
Memory – Per dimenticarmi di te | Venezia 80
«Io ricordo»: con queste due parole, sussurrate da un uomo durante un incontro speciale degli Alcolisti Anonimi in occasione dell’anniversario di sobrietà di Sylvia (Jessica Chastain), comincia Memory di Michel Franco, l’ultimo film a essere presentato in concorso all’80° Mostra d’arte cinematografica di Venezia. Sono due parole sfuggevoli, un principio di testimonianza che può spegnersi davanti alla prima contraddizione. Memory, che si discosta dalla cieca violenza e dalla confusa critica sociale a cui il regista messicano ha abituato il pubblico, desidera tracciare, come suggerisce il titolo, i complessi meccanismi della memoria e soprattutto come questa sia capace di sradicare intere vite.

I due protagonisti difatti vivono nella loro quotidianità le conseguenze dei loro ricordi o della loro assenza: Sylvia è un’assistente sociale con una routine ben precisa, composta di incontri con gli Alcolisti Anonimi, uscite con la sorella Olivia (Merritt Weaver), accompagnare la figlia Anna (Brooke Timber) e chiudere le tre serrature sulla porta di casa sua. Le violenze sessuali che ha subito in adolescenza e a cui la madre (Jessica Harper) non ha mai realmente creduto minano ogni suo rapporto e ancora le è difficile riuscire a rapportarsi con un uomo. Saul (un convincente Peter Sarsgaard) soffre di demenza e la sua memoria a breve termine è pressocché inesistente. Dopo una reunion scolastica si trova a seguire Sylvia fino a casa sua. Quando la mattina dopo i due si confrontano, dopo un breve conflitto, Sylvia finisce per accettare di prendersi cura di Saul.
I due sono anime affini e al tempo stesso inaccostabili: dove Sylvia cerca di dimenticare, Saul cerca di ricordare, nonostante sia libero dal fardello dei suoi possibili sbagli passati. Il gioco di memorie su cui si concentra il loro rapporto rimane tuttavia sottotraccia. Franco preferisce creare un gioco di matrioske, di verità nascoste e forse inutili ai fini della storia che si ripetono molteplici volte nella pur limitata durata del film.

Michel Franco non è mai stato un autore noto per infondere speranze nelle sue opere, difatti anche solamente guardando i titoli portati negli anni passati in concorso a Venezia (Nuevo Orden e Sundown), si nota che la mancanza di pietà, specialmente verso i suoi protagonisti, sia uno dei suoi tratti distintivi. In Memory prova un approccio diverso, cercando di ricondurre le motivazioni che muovono i suoi personaggi alle loro esperienze di vita passate e non alle conseguenze del contesto sociale dove si muovono. È un tentativo di dramma di camera che, per quanto possa contare su due solide performance attoriali, fatica a funzionare nel contesto cinematografico.
Memory prova a costruire attraverso il minimalismo di immagini e di emozioni una storia d’amore atipica, che nel corso della narrazione finisce per essere minata da tanti agenti esterni che il regista e sceneggiatore inserisce senza mai volerli esplorare. La compassione tanto ricercata da Franco crolla presto sotto la sua totale inconsistenza, in uno svolgimento che spesso si accartoccia su stesso, provando a mimare gli scherzi che la memoria può giocare ma finendo per essere solamente frustrante.
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