
Gli 8 horror del decennio che (forse) vi siete persi
L’annata 2019 sta per volgere al termine, e per ogni cinefilo giunge il fatidico momento dei bilanci annuali; a ciò si aggiunge, dato il periodo particolare che precede l’entrata negli anni ’20 del nostro secolo, un meno ortodosso (sicuramente più complesso) bilancio decennale.
Il genere horror è sicuramente tra quelli che più si prestano a una categorizzazione immediata ed intuitiva, ed è forse l’unico ad essere universalmente celebrato in un particolare giorno dell’anno: Halloween. Una top ten assoluta andrebbe ad includere una serie di titoli già conosciuti da tutti gli amanti del genere; si parla dei pluri-acclamati The Vvitch (2015), Hereditary (2017), Suspiria (2018), It Follows (2014), A Quiet Place (2017).
In questa sede, ciò che mi preme è riportare sotto i riflettori gli otto horror sfuggiti al radar del mainstream nell’arco di questi dieci anni, per provenienza geografica o per scarsa diffusione, che tuttavia meriterebbero un posto di rilievo nel panorama orrorifico contemporaneo.
1. Mandy (Panos Cosmatos, 2018)
Prendete un normalissimo revenge movie, aggiungeteci Nicolas Cage e un po’ di riferimenti alla cultura pop anni ’80, infine immergete il tutto nell’acido. Mandy è stato praticamente ignorato dalla distribuzione italiana in sala, ma ha già acquisito tra gli amanti del grottesco lo stato di cult-movie. Un vero e proprio trip a tratti contemplativo, a tratti frenetico, tra atmosfere lisergiche, neon accecanti ed esplosioni inaudite di violenza. L’assurdità del complesso nulla toglie alla spaventosità di certe sequenze, magistralmente evidenziata dalla colonna sonora del defunto compositore islandese Jóhann Jóhannsson. Da recuperare senza sapere nulla del suo contenuto, e per rincarare la dose potete gettarvi anche sull’opera prima di Cosmatos, Beyond the Black Rainbow (2010).
2. Hagazussa: A Heathen’s Curse (Lukas Feigelfeld, 2017)
Per quanto siano detestabili le definizioni sloganistiche, definire Hagazussa, prodotto tra Austria e Germania, una risposta europea a The Vvitch non ci porta molto lontano dalla realtà. In questo horror, che abbraccia totalmente la svolta slow-burn degli ultimi anni, dominano i silenzi dell’ambientazione montana, le inquadrature lente e dilatate all’inverosimile e uno spaventoso campionario di visioni perverse che spesso sconfinano nel sovrannaturale. Neanche a dirlo, per ora mancano sia la distribuzione in sala che quella home-video.
3. Grave (Julia Ducournau, 2016)
Impossibile non menzionare il film erede della New French Extremity, la nuova ondata dell’horror francese degli anni 2000. La giovane regista francese Julia Ducournau esordisce con un horror che mette al centro la figura femminile non nelle vesti di semplice eroina o final girl, bensì tratteggiandola nel suo complesso di istinti, emozioni, aspirazioni. L’altro cardine del film è rappresentato dal cannibalismo, uno dei temi più sconvolgenti, perversamente erotici e viscerali rappresentabili su pellicola, spesso ancora considerato un tabù.
4. The Endless (Justin Benson e Aaron Moorhead, 2017)
Gli amanti della fantascienza troveranno pane per i loro denti. Questo film è il seguito “virtuale” di Resolution (2012) – pellicola indipendente girata dalla stessa coppia di registi statunitensi – poiché ambientato nel medesimo universo e accomunato da alcune sotto-trame, ma rimane godibilissimo anche separatamente da quest’ultimo. Tutta la vicenda si basa su alcune inquietanti intuizioni derivanti dai paradossi della fisica del tempo; notevole anche la rivisitazione del tema trito e ritrito dei culti “maledetti” e delle comuni apparentemente idilliache ma in cui accadono i più tremendi misfatti (altro tema ripreso dal più popolare e recente, ma non meno bello, Midsommar (2019) di Ari Aster).
5. The Ritual (David Bruckner, 2017)
Netflix, negli ultimi dieci anni, ha cambiato le carte in tavola per quanto riguarda la fruizione dell’audiovisivo in tutto il mondo e nel nostro paese, e non sarebbe perciò pensabile esimersi dal menzionare uno dei tanti film horror presenti nel suo immenso catalogo. Tra le tante uscite di qualità (Annihilation (2018), Cam (2018), Errementari (2017), quest’ultimo in lizza per un posto in questa lista vista l’originalità), mi sento di premiare il film britannico The Ritual. Non soltanto perché in Italia non ha goduto di grande risonanza social-mediatica; il regista ha preso un canovaccio consolidato come quello della gita-nel-bosco-che-finisce-malissimo rendendolo fresco e sorprendente, giocando continuamente con le aspettative dello spettatore. Senza contare il primato in due aspetti cruciali del cinema horror quali lo sviluppo di un arco narrativo di spessore e il creature design.
6. I Saw the Devil (Kim Jee-Won, 2010)
La scelta di quale film orientale includere in questa lista si è rivelata sofferta (l’altro pretendente era Cold Fish (2010) di Sion Sono) ma necessaria. Si tratta, anche in questo caso, di una pellicola orfana di distribuzione nel nostro paese, situata al confine sfumato tra due generi (l’horror e il thriller) oltre che su quello temporale che ci divide dal primo decennio degli anni 2000. Tre elementi mi sono rimasti impressi a distanza di anni: la genuina intensità emotiva di una vicenda disperatamente nichilistica, l’eleganza della messa in scena che ha reso celebre il cinema coreano post-2000 in tutto il mondo e una violenza efferata, senza filtri.
7. A Dark Song (Liam Gavin, 2016)
Capitolo possessioni: uno dei film che più ha tentato di ridefinire gli spazi di questo genere abusato con particolare accanimento nell’ultimo decennio è stato proprio A Dark Song. Il focus del giovane regista va in primis sui due protagonisti e la loro relazione in un’isolata casa della campagna inglese, solo successivamente sulle manifestazioni del soprannaturale. Da apprezzare la totale assenza del fattore jump-scare e la cura nel rappresentare in maniera quasi maniacale, esteticamente appagante e massimamente inquietante, una serie di pratiche esoteriche altrimenti stereotipate e stucchevoli.
8. Bone Tomahawk (S. Craig Zahler, 2015)
Niente uscita in sala anche per questo western atipico, che costituisce uno dei rari esempi moderni di trasversalità all’interno del cinema di genere. Oltre al pregio di avere una sceneggiatura estremamente curata e stesa dallo stesso Zahler e interpreti di spicco come Kurt Russell e Patrick Wilson, questa pellicola contiene alcune delle scene più genuinamente crude a cui un amante dell’horror possa assistere.
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