
First Cow – L’immortalità dell’amicizia
Sin dall’esergo di William Blake, First Cow pone il sentimento dell’amicizia al centro della sua narrazione: «The bird a nest, the spider a web, man friendship». L’ultimo film diretto da Kelly Reichardt è, in primo luogo, una storia sul rapporto d’amicizia tra Otis e King-Lu, due uomini che la corrente dell’esistenza ha trasportato fino all’Oregon nel 1820 e che si barcamenano all’inseguimento del Sogno Americano. Il primo viene da Boston, ha un’attività di fornaio alle spalle, ha attraversato l’America del Nord ed è alla ricerca del suo posto nel mondo; il secondo ha girato il mondo, cerca un modo per arricchirsi ed è sicuro che la Storia non sia ancora arrivata in quella parte d’America dimenticata da Dio. Animati da un gusto creativo senza pari unito a uno spirito imprenditoriale degno di nota, i due si dedicano alla produzione di dolci dando vita a un sincero legame che sembrerebbe portarli sulla strada giusta verso la realizzazione dei loro sogni. Peccato che quel latte necessario per i loro dolci provenga dall’unica mucca del villaggio, proprietà di un uomo ricco che si chiede il motivo per cui la bestia, al mattino, abbia così poco da mungere.

La prima sequenza di First Cow è caratterizzata dalla presenza di una nave mercantile che attraversa un fiume nel mezzo della natura incontaminata dell’Oregon. In questo scenario, una donna in compagnia del suo cane trova due scheletri umani che si tengono per mano e che sembrano aver resistito a secoli di intemperie che hanno trasformato la loro storia in Storia. È questo il fulcro del racconto di First Cow, diretto da Kelly Reichardt: il momento che separa la Storia dalla vita e quello in cui la morte effettua l’inevitabile traslazione dell’esistenza umana in narrazione. Da questo prologo ha inizio il film, il racconto del passaggio da un’economia di sussistenza a una precisa idea di capitalismo, la storia del grande sogno su cui si fondano gli Stati Uniti d’America e di una sincera amicizia costruita su grandi spazi e tempi dilatati.
È uno spettatore abituato all’attesa quello cui si rivolge l’autrice di Night Moves e Certain Women: tutto in questo film – dai ritmi del movimento e del montaggio a quelli del viaggio – si adegua alla temporalità del 19esimo secolo. Il brivido generato dalle immagini di First Cow deriva proprio dalla trasformazione del tempo universale in un tempo soggettivo, intimo e interiore: le sequenze girate da Kelly Reichardt sembrano bloccare l’avanzata del destino, intercettare l’invisibile strascichio del tempo e congelarlo in un eterno presente caratterizzato dai suoni di ciocchi di legno, dalla mungitura del latte necessario alla preparazione delle frittelle e dalle loro irresistibili fragranze.

La luce delle candele, i riflessi dell’acqua di fiume, le stelle nel cielo segnano l’ingresso in un territorio ancora naif e inesplorato, che è appena iniziato a essere sfruttato. È attraverso le scelte di messa in scena che la cineasta ha inscritto il suo film in un altro tempo, in grado di trasformare gesti quotidiani e prosaici in eventi irripetibili e sempre nuovi, singolarità capaci di lasciare una traccia e rimanere, al di là dello scorrere dei secoli. Per tornare all’esergo iniziale di William Blake, la ferita che si incide nel tempo per restare e resistere alle contingenze storiche è quella dell’amicizia, il vero segreto che testimonia di un’umanità commovente, ultimo baluardo di resistenza, (ri)messa in gioco della Storia americana e possibilità che qualcosa di nuovo possa ancora accadere nonostante, in apparenza, sia già stato tutto scritto e trasformato in racconto.
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