioni antropologiche ed iconologiche che La Passione di Mel Gibson fece sorgere tra i maggiori intellettuali europei, dalla leggenda di un incontro tra Martin Heidegger e Terrence Malick alle riflessioni postume di Wittgenstein, che negli appunti ora pubblicati sotto il titolo generico di Filosofia lasciava alcune scheggianti riflessioni sul significato simbolico della pellicola cinematografica, usata per spiegare la sua complessa visione del mondo.

Nel nostro caso non si può postulare una vera e propria corrispondenza tra la filosofia di Lévinas e il cinema dei Dardenne, ma Addosso alle immagini fa scoprire un’inaspettata e prolungata frequentazione, almeno da parte di uno dei due fratelli Dardenne, dei testi del filosofo franco-lituano – che Luc legge ed applica in esplicito riferimento al suo modo di fare cinema. I passaggi dell’opera di Lévinas che più affascinano Luc Dardenne sono quelli in cui il filosofo si dilungava sul “rapporto faccia a faccia” in cui “si guarda uno sguardo”, e “guardare uno sguardo è guardare quanto non si abbandona”, “è guardare il volto” – e a margine di questa citazione, tratta da Difficile libertà, Dardenne si riprometteva, prima ancora di girare il film, che “è questo sguardo di Rosetta che cercheremo di fare apparire per lo spettatore. Che lei arrivi a esistere come volto, che sia interlocutrice prima di essere conosciuta, e non possa mai essere conoscibile”.
L’inconoscibilità delle motivazioni dei personaggi dei Dardenne è uno degli aspetti più caratteristici del loro cinema, e nelle pagine di Addosso alle immagini più volte Luc Dardenne riflette e argomenta su questa loro tendenza stilistica: il rifiuto di approfondire “i rapporti di causalità, le concatenazioni” porta il cinema dei due a una forte fisicità, a una frontalità dell’immagine che si affida tutta ai gesti e alle azioni dei personaggi. “Perché questo desiderio di essere nelle cose, di starci dentro?”, si chiede sul finire del libro Luc Dardenne. “Perché questo desiderio che condividiamo nel modo più assoluto io e mio fratello? Perché non ci allontaniamo dai corpi? Perché questi corpi solitari, sradicati, nervosi, che non possono abitare un paesaggio, non possono esistere in campo lungo, un campo fatto di terra e di cielo, di natura?”. La risposta non è nei diari. La risposta, è nei loro film.

“Ci ha chiesto con voce dolce e pacata: ‘Perché la vostra macchina da presa si muove?’. Era la prima volta che un critico ci faceva questa domanda senza far sentire una nota di disappunto o di ironia. Siamo ammutoliti per un lungo momento poi ho azzardato questa risposta: ‘Abbiamo paura di comporre un’immagine’. Mio fratello ha aggiunto: ‘…paura di congelare’“. Molto più di quanto capitasse con altri analoghi memoir di grandi registi europei – uno su tutti, Lanterna Magica di Ingmar Bergman – Addosso alle immagini di Luc Dardenne si presenta come un complemento quasi necessario agli attualmente dodici lungometraggi dei due fratelli belgi. In attesa che la Lucky Red porti nei cinema italiani Tori and Lokita, il loro ultimo film presentato a maggio a Cannes, Addosso alle immagini permette di cogliere a fondo la celata problematizzazione filosofica alla base del cinema dei Dardenne – assistendo en direct alla costruzione del loro cinema.
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