
The card counter di Paul Schrader – Fare i conti col passato | Venezia 78
The card counter (prodotto da Martin Scorsese) è il nuovo film di Paul Schrader, in concorso alla 78ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
L’ex interrogatore militare Willliam Tillich (Oscar Isaac) trascorre il suo tempo a giocare d’azzardo, mantenendo un basso profilo e riuscendo sempre a vincere (anche grazie alla tecnica affinata in prigione). La sua è una vita senza scopo, scandita dai casinò in cui gioca, schiava di una routine volontariamente costruita. I fantasmi del passato tornano a tormentarlo quando incontra il giovane “Cirk with the C”. Il ragazzo fa riemergere un rimosso che non riguarda solo William, ma gli Stati Uniti tutti: gli efferati crimini di guerra perpetrati dai militari statunitensi nella prigione di Abu Ghraib, durante la guerra in Iraq. Fatti rievocati dalle immagini di repertorio mostrate dal regista.

La storia dell’uomo solitario, che fa i conti con la sua colpa e con gli incubi dei suoi interrogatori, chiaramente ripresi dall’iconografia legata a quegli eventi – il pollice in su, gli uomini incappucciati –, e che riversa questo caos nell’ordine dei numeri e delle camere pulite e ovattate, è l’occasione per denunciare la narrazione delle «mele marce» promossa dai potenti.
Il film ritrae l’America profonda, quella del Kansas e di St. Louis, attraversata durante i viaggi in macchina del protagonista, in un’atmosfera allucinata e notturna, sfocata dalle luci stradali e dallo stato emotivo di William, lucido ma ancora traumatizzato dagli eventi. Il Paese a stelle e strisce è ben impersonato da Mister USA, uno degli avversari del protagonista ai tavoli da gioco, che rappresenta in qualche modo lo spirito dei veri responsabili degli eventi di Abu Ghraib.

Schrader sceglie di mostrare un punto di vista diverso sui fatti, riflettendo al contempo su un tema caro al cinema di guerra statunitense: quello del disturbo da stress post-traumatico. I ricordi di William sono distorti da un uso claustrofobico del grandangolo e dal volume alto della musica durante gli interrogatori. L’immagine che il regista ci restituisce è quella di un militare pentito, che detesta le sue azioni passate, vittima (in un certo senso) del suo Paese e di sé stesso.

Cirk offre a William una possibilità di redenzione, fase molto cara al regista, che lo porterà a intraprendere un viaggio on the road, foriero di nuovi incontri e occasioni. Il punto, però, è capire che tipo di redenzione vuole davvero il protagonista, sempre in conflitto con sé stesso e irrimediabilmente solo. Tale assenza è evocata dall’uso del fuori campo e soprattutto dallo sguardo sugli spazi vuoti che circondano William – dal cortile del motel ai corridoi del carcere, chiaro riferimento al teatro dell’orrore che è la prigione di Abu Ghraib. L’ambiente circostante è sempre cornice funzionale all’azione.
Con The card counter Paul Schrader racconta una storia sul trauma, d’amore e d’odio, su una prigione che non è tanto fisica quanto mentale.
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