Past Lives – Le vie del destino sono infinite
Past Lives comincia con un gioco di intuito e deduzione intra- ed extradiegetico, di quelli che si fanno in pubblico guardando dei totali sconosciuti e provando a indovinare la loro storia di vita basandosi solo sulle apparenze. Una donna è seduta al bancone di un bar in mezzo a due uomini, uno sembra intrattenere una conversazione con lei o meglio una gara di sguardi, l’altro annuisce cercando di entrare in un mondo che capisce solo parzialmente. Il rapporto che lega i tre personaggi, i protagonisti di Past Lives, è inintelligìbile di natura. Qualsiasi ipotesi provenga dalle voci fuoricampo come dagli spettatori è ugualmente plausibile e implausibile, ogni ipotesi sull’intreccio tra le loro vite, che sia di carattere amoroso o meramente platonico, intercetta in qualche modo la verità.
La chiave per entrare nel loro mondo segreto è Nora Moon (Greta Lee da adulta e Seung Ah Moon da bambina), che quando la danza di deduzioni finisce rivolge un sorriso enigmatico, degno della Gioconda, alla cinepresa, per poi riportare il pubblico all’origine di tutto. Quando era piccola, Nora usava ancora il nome Na Young. Abitava a Seoul e viveva giornate placide e piene di tenerezza con il coetaneo Hae Sung (Teo Yoo da adulto e Seung Min Yim da bambino). Quando però la famiglia decise di emigrare a Toronto, i due persero i contatti e Nora decise di chiudere quella pagina della sua vita in un cassetto. Negli anni i due si inseguono, si ritrovano, si conoscono meglio e Nora si sposa, ma con un altro: l’americano Arthur Zaturansky (John Magaro). Le circostanze del destino portano i tre a incontrarsi, ad analizzare il modo in cui sono legati e ad esplorare le vite che non hanno intrapreso.
Il destino e le sue declinazioni tornano spesso in Past Lives, attraverso il concetto dello Inyeon, che Nora definisce gli attimi in cui due vite si congiungono anche per effetto di un’affinità che trascende l’umanità stessa. Per chi crede nell’Inyeon, anche l’atto di sfiorare i vestiti di un’altra persona per caso mentre si cammina per strada è frutto del destino, della somma dei punti di incontro tra le vite passate di questi individui. Il film di Celine Song non vede il destino come una sentenza da cui è impossibile sottrarsi, ma piuttosto come un consiglio, un percorso già pavimentato che sarebbe auspicabile seguire. Nora, Arthur e Hae Sung possono assomigliare a un triangolo amoroso tipico dell’indie americano, il loro rapporto tuttavia non ha confini definiti, i ruoli cambiano costantemente in una competizione dove non vi sono né vincitori né vinti.
Spesso paragonato alla trilogia di Before di Richard Linklater da parte della critica americana, Past Lives in realtà ha un approccio molto più minimalista al racconto romantico, privo di gesti plateali, di interrogativi continui legati alle scelte della protagonista. A questi Celine Song preferisce tanti minuscoli attimi di realizzazione, rassegnazione e crescita, che si sovrappongono e si nutrono l’uno degli altri in una costruzione malleabile ma non per questo senza fondamenta rigide. La regista e sceneggiatrice difatti attinge dal suo background come drammaturga, costruendo Past Lives con le stesse logiche narrative di un dramma da camera: avere solo tre personaggi al centro dell’intreccio aiuta a trovare quella ricercata dimensione intimista, ad entrare in quel mondo segreto in cui chi non vi partecipa può entrare solo tramite quel gioco di osservazione annunciato dal principio.
Past Lives non è solo una riflessione sull’amore, ma anche sull’identità nazionale e individuale: Nora, avendo lasciato il suo nome e Hae Sung nella sua terra nativa, si è anche separata dalla sua lingua, che riemerge solo nel suo subconscio. Il sogno americano, la vita come autrice a New York, ha significato trasformarsi, costruire una nuova persona che potesse adattarsi a quel nuovo habitat. Hae Sung e Arthur rappresentano i due percorsi identitari che si dipanano davanti a Nora, da una parte le sue radici e dall’altra il suo orizzonte. La scissione interna alla protagonista trova forma anche nel title treatment: le parole Past e Lives son separate da una moltitudine di spazi, un abisso dove si celano i timori di Nora. Il passato può unire come promette lo Inyeon e anche respingere, basandosi su una legge voluta dal destino dell’uomo.
Fin dalla sua première al Sundance Film Festival, Past Lives si è affermato come uno dei casi cinematografici più curiosi degli ultimi anni: un film minuscolo, in punta di piedi, con attori poco familiari al pubblico mainstream (Greta Lee, la protagonista, interpretava la migliore amica di Natasha Lyonne in Russian Doll mentre John Magaro di recente ha avuto ruoli in First Cow e Showing Up di Kelly Reichardt) che grazie a un passaparola costante e a un distributore importante come A24, mai affievolitosi nonostante l’uscita americana a inizio giugno, è riuscito a conquistarsi due importanti nomination agli Oscar – miglior film e miglior sceneggiatura originale. Arrivato finalmente nelle sale italiane a San Valentino con Lucky Red, Past Lives è un film atipico per la festa degli innamorati: l’opera di Celine Song spoglia l’amore come è stato tradizionalmente inteso dal cinema, riportandolo alla sua forma più essenziale e anche per questo più immediata, e grazie a tre interpreti sempre convincenti orchestra una poesia che incita ad abbracciare il destino per trovarsi o ritrovarsi.
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