
Samp – Nessun figlio è mai passato alla storia
Samp, ultima opera di Antonio Rezza e Flavia Mastrella, è un road movie che decostruisce i canoni estetici, frutto di un lavoro sul set che si trasforma in evento performativo, protratto nel tempo. Flavia Mastrella e Antonio Rezza vivono e creano il teatro in ogni sua forma da più di trent’anni, ma in Samp sopravvive comunque un approccio al mezzo puntuale e specifico, che non appiattisce il teatro in cinema e non fa del cinema un teatro filmato.
Quello di Samp è un viaggio che parte a inizio millennio per approdare nel 2020 alla 77° Mostra del Cinema di Venezia, dove è stato presentato ufficialmente alla 17° Edizione delle Giornate degli Autori. Le riprese sono iniziate quasi vent’anni fa in Salento, un’ambientazione totale che diventa parte integrante dell’opera, influenzando e fondendosi con la narrazione.

Samp è un uomo con turbe psicologiche, un flaneur nevrastenico e scisso, votato alla faida e alla lotta. «Ho preferito l’origine»: così motiva la scelta di uccidere la madre, in apertura del film, delitto supremo che ne inaugura tutta una serie. A commissionargli le restanti uccisioni è un misterioso direttivo, unico contesto di uomini confondibili nelle folle odierne, incravattati e coi gomiti appoggiati su possenti scrivanie in legno, ammiccano e scherzano con l’immaginario cinematografico ma sono – a differenza di Samp – uomini comuni, che definiremmo qualunque, oppure per bene.
Samp è il sicario di quelle tradizioni di cui sembriamo schiavi silenti, ma anche placidi rivenditori in pacchetto, esaltatori ipocriti, incuranti di quello sradicamento necessario alla vita che nel protagonista sembra un atto politico, rabbioso. Le sue vittime sono persone innocenti – e in qualche misura indifferenti alla morte -, apparenti a un tipo di vita ormai periferico, contadino e umile, ancorato alla società pre-industriale. Sono quindi colpevoli, più che di fermarlo, di conservare un tempo, di custodirlo. In questo senso, Samp personaggio e Samp film sono paradossalmente condannati a combaciare con il tempo stesso: sempre più veloci, evasivi, centrifughi, nervosi, ingrati, non lasciano spazio a ripensamenti, si innamorano di donne sconosciute per poi dimenticarsene.

Il protagonista agogna in modo immediato e totale, passando da un desiderio all’altro, di ossessione in ossessione: un tipo di volatilità che è anche motoria e vocale, grazie all’impareggiabile tecnica di Rezza, al suo modulare la voce per farla pasta dell’immaginario e poi spezzarla, decostruirla, trasformarla in verso ora animalesco ora cartoonesco.
In una società schifata dall’originarietà e quindi impossibilitata ad ogni originalità, Samp è un vettore impazzito e imprevedibile, che fa della sua missione una ragione di vita, una professione e insieme un pretesto narcisistico. Come tutta l’opera teatrale di RezzaMastrella, Samp è un personaggio egoticamente solo, recalcitrante e che cammina in bilico tra il delirio e la più lucida delle critiche sociali e politiche verso la collettività.
Samp è figlio del suo tempo, un figlio rifiutante e contrario che si pensa sciolto e fuggitivo ma sembra ripercorrere sempre gli stessi luoghi, senza ricordarsene. I personaggi che incontra in questo scenario labirintico, tutti portatori di una solitudine senza passato, veri e propri object trouvè viventi, sono occasioni di contatto nervoso, di connessione mancata, viandanti allucinati e scomposti, esilaranti e inquietanti allo stesso tempo. Ma sono anche le attestazioni di un doppio sguardo sul tempo che anima tutta l’opera, per il quale «l’esperienza è merda» ma al contempo «nessun figlio è mai passato alla storia».

Sembrerà la musica l’unica occasione di redenzione, guarigione o almeno di pace. è anch’essa origine e passato, ma sarà al contempo ritmo, percussione incessante, la linfa motoria e vocale per la follia lucida di Samp. Irrompe sulla scena, partendo da un ritmo elementare, originario per l’appunto, per poi stratificarsi, impazzire e diventare ora ipnotica ora ingombrante. Come il suo protagonista, anche l’estetica del film è sporca e obliqua, delirante ma precisa nel suo obiettivo. Flavia Mastrella e Antonio Rezza realizzano una simbiosi tra storia e mezzo, giocano con l’immediatezza visiva, frammentata sotto i continui stacchi di montaggio. Il formato, aggiustato artigianalmente nei bordi, sembra un pertugio voyeuristico ma anche un occhio iper-stimolato, dalla luminosità alienante e pervasiva come dagli eventi assurdi che accadono sulla scena.
Le riprese conservano quella sensazione di casualità e di apertura alle ramificazioni espressive trasmesse dal territorio salentino, nel qui e ora del set. Sono dipanate nel corso di vent’anni di attività, rimangono fluide nel suo concatenarsi e nascondono gli stacchi temporali senza celare l’invecchiamento dei personaggi. È anche in questo senso che in Samp, l’unico tempo possibile è quello di un presente tirannico, che vende per futuro l’assenza del ricordo.

La società antiquaria in cui è ambientato il film deve morire in quanto custode del passato: anziane, bambini e uomini passeggianti – comparse trovate sul posto, catturate in tutta la loro esilarante immediatezza – divengono nemici pubblici, pericoli per la società tutta: un ribaltamento di senso che usa il riso per identificare una devianza mediale sempre più pervasiva, abituata alla semplificazione, all’individuazione di un capro espiatorio, già trattata in Milano, Via Padova (2013).
È un discorso che Antonio Rezza e Flavia Mastrella portano avanti da anni, in anticipo sul tempo, come solo gli artisti totali sanno fare, individuando una criticità destinata a diventare drammatica istituzionalità. L’inflazione dell’immagine di noi stessi, la differenza tra noi e la nostra identità, l’ideale di noi stessi e l’ideale di ciò che ci imponiamo di amare, l’ipnosi mediale, sono temi che in Samp, seppur accennati, si solidificano man mano si avanza con la visione di questo girovagare delirante.
Samp è un’opera che più che ibridare più forme artistiche, fa tesoro della poliedricità e della raffinatezza di pensiero dei due artisti che la animano. Samp è un road movie d’avanguardia che usa l’animalesco e il caricaturale per parlare dell’umano, delle sue devianze, con una comicità innocente ma senza scrupoli, tenera e spietata nello stesso momento. RezzaMastrella, attestano come, chi fa arte, possa essere in simbiosi con i mezzi più diversi, quando ha qualcosa da dire o un tempo da cui dissentire.
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