
Tár – Musica per una crisi | Venezia 79
Lydia Tár è la prima donna in assoluto a dirigere la Filarmonica di Berlino, un ruolo estremamente importante nel mondo della musica classica, dove, ancora oggi, le donne faticano a ricoprire ruoli di prestigio. Come ha ricordato Lydia stessa durante un’intervista per il New Yorker, sono in realtà molte le donne direttrici d’orchestra che nel passato si sono fatte strada in quest’ambiente profondamente maschilista, faticando però a ottenere un reale riconoscimento; e, dopotutto, “nella lingua inglese ancora non esiste il corrispettivo femminile della parola Maestro”. Quello di Lydia Tár è un curriculum impressionante – ha svolto un dottorato in Musicologia presso l’Università di Vienna, ha diretto le principali orchestre americane e ha vinto tutti i premi più prestigiosi per le sue composizioni (Emmy, Grammy, Oscar e Tony) – e la direzione dell’Orchestra berlinese non è che il coronamento di una brillante carriera e la sua consacrazione finale come artista di grande rilievo.
Dopo 16 anni dal suo ultimo lavoro, Todd Field riprende in mano la macchina da presa per quello che sembra un biopic scritto e diretto in maniera impeccabile; un biopic immaginario, perché Lydia Tár è, incredibilmente, un personaggio di finzione. Il film è orchestrato alla perfezione e la sua principale interprete, un’eccezionale Cate Blanchett, appare così verosimile nella parte da farci davvero dubitare che quello che stiamo vedendo sia frutto di una fantasia. Tutta la pellicola ha un unico centro gravitazionale, Cate Blanchett, nei panni del personaggio complesso e multisfaccettato di Lydia Tár, una donna forte e determinata, dal talento e sensibilità artistica straordinari, ma allo stesso tempo un personaggio ambiguo, cinico e narcisista.
Il film, d’altronde, è stato cucito su misura sull’attrice, come ha dichiarato lo stesso regista: “Il copione è stato scritto per un’artista: Cate Blanchett. Se avesse rifiutato, il film non avrebbe mai visto la luce.” Non sorprende, dunque, che non ci sia una scena in cui Cate Blanchett non compaia. Ogni elemento della messa in scena pare concorrere alla costruzione del suo personaggio, così gli spazi sono freddi e austeri, a cominciare dal moderno appartamento che Lydia condivide assieme alla compagna, le inquadrature sono spesso fisse e simmetriche e la bellissima fotografia, curata da Florian Hoffmeister, è tutta giocata su colori neutri, grigi e marroni, come quelli indossati dall’algida protagonista.
Il film è suddiviso narrativamente in due parti, nella prima il regista ci conduce lentamente all’interno del complicato universo di Lydia Tár, ci presenta il personaggio e la rete di affetti che la circonda, ci mostra il suo successo e il potere che ne deriva e indaga il funzionamento del processo creativo. Poi, piano piano, questa patina di perfezione ed equilibrio inizia a incrinarsi con l’emergere di alcune accuse di abuso e Lydia inizia a perdere inesorabilmente il controllo della sua vita. Todd Field ci trasporta all’interno delle pulsioni e delle ossessioni di Lydia, facendoci sprofondare assieme a lei in un baratro senza fondo. Il ritmo lento e riflessivo iniziale si fa via via sempre più concitato, assumendo a tratti i toni del thriller, la musica lascia spazio a suoni stridenti e ossessivi, mentre la carriera di Lydia subisce una forte battuta di arresto e tutte le sue relazioni personali finiscono per implodere.
Tár, in concorso a Venezia 79, è una pellicola complessa, che racchiude moltissimi temi, dalla difficoltà della nostra società di discernere l’uomo dall’artista, all’indagine del processo creativo, fino alla riflessione sul potere e l’autorità e, infine, sulla perdita di controllo, tutti condensati in un unico personaggio, che da solo è il motore dell’intera opera. Nessun altro forse, all’infuori dell’attrice australiana, avrebbe potuto interpretare questo ruolo, ed è grazie alla magnifica performance di Cate Blanchett e alla scrittura precisa e ben orchestrata di Todd Field che riusciamo a perdonare la durata forse eccessiva del film.
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