
Kenneth Branagh – L’arte di cui sono fatti i sogni
Certi amori fanno giri immensi e poi ritornano. Altri, invece, rimangono lì, compagni fedeli di avventure, e porti sicuri a cui affidare le proprie frustrazioni e timori. Le pagine di William Shakespeare sono per Kenneth Branagh un fuoco che arde e le cui fiamme continuano a bruciare più intense che mai. Un legame stipulato in tenera età quando sedicenne, Branagh racconta di essere andato a Stratford-upon-Avon; poggiava con ammirato sguardo la propria attenzione su ogni minimo utensile o mobile toccato da Shakespeare. Si avvicinava con devozione a questi oggetti così ordinari cercando di carpire il tocco del genio, i segreti lì nascosti dal suo passaggio.
Tra le pagine del Bardo, Branagh ritrova linfa vitale per la propria opera, fonte inesauribile di ispirazione e temi, sentimenti, personaggi, pronti a concretizzarsi in corpi tangibili attraverso l’accensione della sua cinepresa, o l’apertura di un sipario teatrale. Perfino quando il materiale narrativo diverge dall’universo di William Shakespeare, Branagh riesce a infondere nell’ambiente un alito di vita di rimembranze shakespeariane. È così per Thor, primo capitolo dedicato al Dio del tuono di casa Marvel che tra le mani di Branagh si tramuta in una revisione del mito norreno in chiave cinecomic, sostenuto al contempo dalla forza mefistofelica del Riccardo III di William Shakespeare.
“CHE COSA STATE LEGGENDO, MIO SIGNORE?” – “PAROLE, PAROLE, PAROLE”
Non c’è spettro della cultura pop contemporanea in cui il nome di Kenneth Branagh non abbia lasciato un’impronta indelebile. Da saghe fantastiche come quella di Harry Potter, a ritratti storici di matrice drammatica (Operazione Valchiria) fino a commedie tipicamente british (I love Radio Rock) agli universi stranianti di Christopher Nolan (Dunkirk e il prossimo Tenet) il volto di questo attore, per quanto ordinario e lontano dai canoni di bellezza imposti a Hollywood, ha accompagnato il proprio pubblico tra pagine di storia intrise di sangue e incantesimi magici.
La sua produzione è una galleria di pietre miliari della letteratura mondiale e cult cinematografici da aggiornare secondo i dettami della cultura contemporanea (con risultati non sempre eccellenti, come Sleuth – Gli insospettabili); una finestra aperta su mille mondi possibili da interiorizzare e far propri attraverso delicate indagini volte a raggiungere il cuore pulsante dell’opera letteraria trattata. Come un chirurgo disseziona ogni pagina, le unisce insieme seguendo le loro forme originali. Spinto da un interesse filologico, porta in vita le parole lì raccolte trasfigurandole in oggetti da ammirare e conoscere sotto nuove vesti. Uguali, ma diversi, i suoi adattamenti sono infusi di vita propria, riportando nei dettagli e nelle piccole cose, la firma autoriale del loro nuovo autore cinematografico.
Frankenstein di Mary Shelley, Assassinio sull’Orient Express, Cenerentola (perfetta commistione di live-action e riduzione cinematografica dell’opera di Charles Perrault) e l’atteso Artemis Fowl (trasposizione cinematografica dei primi due libri dell’omonima saga creata dall’irlandese Eoin Colfer attesa sul grande schermo per il 2020) sono abiti che calzano a pennello sulla figura di Branagh, ora provati e restituiti come nuovi allo spettatore che individua nelle storie narrate frammenti di ricordi di nomi e luoghi conosciuti, riletti con occhi diversi. La produzione di Branagh imprime nello spazio mentale dello spettatore tracce mnemoniche di visioni e letture passate, capaci di incidere più in profondità nel loro immaginario, riservandosi un posto del tutto nuovo e confortevole all’interno del loro bagaglio filmico e teatrale. Ma tra flop e successi, far west scanzonati e set patinati nelle vesti di Laurence Olivier (Marylin) non c’è un ambito che Branagh abbia saputo far suo meglio di quello scaturito dall’eredità shakesperiana.
TUTTO IL MONDO È TEATRO (O CINEMA, DI E CON KENNETH BRANAGH)
È solido e in costante evoluzione il legame che unisce Kenneth Branagh alle opere di William Shakespeare. Sono trascorsi trentun anni da quando l’attore, regista e sceneggiatore nordirlandese, allievo di Laurence Olivier (di cui è da molti considerato come il legittimo erede) ha conquistato il plauso di pubblico e critica (nonché le candidature all’Oscar come miglior regista e miglior attore protagonista) per il suo adattamento di Enrico V.
Nasce da lì, dunque, la carriera di Kenneth Branagh, da questo historical-play nel cui incipit, intriso di metateatralità, si chiede allo spettatore di sopperire alle mancanze realizzative dovute allo spazio ridotto di un teatro. Un abbraccio di storicità e immaginazione, la stessa che caratterizzerà tutta la carriera di un regista e interprete volto a ricercare l’essenza delle cose, la sua matrice esatta, senza per questo risparmiarsi sul lato estetico e autoriale. Da quell’Enrico V inizia per Branagh una danza sinuosa eseguita con eleganza con due diverse partner fedeli (a cui se ne aggiungerà una terza – la televisione – con serie del calibro de Il Commissario Wallander, o TV-film come To the Lighthouse): il cinema e il teatro. E con ognuna di esse, a dare il giusto ritmo ai passi sul palcoscenico, e agli sguardi che si aprono in camera, ci sarà sempre lui, William Shakespeare.
BRANAGH E SHAKESPEARE
Da allora, tra televisione, teatro e cinema, la produzione di Shakespeare ha continuato a rappresentare una materia di ispirazione e di ricerca per Branagh. Una ricerca cui ama dare il cambio, alternando il proprio sguardo dietro alla macchina da presa a quello di altri registi. Così è stato per Othello (regia di Oliver Parker) in cui Branagh si cimenta con impeccabile devozione nel ruolo di Iago, o al docu-film di Al Pacino Riccardo III, un uomo, un re, in cui l’attore irlandese compare come se stesso, dando voce a interessanti interventi circa le difficoltà di mettere in scena un’opera shakespeariana.
Sono quattro al momento i titoli che, nella filmografia da regista di Kenneth Branagh, traggono la propria ispirazione da drammi shakespeariani: oltre al già citato Enrico V, abbiamo Molto rumore per nulla (1993), Hamlet (1996, talmente fedele al testo di partenza da durare ben 4 ore) e Pene d’amor perdute (2000). 20 invece le rappresentazioni teatrali che dal 1983 legano il nome di Branagh in qualità di attore e/o regista a quello di Shakespeare (tra cui gli ottimi A winter’s tale con Judi Dench, e Romeo e Giulietta con protagonisti Richard Madden e Lily James, già diretti da Branagh in Cenerentola). Una sequela di omaggi continui realizzati con devoto rispetto là, nel tempio del teatro dove è tutto ha tratto origine, e che vanno a culminare in quella rappresentazione carnale, fatta di uomo e ambizione, sangue e terra che è il Macbeth del 2014 portato in scena al Manchester International Festival e distribuito dal National Theatre Live in tutti i più importanti cinema del mondo.
Gli sputi che bagnano il palco di Manchester sono sospinti da quella carica emozionale che arde in Branagh, lo manovra come un abile burattinaio mescolando passione e devozione verso testi sacri da maneggiare con cura. Che sia impegnato su un set cinematografico, o protetto dalle mura di un teatro, in ogni opera di shakespeariana memoria Branagh recupera quello sguardo carico di pathos ed empatica comprensione catturato forse da John Taylor nel ritratto del Bardo esposto alla National Portrait Gallery di Londra. Un po’ come la Gioconda di Leonardo da Vinci, quegli occhi non smettono di fissarti; ti seguono immergendosi nel buio della tua anima, per poi risalire con segreti, passioni, desideri immortali e universali attraverso cui superare i confini del tempo e dello spazio una volta tramutatesi in battute teatrali. Quell’essenza umana, è la stessa che Branagh tenta di riportare in vita, affidandola alle assi di un palcoscenico teatrale, o all’obiettivo di una macchina da presa.
ALL IS TRUE E IL RITORNO A “CASA SHAKESPEARE”
La più recente manifestazione di questa affinità elettiva e legame profondo con la produzione di William Shakespeare è il poco conosciuto All Is True, pellicola del 2018 in cui l’attore veste i panni del Bardo negli ultimi anni della sua vita, a partire dal rovinoso incendio che nel 1613, nel corso della rappresentazione dell’Enrico VIII, distrusse il Globe Theatre. Del ritorno in famiglia in seguito a questo evento, nella stessa Stratford-upon-Avon che gli diede i natali, le cronache storiche non forniscono molti dettagli, ma così come richiesto dall’incipit dell’Enrico V, dove non arriva l’arte rappresentativa, ci pensa la fantasia dell’uomo a colmare le eventuali lacune.
Quintessenza dell’ammirazione per il bardo, All is true va oltre la trasposizione cinematografica di opere teatrali. Quella realizzata da Branagh è un omaggio a quella vita, a quello sguardo di William Shakespeare capace di sorprendere e sorprendersi, e ora deciso a volgere le proprie attenzioni al nucleo domestico. Attraverso studi e ricerche di archivio, Branagh scrive con l’inchiostro della propria macchina da presa una nuova e inedita pagina della storia di Shakespeare. Se veritiera o meno questo non è dato saperlo, ma nel buio della sala, così come illuminato dalla luce della ribalta, tutto, solo perché reso visibile, diventa vero.
Dal 2015 Birdmen Magazine raccoglie le voci di cento giovani da tutta Italia: una rivista indipendente no profit – testata giornalistica registrata – votata al cinema, alle serie e al teatro (e a tutte le declinazioni dell’audiovisivo). Oltre alle edizioni cartacee annuali, cura progetti e collaborazioni con festival e istituzioni. Birdmen Magazine ha una redazione diffusa: le sedi principali sono a Pavia e Bologna
Aiutaci a sostenere il progetto e ottieni i contenuti Birdmen Premium. Associati a Birdmen Magazine – APS, l‘associazione della rivista
[…] In questa sede parliamo della seconda trasposizione cinematografica della pièce, uscita in Italia nel 2007 col titolo di Sleuth – Gli insospettabili, interpretata da Jude Law e Michael Caine – che affronta il testo per la seconda volta, dopo aver ricoperto il ruolo da giovane nella prima trasposizione del 1972 – e diretta da Kenneth Branagh. […]
[…] 24 febbraio scorso è nelle sale italiane Belfast, il nuovo film di Kenneth Branagh: un’opera personale e sentita, che per il suo legame strettissimo con la vita dell’autore e con […]