
La regina Carlotta – Come sensibilizzare Bridgerton
“Carlotta, ci sono destini peggiori che quello di sposare il re d’Inghilterra.”
Il 4 maggio esordirà sugli schermi di Netflix La regina Carlotta, una storia di Bridgerton, il nuovo gioiello dalle mille rifrangenze pop autografato dall’ineguagliabile Shonda Rhimes. L’uscita del prequel smuove l’impaziente attesa per il terzo capitolo della saga, garantendo un prodotto fiero della propria autonomia che evita di crogiolarsi nella celebrità piacente ed ammiccante dei fratelli Bridgerton. Sebbene infatti siano presenti riferimenti alle stagioni passate, con la giovane Carlotta (India Ria Amarteifio, già vista in Sex Education) gli affezionati potranno addentrarsi in tematiche ben più oscure e nettamente più urgenti dei pettegolezzi di Lady Whistledown. Cambia innanzitutto la posta in gioco, che diventa niente di meno che il destino della monarchia inglese. Con i flashback, si assiste alla difficile costruzione di quell’utopica società vittoriana altrimenti mai messa in discussione in Bridgerton; soffermarsi su una debolezza costitutiva dell’opera denota una certa diligenza da parte degli sceneggiatori, che senza rinunciare agli intrighi romantici e alla passionalità dirompente tipica della trasposizione seriale del romanzo rosa di Julia Quinn, introducono sottigliezze storico-sociali trascurate, a partire dalla presenza di una regnante nera nell’Inghilterra dell’Ottocento.

L’amore rimane sempre il motore immobile delle vicende bridgertoniane, eppure qui, con l’apparente anaffettività di Carlotta, viene smorzato e declinato in una chiave più utilitarista. Sarà proprio la protagonista, infatti, a vedere fin da subito e con molta lucidità, il matrimonio combinato come una mossa politica di cui a farne le spese sarà lei stessa. Nella prospettiva della Regina Madre invece, l’unione di suo figlio Giorgio (Corey Mylchreest) con la principessa tedesca nera di pelle viene battezzata “Il Grande Esperimento”, nome in codice di un’operazione che cela tutti i pregiudizi del positivismo di inizio Ottocento. La problematizzazione del razzismo, sebbene edulcorata, è il primo sintomo di una crescita introspettiva destinata poi a prendere ulteriori pieghe all’interno dello show. Il grande interrogativo che avvolge l’enigmatica figura del principe diverrà oggetto di quello stesso processo approfondito di disvelamento, poiché egli sarà fulcro di tematiche altrettanto pregnanti.
Lontano dall’essere tutto rose e fiori, il rapporto tra i futuri monarchi inglesi soffre già di un rivelatorio squilibrio in termini di visibilità: se la regina accompagna le principali sottotrame della storia attraverso le sue amicizie con Lady Danbury e Violet Bridgerton, il re vive di apparizione sporadiche. È lui stesso a sottrarsi al female gaze che tendenzialmente pervade i lavori di Rhimes, sfuggendo alla camera e assentandosi per lunghi lassi temporali; così facendo, infittisce le assillanti speculazioni sul suo conto formulate dall’intera corte e soprattutto da sua moglie, sulla quale ricadono ancor più responsabilità. Per compensare le mancanze di Giorgio, viene sfoggiato un operativo coro tutto al femminile disposto a fare da controcanto alle voci maschili ma soprattutto capace di ricoprire ruoli strategici nel panorama politico del regno, altra grande novità culturale e ideologica per l’epoca.

Le vicende di Carlotta impattano sull’idillio pavoneggiato dall’universo-Bridgerton e smorzano, almeno in retrospettiva, la leggerezza delle stagioni precedenti, senza rinunciare alle loro peculiarità più distintive: personaggi eccentrici, humor pungente, eroticità dilagante; eppure si riservano dal scivolare in un ampiamente pronosticabile lieto fine, preferendo proporre una chiusa dolceamara, sempre romantica ma indubbiamente più sofferta. Resta da vedere se questo cambio di rotta, dalle coordinate più calate nella realtà e meno fiabesche, verrà mantenuto per la terza serie, prevista per la fine dell’anno. Di tutta questa avventura gradevolmente giudiziosa però ci rimane un prezioso messaggio in bottiglia: anche il migliore dei mondi possibili va contestualizzato e non sussiste come utopia romantica. Queste gocce di sensibilità corrodono la superficie patinata di Bridgerton, rendendo più smaliziati e accorti i suoi naviganti, senza però appesantire chi li sbircia di nascosto.
Per ora, ecco il trailer dello spin-off.
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