
The Palace di Roman Polanski – Passi falsi, mostri sacri | Venezia 80
The Palace è il passo falso di un maestro. E quando a fallire è un autore che ha fatto e rivoluzionario storia e geografia del cinema come Roman Polanski, la visione di un film brutto diventa una caccia disperata a qualche indizio che lo riscatti. In questo caso, il soggetto rappresentava una buona promessa, perché si proponeva di ritrarre le mostruosità di un élite che, radunata a festeggiare il capodanno in un lussuoso albergo, si affaccia al nuovo millennio.
Un megalomane in bancarotta, un direttore d’albergo sull’orlo del burn-out, un chirurgo plastico con moglie malata, una marchesa con cane incontinente, un porno-divo decaduto e altri comprimari vanno a popolare un bestiario che Polanski coglie come occasione per deridere la cricche, l’élite e le classi dirigenti a inizio millennio, nei giorni in cui Putin sale al potere. Rimane una premessa. Perché le vicende che coinvolgono i personaggi sono autosufficienti, posticce, ferme in una comicità da sketch che oltre a impagliare il film nella lentezza, spartisce il mal assemblato cast corale – un vero e proprio europudding – in tante annoiate storielle parallele.

Ne risulta una commedia leggerissima, più demenziale che grottesca, in cui il riso è affidato al triviale degli escrementi di cane o allo stantio delle cadute e dei parrucchini che volano via. Perché è proprio l’ossessione comica a sabotare in The Palace la possibilità di una riflessione compiuta sui suoi soggetti, freaks ricchissimi che difficilmente scavalcano i confini del bozzetto. Minacciata dal millennium bug, da una fine imminente, dalla certezza di incarnare un passato al crepuscolo, la post-aristocrazia di Polanski non cambia, rimane placidamente ubriaca e appagata di sé stessa. È un’umanità che soggiorna senza prenotazione, che non vuole sentire e accettare il tempo che passa, la malattia, la povertà, la morte. Una popolazione di cadaveri mascherati da festa che festeggia il 2000 ma urla di spavento al pensiero di un’apocalisse che spazzi via tutto.

E proprio durante la festa di capodanno, qualche inquadratura illude lo spettatore di una fragile nota grottesca e distorta sopravvissuta, di una strage dietro l’angolo che non avverrà mai, di uno strappo se non Polanskiano, almeno Ostlundiano, in un film che non riesce mai ad essere ambiguo o complesso. Perché The Palace è assolvibile solo se lo si coglie come sguardo arreso e definitivo alla società, ma non nel suo pedissequo proposito di far ridere tramite il basso e lo scontato. Delirio comico più che commedia delirante, boutade più che satira, The Palace è il Polanski meno riuscito, capace di conservare comunque in sé il virtuoso tentativo di arrendersi ad un tempo deviato, di danzare sulla fine, festeggiare il nulla. E forse, quello che manca al film, è proprio la volontà di rovinarla la festa, come fanno i giovani teppistelli di Rompiamo la festa, che Polanski giró a 24 anni.

Ora, Polanski di anni ne ha 90 e si accontenta di andare a letto prima della mezzanotte, di un film filmato frettolosamente, composto da un’estetica televisiva, uno sviluppo dormiente. Non resta che provare a scorgere lo sguardo disperato dietro la gag, la tragica immobilità dei personaggi oltre la trama falsamente caotica. Perché a differenza di un cinepanettone, a cui spesso è stato paragonato The Palace, qui nessuno dei personaggi agisce davvero, nessuno ha proposito, nessuno si gode la festa.
Rimane il primo film di Polanski in cui non ci sono i fantasmi, l’ambiguità, il fascino dirompente della morte. In cui non c’è quella stratificazione sotto-testuale capace di irretire lo spettatore, invece che accontentarsi di intrattenerlo. E pensando al fatto che in The Palace Polanski torna a lavorare con Skolimowski dopo più di sessant’anni da Il Coltello nell’Acqua, ci si sente orfani di un passato, di un culto e dei fasti. Perché è un film innocuo e macabro, scioccamente arreso, passo falso in una filmografia di capolavori.
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[…] poco scomparso) con The Caine Mutiny Court-Martial, Polanski con (il più che infelice, purtroppo) The Palace e, all’alba quasi dei 90 anni, Woody Allen con Coup de Chance, suo cinquantesimo lungometraggio. […]