
“His House” di Remi Weekes – Il vero horror è intorno a noi
Bol (Sope Dirisu) e Rial (Wunmi Mosaku) sono scappati dalle guerre civili del sud del Sudan, affrontando una terribile traversata del Mediterraneo durante la quale ha perso la vita la giovane figlia, Nyagak. Arrivata in Inghilterra la coppia spera finalmente di poter iniziare una nuova vita nell’abitazione che è stata loro assegnata, ma inquietanti presenze infestano la casa e non sembrano avere nessuna intenzione di lasciarli in pace… Questa è la trama di His House, nuovo film horror approdato sulla piattaforma Netflix in tempo per la notte di Halloween. Apparso in anteprima al Sundance Film Festival nella sezione “Midnight”, il film è l’esordio cinematografico del regista e sceneggiatore britannico Remi Weekes, chefirma il suo primo lungometraggio per New Regency e BBC Films.

His House è sicuramente un horror non convenzionale, con una trama che si presterebbe maggiormente ad un film drammatico piuttosto che a uno dell’orrore. Ed è proprio questo l’aspetto più interessante della pellicola di Remi Weekes, che sceglie di utilizzare il genere horror in una delle sue forme più tradizionali, quella della haunted house, per raccontare il dramma dei rifugiati costretti a fuggire dal paese di origine e a cercare riparo in Europa, tematica più attuale che mai. His House si configura come una vera e propria operazione di rinnovamento del genere, dove al posto dei bianchissimi protagonisti cui siamo solitamente abituati, troviamo inaspettatamente due profughi africani e dove il genere horror assume una forte valenza politica e sociale.
Queste premesse non possono che far pensare ai film di Jordan Peele, Scappa – Get Out e Us, in cui, attraverso il genere horror, si svelano le ipocrisie della società americana, da un razzismo mai sopito allo scontro di classe. In questo caso non è tanto il razzismo ad essere al centro della pellicola – interessante in ogni caso che nel film l’unico episodio esplicito di razzismo sia ad opera di ragazzini neri ed inglesi – quanto la nostra responsabilità nei confronti delle migliaia di rifugiati che ogni hanno si riversano sulle nostre coste o perdono la vita in mare, e che con troppa facilità fingiamo di non vedere.

Così le spaventose scene dei fantasmi che perseguitano i due protagonisti si alternano a visioni altrettanto terrificanti della guerra in Sudan e della traversata sui barconi, suggerendo in maniera esplicita una lettura tutta psicologica di questo horror. Le presenze che abitano la casa sono figure appartenenti alla tradizione Dinka, che non fanno altro che rendere manifesto ed esacerbare il conflitto interiore che stanno vivendo Bol e Rial, divisi tra l’attaccamento alle proprie origini e alla propria identità culturale da una parte, e lo spasmodico desiderio di essere accettati nel nuovo paese, di essere “the good ones”, come viene loro più volte raccomandato.
La coppia non è solamente costretta a fare i conti con le proprie radici africane, ma è soprattutto il trauma vissuto e una colpa segreta che i due devono riuscire ad affrontare per poter cominciare un nuovo capitolo della loro vita. Per poter andare avanti è necessario fare pace con il passato e accettare che i suoi fantasmi ci seguiranno dovunque andremo – sembra suggerire il regista – e i mostri del suo film non sono altro, in fondo, che la rappresentazione di un prepotente e a tratti terrificante ritorno del rimosso, un efficace avvertimento al pubblico di non dimenticare che quelli di Rial e Bol sono anche i nostri fantasmi e che una qualche colpa l’abbiamo pure noi.

Al di là del suo soggetto, His House rientra pienamente nella grammatica classica del genere horror, ponendo al proprio centro un set fortemente suggestivo, una casa decadente, vera protagonista della pellicola, piena di buchi e anfratti bui in cui si annidano figure spaventose, pronte a saltare fuori quando meno ce lo si aspetta. Gran parte dell’atmosfera inquietante e della suspense che Remi Weekes riesce a costruire nel corso del film è basata sul sapiente utilizzo del contrasto tra il buio e la luce e su un sound design molto curato e a tratti veramente terrificante.
Già cimentatosi nel racconto dell’orrore con il cortometraggio Tickle Monster (2016), episodio della serie Fright Bites commissionata da Channel4 Television, il regista dà prova di una buona padronanza del genere, adottando uno stile registico preciso e pulito e dirigendo in maniera convincente i due attori protagonisti. His House è un prodotto piacevole da vedere e spaventoso quanto basta, pur pagando comunque lo scotto di avere un soggetto non sufficientemente sviluppato né approfondito e di essere eccessivamente esplicito nei suoi molteplici livelli di lettura.
Dal 2015 Birdmen Magazine raccoglie le voci di cento giovani da tutta Italia: una rivista indipendente no profit – testata giornalistica registrata – votata al cinema, alle serie e al teatro (e a tutte le declinazioni dell’audiovisivo). Oltre alle edizioni cartacee annuali, cura progetti e collaborazioni con festival e istituzioni. Birdmen Magazine ha una redazione diffusa: le sedi principali sono a Pavia e Bologna
Aiutaci a sostenere il progetto e ottieni i contenuti Birdmen Premium. Associati a Birdmen Magazine – APS, l‘associazione della rivista
[…] giustamente la critica ha notato, His House è un film che pone l’attenzione sulla questione migratoria e sul problema, […]