
La Disney spiegata come una potenza militare

Il capitalismo si sa, è un po’ aggressivo. E non si tratta di scuola politica, bensì di come il capitalismo stesso scelga di narrarsi al suo pubblico. Non a caso la rivalità tra le varie case di produzione cinematografiche è spesso paragonata da giornalisti, critici e analisti di mercato a una lotta, quando non una guerra, combattuta a suon di film e serie TV. Insomma, è una guerra là fuori e noi siamo la risorsa per la quale si combatte. Non fate l’errore di credervi spettatori passivi di un mondo che non vi appartiene, questa guerra è combattuta anche e soprattutto sulle nostre scelte, sui nostri consumi e sulle nostre tasche.
Se allora dobbiamo parlare di guerra, facciamolo almeno senza mezzi termini e festeggiamo questo 118° compleanno di nonno Walt con tutto il lessico “militare” che ci occorre. Perché se è vero che tutto è iniziato con un topo, è anche vero che adesso il topo è a capo di un esercito e di un impero che proprio in questi ultimi anni – sicuramente dal 2009 in poi con l’acquisizione della Marvel – sta di nuovo consolidando il suo dominio sul mondo dell’entertainment. Il motivo di una simile intensificazione aggressiva è proprio motivata da una diversificazione del mercato tale da non lasciare altra scelta al colosso di Burbank se non adattarsi al cambiamento. Proviamo allora a spiegare la politica Disney come se si trattasse di un’offensiva militare, con tanto di esercito pronto a sfidare Netflix, Amazon e molti altri.

I canali TV ovvero la fanteria leggera
ESPN, ABC ma anche Freeform e ovviamente Disney Channel: i canali Disney sono l’equivalente della fanteria leggera di un esercito pronti a infiltrarsi in ogni casa e in ogni cavo con la loro carica di sport (ESPN), serie TV e notiziari (ABC) o contenuti per i giovani (Freeform). Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, questi canali rappresentano per Disney la fonte principale di guadagno, con un reddito stimato di 6,14 miliardi di dollari (i parchi a tema, per fare un esempio, hanno un reddito di “solo” 4,88 miliardi). È una fanteria specialmente addestrata a conseguire lauti guadagni, ad esempio si stima che ESPN nel solo 2018 abbia fatturato da sola qualcosa come il 70% dei ricavi via cavo. Insomma, così come nella guerra campale, la “fanteria leggera” Disney copre la maggior parte delle operazioni offensive e si occupa di mantenere la “pace” nei territori già conquistati.

Gli Studios ovvero la divisione corazzata
A supporto della fanteria leggera troviamo i mezzi pesanti dell’esercito Disney, gli studios cinematografici. Sebbene non siano la parte più numerosa in tutte le battaglie, di certo sono loro a trainare l’esercito in quelle più importanti e spesso fanno la differenza tra la vittoria e la sconfitta. Tra gli studios annoveriamo gli storici “Animation Studios” che ci hanno portato l’intero canone dei classici Disney, da Biancaneve all’ultimo Frozen; la Walt Disney Pictures, che oggi ci stuzzica principalmente con i remake dei classici animati, e le acquisizioni più o meno recenti, dalla Pixar (2006) alla Marvel (2009) fino alla Lucasfilm (2012), senza dimenticare il controverso acquisto della FOX conclusosi solo l’anno scorso.
L’impiego di un mezzo corazzato – un film -, spiana la strada alla fanteria leggera che si infiltra così nelle zone più inaccessibili. Una tattica che il Topo conosce molto bene, a cominciare dagli anni ’90 quando, all’uscita di un nuovo film degli Animation Studios, i cui colpi di solito roboravano per tutto il globo, seguiva poco tempo dopo un film o una serie animata, di qualità magari inferiore rispetto al film, ma non per questo insoddisfacente. Negli anni ’90 quelle divisioni di fanteria si chiamavano “Disney Toon Studios” e “Disney Television Studios” e ci hanno portato lavori più o meno degni di nota, ad esempio i sequel di classici come il Re Leone, Pocahontas e Cenerentola; o veri e propri gioielli come Zio Paperone alla ricerca della lampada perduta (1990) e In viaggio con Pippo (1995); o ancora le serie animate di Aladdin, la Sirenetta e Hercules.

Dei due studios oggigiorno solo il secondo è ancora attivo, mentre il primo ha chiuso i battenti l’anno scorso. Ad oggi dobbiamo ringraziare – o maledire, fate voi – i Television Studios se abbiamo prodotti come le serie animate di Star Wars o della Marvel, che appunto seguono il solco tracciato dai mezzi pesanti. Imponenti e spettacolari, i “carri armati Disney” sono la facciata principale delle forze armate disneyane, pronti a sfilare per le vie del mondo dell’entertaiment, forti della loro eccezionale potenza di fuoco. Tra gli studios “perduti” ricordiamo anche i defunti Touchstone Pictures che tra gli anni ’80 e ’90 ci hanno regalato capolavori come L’attimo fuggente (1989), Chi ha incastrato Roger Rabbit (1988) e Nightmare Before Christmas (1993); i Miramax Studios che dal 1993 al 2010 è stata di proprietà Disney prima che diventasse del gruppo qatariota BeIN Media, di cui per intenderci fa anche parte Al Jazeera. Questo per ricordarvi che quando guardate Pulp Fiction o Kill Bill state a tutti gli effetti “vedendo” un film Disney.

Disney Plus ovvero i droni
Netflix ha dato il via a un nuovo tipo di guerra audiovisiva o se preferite a un nuovo campo di battaglia che ha certamente dell’inedito. Ne ho accennato brevemente in un mio articolo di qualche anno fa in cui si parlava del rapporto tra Netflix e il cinema tradizionale, ma dato che oggi parliamo di guerra, ritengo si possa definire lo streaming legale la controparte dei droni. Pensateci, proprio come dei droni, i servizi streaming sono caricati e programmati di tutto punto per adattarsi a operare in territori diversi e funzionano più o meno automaticamente; esiste certamente una supervisione umana, ma giusto quanto basta per assicurarsi che il meccanismo funzioni a dovere. Persino gli algoritmi si adattano ai gusti, non solo del pubblico di massa ma addirittura del fruitore singolo. Un servizio streaming equivale, per chi lo possiede e lo gestisce, ad avere un arsenale ben collaudato e pronto per essere usato a un costo, rispetto al mercato tradizionale, più basso e avendo al contempo un pubblico esponenzialmente molto più alto.
Si comprende bene quindi quanto la Disney, con il suo nuovo servizio streaming Disney Plus (già realtà in USA e in arrivo in Italia il prossimo 31 marzo), possa sfruttare il proprio sterminato repertorio/arsenale in tutto il mondo, arrivando ad avere una copertura globale in poco tempo. Disney, Marvel, Star Wars ma anche tutti i prodotti FOX, dai film a serie come i Simpson e i Griffin. Ma non solo roba già vista o armi già collaudate, lo streaming crea anche terreno per materiale inedito. Ecco allora che tutti parlano di The Mandalorian e del piccolo Yoda che è già diventato fenomeno virale. Insomma, la Disney non ha certo dato il via allo streaming legale, ma ha tutte le armi che servono per dominarlo.

Come la Disney possa cambiare a fronte di questa nuova espansione non ci è dato saperlo, ma possiamo sperare che oltre a riproporre materiale già noto, per quanto bello che sia, la compagnia di Burbank possa sperimentare nuove formule, magari più mature, nel segno e nella memoria di realtà come la defunta Touchstone Pictures. Oppure continuare a vivere della nostalgia dei suoi clienti e dei bei tempi che furono, che è poi la propaganda di ogni tipo di guerra.
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