
I maestri dell’antiutopia – I fratelli Strugackji e il Destino Zoppo della fantascienza sovietica
Quello della fantascienza russo-sovietica è una sorta di continente sommerso, per il cultore italiano: fatto salvo per i due classici autoriali di Tarkovskij, Solaris e Stalker, le opere di fantascienza dell’area russa sono rimaste arcane e spesso sconosciute, per il pubblico italiano. Pure è interessante rilevare come lo stesso Isaac Asimov, a cui si deve gran parte dell’immaginario fantascientifico su robot e androidi, fosse di origini russe, ma appena a tre anni la sua famiglia si era trasferita negli Stati Uniti, dove Asimov si impose non solo come autore mainstream, ma anche come biochimico. Non meno che nella science-fiction occidentale, anche nella fantascienza russa un gran numero di opere letterarie o cinematografiche di puro intrattenimento si contrappongono a manifestazioni ed espressioni più autoriali: tra queste ultime è difficile non ricordare, accanto ai due capolavori di Tarkovskij, anche È difficile essere un dio, romanzo dei fratelli Strugackji del 1964 trasposto al cinema nel 2013 da Aleksej Jur’evič German, al suo ultimo film.
A livello letterario, nella fantascienza russa i due fratelli Arkadij e Boris Strugackji ricoprono una posizione di estrema importanza: lo stesso Tarkovskij aveva tratto il nucleo narrativo alla base di Stalker dal loro romanzo Picnic sul ciglio della strada. Come facilmente desumibile dai diari del regista, pubblicati dopo la sua morte sotto il titolo di Martirologio, tra Tarkovskij e gli Strugackji la collaborazione era stata peculiare: all’inizio c’era stata una bella intesa sul tavolo di scrittura del film, e soprattutto con Arkadij iniziarono a ventilare anche nuove collaborazioni per progetti futuri; poi, come spesso capitato nella carriera di Tarkovskij, i rapporti si interruppero in malo modo, e le ultime annotazioni che il regista si appuntò nei suoi diari sul duo di fratelli scrittori non sono delle più cordiali.

Anche grazie all’importanza assoluta che Stalker riveste nella storia del cinema mondiale, Picnic sul ciglio della strada è il più celebre romanzo degli Strugackji; ma la loro opera narrativa conta migliaia e migliaia di pagine, e, nonostante i problemi avuti con la censura ai tempi dell’Unione Sovietica, i fratelli Strugackji sono venerati in Russia come eroi letterari nazionali. Fatto interessante che avvicina il duo al “modello Asimov”, Boris Strugackji era anche un rispettato astronomo e matematico, laddove Arkadij era un esperto di letteratura giapponese. Ancora poco conosciuti nel nostro paese al di fuori del loro Picnic, da qualche anno la casa editrice Carbonio si è impegnata ad importare in Italia le loro opere: sono stati così tradotti, spesso per la prima volta, romanzi come La chiocciola sul pendio, La città condannata, L’isola abitata, L’albergo dell’alpinista morto e, il più recente e uno dei più interessanti, Destino zoppo. strugackij destino zoppo
Destino zoppo, spesso indicato come l’ultimo romanzo che i due fratelli scrissero assieme prima della morte di Arkadij nel 1991, sorprende per il suo carattere meta-letterario, che riflette le numerossisime difficoltà avute dai due con le autorità e gli organismi di censura sovietici – il solo manoscritto del Picnic sul ciglio della strada presentava oltre duecento cancellature e correzioni imposte dalla censura, reintegrate poi da Boris Strugackji dopo la caduta dell’URSS. Destino zoppo vede protagonista uno scrittore, Feliks Sorokin, che riceve una strana richiesta da parte dell’Unione degli scrittori sovietici: un suo scritto inedito deve essere sottoposto, per fini sperimentali, al vaglio di una nuova, prodigiosa macchina, in grado di stabilire il valore oggettivo di un’opera. La chiamano Mistalet, Misuratore meccanico del talento letterario. Sorokin apre la sua cartella inediti, e per un po’ si fa tentare dalla possibilità di consegnare al Mistalet Brutti cigni, il manoscritto di cui va più fiero, poi però, temendo che la macchina possa inappellabilmente cassarlo, sceglie di consegnare alcuni banali testi tecnici.
Nelle dinamiche narrative e strutturali di Destino zoppo, Brutti cigni è un vero e proprio romanzo-nel-romanzo, i capitoli del libro alternano le due narrazioni: e, ad evidenziare ulteriormente il carattere non solo metanarrativo ma anche autobiografico dell’ultima opera a quattro mani degli Strugackji, Brutti cigni è la riproposizione piuttosto fedele di un romanzo che i due fratelli avevano realmente scritto negli anni sessanta, ma che, respinto dalle varie autorità preposte al controllo delle opere letterarie, era circolato unicamente in forma di ciclostilato. In gergo, questo sistema si chiamava samizdat, e l’edizione clandestina di Brutti cigni aveva avuto un tale successo da essere tradotta anche in tedesco all’insaputa dei due autori. La storia raccontata da Brutti cigni è simmetrica a quella della cornice, ma molto più cupa: lo scrittore protagonista del romanzo-nel-romanzo Viktor Banev, viene ritratto mentre torna nella sua città natale, caduta vittima di un’interminabile pioggia, e abitata da esseri soprannaturali, tali mokrecy (“fradici“), i lebbrosi del futuro, che sembrano avere una strana influenza medianica sui bambini e sugli adolescenti della zona. Anche la storia di Sorokin in Destino Zoppo ha un che di kafkiano, ma resta innanzitutto una pantomima a tratti anche sardonica della perplessità e anche dei timori di uno scrittore rispetto alla possibilità oggettiva di misurare il valore di uno scritto letterario; solo l’apparizione di una sorta di fantasma-ripresentiticazione del grande scrittore russo Michail Bulgakov, l’autore de Il maestro e Margherita, darà a Sorokin il coraggio di rendere pubblica la sua opera più personale e sudata. strugackij destino zoppo

Già solo la concezione di questo romanzo stratificato e binario, come evidenzia anche Alberto Anile nella sua recensione per Robinson, era il segnale che qualcosa stava cambiando, nell’URSS, in fatto di politica letteraria: dapprima presentato a stralci su riviste sul finire degli anni ottanta, quando ormai l’Unione Sovietica era ai suoi ultimi fuochi, venne pubblicato in volume solo nel 1989, una data senza dubbio suggestiva. Ma al di là dei suoi evidenti legami con la Grande Storia, Destino Zoppo non traccia solo una riflessione sull’ambiguo rapporto tra letteratura e politica, tra creatività e censura, è anche una celebrazione della pratica della scrittura come fatto eroico e solipsistico al tempo stesso: “è naturale che le persone cerchino di avere una gratificazione per il loro lavoro e i loro tormenti”, spiega a un certo punto del romanzo un dirigente ministeriale a Sorokin, “e in generale è giusto così, ma ci sono delle eccezioni: non ci sono e non ci potranno mai essere gratificazioni per i tormenti della creazione. Questo tormento contiene già in sé la sua gratificazione”. strugackij destino zoppo
La fantascienza è, probabilmente, il genere letterario cruciale da analizzare per comprendere in controluce il Novecento. Questo vale senza dubbio per l’Occidente, dove due interpreti diversissimi quali Ernst Jünger e Umberto Eco sono stati alfieri nello scoprire tutti i sottotesti, le macrostrutture, i simbolismi e gli archetipi che muovevano la fantascienza più mainstream a una celebrazione quantomai sintomatica della Tecnica – apoteosi gratuita che, dopo la sbornia della sci-fi della Golden Age degli anni cinquanta, presto gli stessi scrittori misero in crisi, pervenendo, in modo particolare nella letteratura di Philip K. Dick, a manifestazioni sorprendenti di “fantascienza minoritaria” che esprimeva in maniera esplicita il suo sottofondo archetipico. Ancor più che in Occidente, nell’Unione Sovietica la fantascienza era affare di stato, parte integrante di una concezione della letteratura messa a servizio degli ideali politici ed economici dello Stato. C’è in Solaris una scena che ha sempre lasciato perplessi anche i più accaniti partigiani di Tarkovskij, un’interminabile sequenza che precede la partenza del protagonista per lo spazio e che lo mostra vagare per le vie di una metropoli futuristica, in realtà Tokyo. Una delle interpretazioni date dai critici per giustificare la scelta di Tarkovskij di prolungare tanto a lungo questa mera scena di raccordo è che questo fu un tentativo blando di Tarkovskij di inserire un elemento di ottimismo verso il futuro in uno dei film di fantascienza più malinconici mai fatti, per accontentare un po’ le autorità sovietiche senza toccare in alcun modo l’essenza del messaggio che Solaris voleva comunicare. Anche Boris e Arkadij Strugackji dovettero affrontare questi problemi per tutta la durata della loro carriera.

Attivi nell’URSS sin dagli anni cinquanta, gli Strugackji non potevano non essere membri dell’Unione degli Scrittori; Boris si trovò anche a dirigere il seminario di Leningrado dei giovani scrittori di fantascienza, altro organo ufficiale che pure non gli risparmiò di ricevere noie in fatto di censura. Non è un caso se le difficoltà tanto degli Strugackji quanto di Tarkovskij con le autorità ufficiali iniziarono quando, caduto Kruscev, salì al potere Breznev, e iniziò una nuova fase di stagnazione e clandestinità nella vita culturale dell’URSS: Tarkovskij era già espatriato volontariamente alcuni anni prima della sua morte in Svezia nel 1986, e non visse abbastanza per vederla, ma Destino Zoppo, con il suo fare critico e metaletterario, è un figlio diretto di quel momento dell’evoluzione dell’URSS che gli storici ricordano come glasnost’, quella fase di annunciata “trasparenza” voluta da Gorbaciov nella seconda metà degli anni ottanta, che precedette immediatamente l’implosione della macro-nazione.
Commentando nella sua postfazione la complessa storia editoriale di Destino Zoppo e dei Brutti cigni, Boris Strugackji scrive che il secondo dei due, il romanzo-nel-romanzo, “presenta, a mio giudizio, un’attualità intrinseca che non è affatto scomparsa, perché il problema del futuro che ha allungato i suoi tentacoli nel mondo d’oggi non è sparito da nessuna parte, come da nessuna parte è sparito un problema puramente pratico: come ingegnarsi per dedicare la propria esistenza al futuro, e nel fare questo, morire nonostante tutti nel mondo d’oggi”. Nelle sue manifestazioni più alte, tanto a Ovest quanto ad Est di quella cortina di ferro adesso tornata bruscamente d’attualità, la fantascienza si risolve in una forma particolarissima di esistenzialismo. E, silenziosamente, Destino Zoppo si fa carico di un’irresistibile istanza rivoluzionaria: non è solo la macchina a giudicare il libro, ma è anche il libro a giudicare la macchina. Al tempo dell’opera d’arte nella sua riproducibilità tecnica, le parole hanno ancora quel loro potere critico, eversivo, beffardo – forse anche un po’ magico. strugackij destino zoppo

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