
Caryl Churchill | Quando il teatro è donna, evergreen, universale
di SIlvia Mazzei e Giuseppe Chiavaroli
Tracce biografiche
Al Teatro Out Off, poco prima del debutto di Sleepless. Tre notti insonni del 14 gennaio 2020, si è tenuta una tavola rotonda sull’autrice Caryl Churchill, drammaturga britannica riconosciuta tra le più celebri scrittrici contemporanee. Sono intervenuti Paola Bono (traduttrice dei testi di Churchill), Marco Ghelardi (drammaturgo e regista), Serena Guarracino (docente di letteratura inglese all’Università dell’Aquila), Lorenzo Loris (regista di Sleepless. Tre notti insonni) e Ira Rubini (docente e autrice televisiva e teatrale).
Nata nel 1938 a Londra da un’abbiente famiglia inglese, all’età di dieci anni emigra con i genitori in Canada. Ritornata nel Regno Unito per frequentare il college femminile di Lady Margaret Hall a Oxford, scopre la sua passione per la scrittura teatrale; le sue prime opere vennero, in effetti, messe in scena da compagnie amatoriali di studenti universitari, riscuotendo un discreto successo.
Sposatasi giovanissima – poco più che ventenne, ed ancora moglie – con un avvocato da cui ha avuto tre figli, nonostante la propria situazione sociale apparentemente privilegiata l’autrice londinese ha potuto provare sulla sua pelle dei meccanismi di esclusione sociale, soprattutto in ambito lavorativo. L’essere una giovane madre a tempo pieno infatti non le permise di agevolare le proprie ambizioni professionali: il rimedio individuato nella scrittura di brevi radiodrammi per la BBC permise ad una giovane Churchill di assecondare tale pulsione artistica.
Il ritorno al teatro era solo rimandato, ma non abbandonato: negli anni ’70, cresciuti i figli, torna a lavorare – che per Churchill significa essere fisicamente “presente” al lavoro teatrale – con la produzione londinese Owners (1972), che evidenziava l’ossessione umana per il potere. Il lavoro, costituito di due atti e quattordici scene, destò l’interesse della critica e le consentì di divenire drammaturga stabile al London’s Royal Court Theatre; si trattò di una brevissima parentesi (1974-1975), che le consentì, tuttavia, di entrare in contatto con autori quali David Hare (The Great Exhibition [1972], Knuckle [1974] e molti altri) o compagnie teatrali (Max Stafford: Clark’s Joint Stock Company). Lo scambio reciproco di influenze si fece ben presto profondo, soprattutto con la compagnia femminista Monstruos Regiment, di cui l’autrice aveva incontrato l’organizzatrice ad una manifestazione a favore dell’aborto. Per loro scrive Gatto Vinagro (1976), un testo esemplificativo della sua poetica. Opere dello stesso genere continuarono ad essere rappresentate negli anni successivi; in particolare Cloud 9 (1979) e Top Girls (1982) si focalizzavano sul ruolo della donna in un umanità dominata dal sesso maschile. Due Obie Award e successo internazionale dovuti anche al suo metodo di lavoro: approccio laboratoriale con attori, drammaturghi e registi, come in occasione della caduta della dittatura di Ceaușescu in Romania: nel 1989 si recò infatti nel paese con un regista e un gruppo di studenti d’arte drammatica, dando vita ad un testo sulla caduta del dittatore.
A partire dagli Anni Novanta, la produzione si spostò verso nuovi interessi: musica e danza in Hotel (1997), identità nel mondo contemporaneo in A number (2002) per arrivare alla più recente riflessione tutta al femminile sull’Apocalisse in Escaped Alone (2016).
Una carriera quarantennale dominata da una fantasia sempre intrecciata a doppio filo con la politica del suo tempo, in un rapporto intimo con le tematiche trattate.
Tracce di poetica e il caso Three more Sleepless Nights
Quando era molto giovane, Churchill scrisse un breve testo su cosa il teatro significasse per lei, dal titolo Non normale non rassicurante, titolo che da solo basterebbe a descrivere tutto il teatro dell’autrice. Si potrebbe paradossalmente affermare che l’autrice ami profondamente il teatro, e che questo amore si manifesti nella volontà di distruggerlo dall’interno.
Non sorprende quindi che i suoi lavori siano caratterizzati da una drammaturgia con una fabula nient’affatto chiara, ma piuttosto privilegino una narrazione frammentata e surrealistica: sono frequenti tecniche, accorgimenti, e sensibilità tali da scardinare la storia dalla narrazione tradizionale. A ripova di ciò. l’autrice spesso elide l’inizio e la fine di una storia, concentrandosi sul processo in atto dello svolgimento: oltre ad essere un atto di trasformazione del teatro in non normale e non rassicurante, tale scelta può essere anche il modo di chiamare in causa gli spettatori, affinché siano loro a dare senso a ciò che ascoltano e vedono.
Questo sollecito non è solo un trucco drammaturgico per “svegliare” il pubblico abituato a fruire passivamente dello spettacolo, ma anche uno strumento politico – se non etico – in un mondo gerarchico di disequilibri dove il dominio si esprime in molteplici modi. I testi di Churchill sono infatti una richiesta di mettersi in gioco intellettualmente e politicamente, per prendere coscienza di ciò che accade nel mondo che ci circonda, trovando un riscontro nelle nostre esistenze, toccando temi caldi, vivi e urgenti senza mai farne un vessillo, evitando la facile retorica dello schieramento. L’autrice è vera e diretta nell’approccio politico, anche quando i testi sono schermati da allegorie o quando ci vengono proposti con le vesti del passato, come in Gatto Vinagro, ambientato nel XVII secolo inglese durante la caccia alle streghe, eppure così attuale: Alice per esempio, sprezzante nei confronti del potere costituito dell’Inghilterra del Seicento, è allo stesso tempo incarnazione delle aperte rivendicazioni di genere degli anni Settanta contro i valori tradizionali.
L’autrice, anche quando i propri testi non parlano esplicitamente di politica, rivolge sempre un’attenzione particolare alle dinamiche di potere del mondo: le situazioni di piccola difficoltà individuale entrano in relazione con più ampi meccanismi di ingiustizia sociale: è n questa prospettiva può essere letta la sua continua sperimentazione con una continua e straordinaria reinvenzione della scrittura teatrale. Effettivamente, i suoi testi sono sempre diversi tra loro, e mai accostabili, ma tutti ugualmente percorsi da temi ricorsivi molto forti: il femminismo e le politiche sessuali, l’abuso di potere e il colonialismo. Molto presenti anche gli ideali socialisti, le critiche profonde all’etica capitalista, l’aggressività dei rapporti sociali, la necessità di ottenere riconoscimento dalla società. Tra i tanti temi la Churchill ha anche affrontato, in maniera avanguardistica, il discorso ecologico, che ricorre dal ‘71 in maniera regolare nei suoi testi.
Soprannominata “the mother of re-invention“, avendo fatto della ripetizione di ciò che esiste già un cardine della sua produzione, la drammaturga inglese è riuscita sempre nell’intento di creare al tempo stesso qualcosa di nuovo, tramite aggiunte e cambiamenti piccolissimi. La ripetizione è rassicurante, ha una funzione psicologicamente taumaturgica, di elaborazione del dolore, spingendo i suoi personaggi verso il cambiamento.
A partire dalla fine degli anni Settanta, la drammaturga inglese iniziò ad avere un grandissimo successo (Settimo cielo [1979], Top girls [1982]. Fra questi testi, dominati da toni antinaturalistici e da una fantasia brulicante, troviamo Three more Sleepless nights, un trittico opposto di quadri di profonda quotidianità. L’attualità della scrittura di Caryl Churchill è riscontrabile in questo testo: sebbene sia stato scritto nel 1980 infatti, l’analisi delle contiguità del maschile e del femminile attraverso le dinamiche di coppia è sorprendentemente attuale. Il testo ci invita voyeuristicamente nelle camere da letto delle tre coppie, dando vita ad una riflessione dolceamara e sarcastica sulla coazione a ripetere nei rapporti sentimentali, nonostante le differenze di estrazione sociale. il messaggio predominante sembrerebbe voler evidenziare quanto non basti pensare di essere cambiati per cambiare davvero. L’efficacia del testo risiede anche nell’utilizzo, per la prima volta, di una tecnica che poi diventerà la norma nelle piecè dell’autrice: la sovrapposizione delle voci. In tal modo, il passaggio di parola ordinato tra i personaggi viene distrutto, e le battute si susseguono in modo incomprensibile.
Al Teatro Out Off sarà in scena fino al 9 febbraio proprio questa pièce essenziale, avvicinata però al nostro presente: «I riferimenti di luogo legati alla Londra degli anni Ottanta non erano così determinanti, ma trasferibili. Abbiamo reso il testo ancor più vicino alla nostra realtà operando pochi cambiamenti sulla traduzione di Paola Bono. Ad esempio abbiamo sostituito “pub” con “bar”, “Londra” con “questa grande città”»: così è intervenuto Lorenzo Loris, il regista di Sleepless. Tre notti insonni, durante la tavola rotonda. Ciò che vediamo in scena sono le promesse mancate dei moti del ’68, dei movimenti di emancipazione degli anni Settanta. Le lotte di quegli anni portarono ad ottenere le leggi su aborto e divorzio, che cambiarono profondamente il modo di relazionarsi dal punto di vista affettivo e i valori legati alla famiglia. Ma di quelle promesse di libertà, felicità e potenzialità dell’essere cosa rimane?
Probabilmente un affresco multiforme della figura femminile: tutte le donne tratteggiate dalla penna dell’autrice inglese, vivono la difficoltà di uscire da una serie di schemi precostituiti che indicano come vivere i rapporti di coppia, così come il dramma di dover rispondere a delle aspettative sociali: esse devono rispondere alle sfide di una società sempre più neoliberista, ma anche prendersi cura dei mariti, figli e della casa. La mancanza di indipendenza economica crea dipendenza affettiva, corrompendo e deteriorando le relazioni. La coppia diventa così rifugio, ma anche prigione, orrore, menzogna, male. Un affresco che è anche e soprattutto protesta.
Infine, un’ultima idea pioneristica presente già in questo lavoro del 1980 è la libertà totale per attori e registi di muoversi sul testo, che deve essere rispettato nella sua forma, ma può essere liberamente interpretato, simbolizzato. L’estrema libertà che Churchill sembra offrire a chi decide di mettere in scena i suoi testi può risultare quasi disorientante per mancanza di paletti, come afferma il regista Lorenzo Loris, che in Sleepless. Tre notti insonni ha deciso di far interpretare le due controparti (quella femminile e quella maschile) ai soli Elena Callegari e Mario Sala.
«Un autore diventa grande quando i suoi testi, anche i più lontani, sono sempre e comunque attuali». Con queste parole Loris ha concluso il suo intervento, e non ci resta che aggiungere che forse Churchill è addirittura più che contemporanea, proiettandosi sempre un passo avanti a noi e divenendo, così, universale.
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