
David Fincher. La polisemia dello sguardo – Con la dinamite alla festa
«polisemìa s. f. [dal fr. polysémie, comp. del gr. πολυ- e tema di σημαίνω «significare»; cfr. anche polisemo]. – 1. In linguistica, la coesistenza, in uno stesso segno (parola o, anche, sintagma, espressione fraseologica), di significati diversi […] 2. In letteratura, varietà di significati che uno scritto può assumere […] »
«Come si può definire un autore nel cinema contemporaneo? Ha ancora senso in quest’epoca storica dove l’elemento industriale ha un impatto determinante per la riuscita, distribuzione e conseguente visibilità di un film?». Si apre così, con questa doppia domanda, la monografia dedicata al regista statunitense, dal titolo David Fincher. La polisemia dello sguardo edita da Mimesis e a cura di Antonio Pettierre. L’assunto sotteso, il tessuto connettivo della domanda in questione, il tema profondo, è una sorta di reticenza nel definire David Andrew Leo Fincher un autore – nel senso più pieno e rotondo del termine – per il suo essere inserito così profondamente e così organicamente all’interno dell’ecosistema produttivo hollywoodiano. Tema trito, certamente, sviscerato e così spesso dibattuto quello della doppia polarità autore/artigiano/arte vs. editore/industria/mercato, ma che per una figura come quella di Fincher assume connotati estremamente singolari e che meritano sicuramente un approfondimento.

Non a caso, il concetto di polisemia, applicato rigorosamente e spesso con efficace prospettiva analitica in ciascuno dei tredici saggi che costituiscono il volume, è applicabile come chiave interpretativa non tanto e non solo in una logica esegetica rispetto all’opera omnia del regista statunitense, ma anche alla sua collocazione nel mondo del mercato cinematografico – purtroppo (per qualcuno) è sempre mercato. Fincher sta nella major e allo stesso momento vi sta fuori. E’ Mank, Il curioso caso di Banjamin Button e Fight Club nello stesso momento. E’ Se7en e Zodiac nello stesso momento. Guardi David Fincher e ci vedi l’uomo del sistema, più del sistema di tutti gli altri. Lo riguardi e ci vedi uno che invitato alla festa di compleanno della figlia viziata del signor Louis B. Mayer, con tutti gli onori (e i meriti) del caso, si nasconde sotto le tavole e ne fodera di dinamite le zampe per farle saltare per aria e farsi una grassa risata. Anzi, forse nemmeno così grassa. Qualcosa di più simile ad un sorriso sornione.
Il volume di Mimesis a cura di Pettierre presenta diversi passaggi suggestivi lungo il percorso che traccia attraverso la filmografia del nativo di Denver. In qualche caso regalando spunti illuminanti: il saggio di Eugenio Radin dal titolo Panic Room. La crisi dell’abitare nell’America di inizio millennio fornisce un angolo di visuale su di un film – spesso mal considerato – che apre zone d’indagine nuove, in una prospettiva di analisi ad ampio respiro riguardo il rapporto tra essere umano e spazio (architettonico e non solo) nella poetica di Fincher. In altri casi i saggi proposti attraversano tematiche già affrontate: il rapporto tra individuo contemporaneo e massa, quello tra l’essere umano e la propria proiezione di sé in un contesto socio culturale dominato dal capitalismo e dall’individualismo, l’autorialità nel caso della trasposizione cinematografica di un testo letterario o in un contesto seriale come quello della serie Netflix Mindhunter.

Certamente, non era facile provare a proporre nuovi argomenti o arricchire in modo significativo il dibattito sulla poetica del regista statunitense (nonostante la tutto sommato giovane carriera, su David Fincher si è già scritto e detto molto sia in Italia sia all’estero). David Fincher. La polisemia dello sguardo però riesce nella sfida: abbiamo nelle mani un volume articolato e stratificato, che si muove in un costante ping pong tra un tono maggiormente divulgativo ed uno più puramente accademico, che tal volta stordisce e tal volta illumina, finendo per imporsi, insieme a The Fincher Network. Fenomenologia di David Fincher (a cura di Roberto Donati e Marcello Gagliani Caputo per Bietti Editore), come uno dei principali riferimenti analitici riguardo l’opera del regista.
Per David Fincher siamo sagome scontornate che guardano in direzioni diverse su un fondo nero di pece in un mondo che esplode, muore, si rivolta e ci insidia: complimenti infine per la splendida copertina.

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