
Buon compleanno, Cate Blanchett
Raffinata ed elegante tanto da diventare la testimonial più celebre della linea beauty Armani: «Rappresenta la donna per la quale io creo», dice di lei il leggendario stilista italiano. Bellezza e personalità sono qualità che nella figura di Cate Blanchett vanno di pari passo, come se l’una dovesse in ogni momento sormontare l’altra. Talentuosa e intelligente, sono tanti i motivi per “invidiarla”, su tutti la sua prolifica carriera da attrice, grazie alla quale nell’arco degli ultimi vent’anni è riuscita a vivere decine di vite diverse nei panni dei suoi personaggi. Si può dire che tutto sia cominciato con l’infermiera australiana di Paradise Road, per poi continuare con una giovane e coraggiosa ereditiera (Oscar & Lucinda, 1997), la regina vergine Elisabetta I (Elizabeth, 1998 e Elizabeth: The Golden Age, 2007), l’attivista Lady Gertrude nella wildiana commedia Un marito ideale, la chiaroveggente Annie (The Gift, 2000) e l’elfa della Terra di Mezzo Galadriel nelle trasposizioni cinematografiche dell’opera di Tolkien dirette da Peter Jackson.
Un portfolio di per sé invidiabile, a cui l’attrice australiana aggiunge un’altrettanto lunga lista di iconiche figure femminili. Per citarne solo alcune: guaritrice, giornalista, insegnante, presunta terrorista, ricercatrice, agente segreta, rapinatrice, divinità nordica e newyorchese nevrastenica. E come coronare questa indiscutibile poliedricità? Quale modo migliore per chiudere il cerchio se non quello di entrare nei panni di una delle più grandi attrici della Storia del Cinema: Katherine Hepburn, ruolo che le vale il primo Premio Oscar come miglior attrice protagonista (The Aviator, 2004).
C’è un po’ tutto, insomma. D’altronde, cos’altro si può voler diventare: una rockstar? Sembra quasi limitativo dopo tutto questo. Perché accontentarsi di una semplice rockstar, non sarebbe meglio a quel punto diventare una vera e propria leggenda del Rock? È il 2007, il regista è Todd Haynes (si incontreranno di nuovo, qualche anno più tardi, per Carol) e il film si chiama Io non sono qui. Stiamo parlando del biopic su Bob Dylan.
Impresa non facile alla quale si dedica con enorme passione e sacrificio. Il risultato vocale è impressionante, la mimica risulta un po’ artefatta, ma indubbiamente mettersi nei panni di un personaggo del calibro di Dylan è una vera mission impossible (chiedere a Rami Malek per credere): già riuscire a tenere a bada le sfumature caricaturali può essere considerato un gran successo. Cate in quel periodo è talmente ossessionata dal personaggio che, per sua stessa ammissione, Bob Dylan sarà «l’unico uomo di cui suo marito sia mai stato geloso». Un uomo piuttosto fortunato, insomma.
Nel 2013 è niente meno che quel genio di Woody Allen a volerla come protagonista della sua ultima creazione: con Blue Jasmine Cate si porta a casa il secondo Oscar.
Splendida, intrisa di altezzoso cinismo nella sua decadenza di ex-ragazza della upper class, Jasmine è la personificazione della nevrosi alleniana al femminile (perché, in fondo, «la maggior parte di noi ha bisogno di uova»).
Nominata presidentessa di giuria al Festival di Cannes nel 2018 (il primo dopo lo scandalo Weinstein), Cate porta a casa anche questo nuovo ruolo con grande personalità: l’abbiamo vista, in un momento carico di emozione, salire le scale del Palais des Festivals mano nella mano con le altre attrici e giurate. Alle sue spalle le 82 donne che dal 1946 hanno salito quegli stessi scalini in qualità di registe, alla sua sinistra l’intramontabile regista della Nouvelle Vague Agnès Varda, scomparsa lo scorso marzo (sarà sempre la Blanchett a caldeggiare per l’immagine della Varda come manifesto ufficiale del Festival di Cannes 2019).
«La tutela dell’uguaglianza di genere e nel lavoro – spiega la Blanchett – va raggiunta con le azioni, non con grandi discorsi o pontificazioni, e questo vale per l’industria dello spettacolo come per qualsiasi altro settore.»
Passione per il lavoro, impegno sociale e determinazione fanno della magnetica Cate Blanchett una delle attrici-simbolo di certo più apprezzate dei nostri giorni.
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