
La Sirenetta – La Rinascita del “C’era una volta” | Disney+ Revisited
Con il rilascio di Disney+ e la messa a disposizione di tutti gli abbonati di un vastissimo catalogo di prodotti marchiati Disney, i Classici d’animazione senza tempo che hanno accompagnato diverse generazioni di spettatori si trovano ora immersi nell’eterno presente delle piattaforme digitali. Con Disney+ Revisited analizziamo che effetto fanno oggi questi film, a cui viene restituita una nuova vita commerciale.
Dopo aver abbandonato per più di vent’anni la tradizione fiabesca, nel 1989 la produzione animata della Casa di Topolino ritorna alle origini catapultando lo spettatore in fondo al mar. Reinterpretando il celebre racconto di Hans Christian Andersen, La Sirenetta è il classico d’animazione Disney che vanta il merito di aver donato una nuova vita allo schema narrativo del “C’era una volta”, modellando il genere letterario dei racconti di fate sulle peculiarità culturali di fine anni Ottanta. Inizia così il fortunato periodo oggi ricordato come Rinascimento Disney.

La storia della sirena che scambia la sua voce per poter raggiungere il principe sulla terra ferma ha avuto da sempre un legame profondo con la major. Non è un mistero infatti che nel biennio passato in Europa (1918-1919), Walt Disney avesse avuto modo di apprezzare il racconto danese. Quello che però per molto tempo è rimasto nascosto tra gli archivi della major è la volontà del cartoonist di portare sul grande schermo questa fiaba d’amore. E dopo Aurora (La bella addormentata nel bosco, 1959), ultima principessa realizzata sotto le direttive del tycoon, Ariel reincarna la perfetta eredità di un genere da riscoprire.

I valori e le libertà degli anni ’80 offrono alla major la possibilità di esplorare nuovi nuclei tematici intorno al tema della ribellione e dell’empowerment femminile. Traducendo questi contenuti mediante l’escamotage dell’adolescenza, la sirena di Atlantica appare una giovane disobbediente, in piena lotta con il potere della vecchia generazione (qui rappresentata dal padre, Re Tritone). La pellicola finisce inevitabilmente per porre l’attenzione su una delle relazioni più sfaccettate ed intense: il rapporto padre-figlio. Un percorso difficile, che parte dall’iperprotettività e finisce con il perdono. La Sirenetta è indubbiamente un’autoptica fotografia di una storia di formazione, sia dal punto di vista della figlia, sia da quello del genitore.

Come ogni fiaba d’amore che si rispetti, la costruzione identitaria della fanciulla passa attraverso l’innamoramento di un principe. Rispetto alle precedenti figure femminili disneyane però, Ariel non attende passivamente l’arrivo del suo amato: lei vuole essere protagonista attiva della sua storia. Questa volta è lei a salvare il personaggio maschile, a raggiungerlo e corteggiarlo. La sirena non ha nemmeno paura di chiedere aiuto alle forze del Male: per trovare il proprio lieto fine è disposta persino ad accettare la prigionia della Strega. Il timido femminismo delle prime principesse diventa qui sempre più evidente, al punto tale che gli animatori affidano alla giovane Ariel le tonalità cromatiche delle suffragette inglesi: il verde e il viola.

Accanto ad una convincente protagonista, la pellicola si arricchisce di una corte di co-primari oramai impressi nell’immaginario disneyano e non. Tra la grottesca Strega del Mare e il principe Eric, le fila degli animali marini riportano in auge il miglior character design della major, riscoprendo un vivo dinamismo acustico-visivo-cromatico. Spicca tra tutti Sebastian, granchio giamaicano che accompagna la protagonista nelle sue peripezie: con questo personaggio viene inaugurata la corale rappresentazione cosmopolita tanto presente nella produzione successiva.

Altro punto di forza è indubbiamente l’alto livello della colonna sonora. La Sirenetta infatti viene oggi ricordata come la pellicola che ha trasportato gli spettacoli di Broadway sul grande schermo. Concepite dai geni creativi di Howard Ashman e Alan Menken, le canzoni del film costituiscono una naturale prosecuzione dei ragionamenti dei personaggi. Ricalcando lo stile del musical americano, esse vengono accompagnate da performance dal respiro epico e trionfale. Under the Sea è indubbiamente il manifesto del nuovo connubio musical-animazione: uno show visivo che tanto ricorda quello di Merbabies (1938), Silly Symphony tanto apprezzata da Eisenstein per la rappresentazione di un mondo animale umanizzato in armonia con la musica di fondo. Tali peculiarità permettono alla pellicola di trionfare agli Oscar nelle categorie Miglior Colonna Sonora e Miglior Canzone (Under the Sea).
La ricchezza espressiva raggiunta ascrive La Sirenetta tra i cult dell’animazione disneyana. Acclamato dal pubblico e dalla critica, il 28° Classico Disney conosce nuova vita con due film direct-to-video, un adattamento teatrale (The Little Mermaid, 2008) e con la serie La Sirenetta – Le nuove avventure marine di Ariel (1992-1994). Risalendo dal mare profondo, la rinascita del “C’era una volta” scambia quello che credeva essere il suo mondo con un paio di gambe nuove, per danzare e camminare ancora più lontano del classico «E vissero felici contenti».

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