
Ozark – La famiglia e il mondo. Il celato e il visibile | Terza Stagione
In pieno lockdown, alla fine del mese di marzo, Netflix ha rilasciato la terza stagione di Ozark. La serie statunitense racconta le vicende di Martin Byrde, consulente finanziario che si occupa di riciclaggio di denaro per il cartello di Omar Navarro, uno dei più potenti e spietati narcotrafficanti di tutto il Messico. Avevamo lasciato, [spoiler seconda stagione] al termine della seconda stagione, la famiglia Byrde con una foto ricordo scattata al termine dell’inaugurazione del nuovo casinò sul lago, il Missouri Bell, vero fiore all’occhiello del piano di Marty e Wendy per rendere più semplici e rapide le operazioni di riciclaggio di grandi somme di denaro.
Sin dal principio, senza grandi sforzi cognitivi, la serie è stata accostata a più riprese a Breaking Bad, pietra angolare e totem di riferimento di molti dei prodotti seriali contemporanei, per via del fatto che si propone di raccontare le vicende di un uomo insospettabile dedito segretamente al crimine, ma pare ora aver raggiunto una sua piena autonomia. Se infatti, assistendo alla prima stagione (qui la nostra recensione) – il discorso vale in buona parte anche per la seconda – i riferimenti della serie nata dalla penna di Bill Dubuque e Mark Williams erano fin troppo evidenti (il già citato Breaking Bad, ma anche House of Cards per il lavoro di contrappunto narrativo tra i membri di una coppia che si propongono una scalata al potere o la sua amministrazione, e per diversi aspetti ovviamente il filone Narcos e Narcos Messico, in una sorta di racconto speculare dell’aldiqua del confine) e finivano col disvelare in modo eccessivo l’ingranaggio e la sostanza derivativa dell’operazione, con questa terza stagione Ozark si smarca ulteriormente dalle proprie fonti di ispirazione.
Il tema che appare più interessante agli occhi di chi scrive, cui ruota intorno buona parte del materiale narrativo approntato dagli sceneggiatori, è sicuramente quello del dualismo famiglia/mondo, che si specchia e si rispecchia in quello celato/visibile. A conferma di ciò, gli eventi della serie tendono a coagularsi sempre più nei pressi della residenza dei Byrde sul lago degli Ozarks. La casa, elemento centrale già dalla prima stagione (sanciva il passaggio alla nuova vita della famiglia di Marty, una volta lasciata la metropoli di Chicago, e regalava ai protagonisti Buddy, un prezioso e inaspettato aiutante), in questa terza stagione acquisisce un peso ancor maggiore – non a caso al simbolico addio di Wendy alla vecchia abitazione di Chicago è dedicato un importante scampolo della prima puntata e il titolo della sesta è proprio Su Casa Es Mi Casa. Le ampie finestre della casa sul lago rendono pienamente visibili gran parte degli interni in cui Marty, Wendy, Charlotte e Jonah si spostano, dialogano ed agiscono. La loro vita privata, in quanto ricchi cittadini, investitori di grandi somme di denaro ed esposti politicamente, dev’essere sotto gli occhi di tutti, alla luce del flebile sole delle umide zone lacustri del Missouri.
La casa della famiglia Byrde, che sembra quasi disegnata da Frank Lloyd Wright, strilla ‘trasparenza’ e accostandoci dall’esterno a una qualsiasi delle ampie finestre di cui è dotata, come spesso fa la macchina da presa, abbiamo la possibilità di scorgere quello che a tutti gli effetti appare il fin troppo stereotipato ritratto della perfetta famiglia della high-middle class americana, riunita per la colazione intorno ad una tavola imbandita. Quella che, senza la possibilità di sentirne i dialoghi, potrebbe sembrare una normale chiacchierata tra i membri della famiglia, è invece molto spesso un acceso dibattito in cui si parla apertamente di morte, evasione fiscale, droga e opportunismo politico. Charlotte e Jonah infatti, sin dalla prima stagione, sono a conoscenza dell’occupazione dei propri genitori ed è stata proprio Wendy a dirglielo, per ripicca nei confronti del marito.
Se in Breaking Bad il dualismo celato/visibile era tutto giocato sul piano del familiare, con Walter White che per buona parte della serie si produceva in ogni tipo di possibile acrobazia per non rivelare a moglie, figlio e cognato agente della DEA il suo nuovo ed elettrizzante lavoro, in Ozark questo dualismo è tutto spostato all’esterno e giocato sul piano dell’opposizione famiglia/mondo.
La principale divergenza di vedute all’interno della famiglia è inoltre, in questa terza stagione, proprio incentrata su questo punto [spoiler]: Marty vuole scappare e scomparire, nascondersi in Australia per salvare sé stesso e i suoi cari, come era stato stabilito di comune accordo tra i due coniugi sin dal principio, nel momento in cui le attività di riciclaggio fossero diventate rodate ed autonome; Wendy, invece, ritiene che la migliore soluzione a tutela della famiglia sia l’assoluta e totale visibilità: il peso economico e politico sulla cittadina del Missouri e l’ascendente nei confronti del cartello grazie alla legittimità sociale raggiunta. A spuntarla alla fine è [spoiler] il piano della moglie di Marty, anche se le cose per i Byrde si complicano, e non poco, complice la comparsa di Ben Davis, fratello di Wendy – non avevamo avuto alcuna notizia relativa al personaggio fino a questo momento – che è affetto da una grave forma di bipolarismo e che per buona parte della terza stagione vive (ma guarda un po’!) nello scantinato della casa.
Prima un casinò, poi due, poi una fondazione benefica ed ecco dei cittadini modello, che per esserlo a livello pubblico, nel mondo del visibile e del visto, commettono quasi qualsiasi tipo di crimine nei luoghi nascosti, celati, negli scantinati e nei seminterrati, in Messico o nelle periferie popolate dai redneck. È ciò che siamo quando siamo visti a determinarci come brave persone o come buoni cittadini? È la possibilità economica di aprire e finanziare una fondazione benefica? Dopo tutto quello che abbiamo fatto, saremo ancora in grado di osservare la nostra immagine riflessa e assecondare questa messa in scena del visibile, o alla prima occasione spareremo alla finestra per sfondare quel vetro di menzogne? Jonah la sua risposta per ora l’ha trovata e — in un finale di stagione che si produce in una sorta di riproposizione circolare ed opposta a quello della prima — sembra differente da quella di mamma e papà. Per scoprire se è veramente così, non ci resta che attendere l’uscita della già annunciata quarta ed ultima stagione della serie.
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[…] Abbiamo già visto come a livello tematico in Ozark siano importanti le giustapposizioni tra mondo e…. Il contrappunto tematico tra queste due doppie opposizioni torna anche in questa ultima stagione (si parla spesso di finestre: oscurate, termocromiche, più grandi, più spesse). Viene aggiunto però dal team di sceneggiatori un ulteriore elemento di riflessione, intimamente connesso ancora una volta agli spazi e ai luoghi. Che tipo di rapporto c’è tra un luogo e il ruolo che noi come esseri umani lì assumiamo? A casa, sei il piccolo Jonah, figlio minore, da proteggere e da controllare. Nella camera di un trasandato motel di periferia sei invece un quattordicenne geniale, abilissimo nel riciclaggio del denaro attraverso piattaforme offshore. […]