
The Mandalorian – Capitolo XVIII – La catabasi di Din Djarin
Attenzione: la recensione contiene spoiler dell’episodio 18 | Nel mondo della serialità televisiva, poche serie sono state costruite secondo lo stesso criterio sfacciatamente archetipico che è alla base di The Mandalorian, uno degli show più popolari di Disney+ e, di fatto, uno dei migliori risultati ottenuti dal franchise di Star Wars dai tempi della vendita della proprietà intellettuale di George Lucas alla major. Sin dalla prima apparizione la coppia composta dal cacciatore di taglie mandaloriano Din Djarin (Pedro Pascal/Brendan Wayne) e dal “piccolo” Grogu aka baby Yoda ha appassionato virtualmente tutti gli spettatori del range generazionale molto ampio che compone i fan della saga di Star Wars, e tra colpi di scena, rivelazioni e ritorni di personaggi dei film più celebri o dei cartoni animati The Mandalorian è arrivato alla terza stagione.

Il secondo episodio della terza stagione, intitolato Le miniere di Mandalore, ci riporta per la prima volta in live action tra le rovine di Mandalore, il leggendario pianeta sacro dei mandaloriani distrutto subito dopo l’avvento dell’Impero e comunemente considerato inabitabile. Come spiegato nel primo episodio della nuova stagione, “Mando” deve immergersi nelle Acque Viventi, le acque sacre che si trovano sul fondo delle miniere del pianeta per purificarsi e fare ammenda del suo sacrilegio: essersi tolto per ben due volte l’elmo, in entrambi i casi per amore di baby Yoda, violando uno dei più importanti voti alla base del credo mandaloriano. Giunto sul pianeta, Mando scopre con piacere che l’aria è respirabile, ma una volta disceso tra le rovine assieme a Grogu viene aggredito e preso prigioniero da un misterioso cyborg insetto-rettile. Baby Yoda riesce a salvarlo andando a chiamare in soccorso su una luna vicina la decadente Bo Katan, re pescatore al femminile da quando Mando le aveva sottratto in duello la Dark Saber: Bo Katan salva la vita a Mando e, un tempo regina del pianeta, lo scorta fino alla sorgente delle acque sacre, ma deve nuovamente salvare il cacciatore di taglie quando questi precipita in un abisso di acque scure popolato da mostri.
Sin dai suoi primi episodi, sul finire del 2019, The Mandalorian aveva stupito gli spettatori più attenti per il connubio tra svariati generi cinematografici: non solo la fantascienza, la space opera, che da sempre è stato il genere d’elezione di Star Wars, ma anche il western, l’action, i film di samurai, e alcuni stralci di soft horror si sovrapponevano nel tessuto narrativo della serie, creando un connubio al tempo stesso famigliare ed efficace. Il secondo episodio della terza stagione, diretto da Rachel Morrison e scritto da Jon Favreau, non è da meno, ed è caratterizzato da una particolare struttura ascensionale: il percorso tracciato da Din Djarin, baby Yoda e Bo Katan va dalle stelle agli abissi, in una cornice da racconto cavalleresco con l’eroe alla ricerca della sorgente sacra – non più la fonte dell’eterna giovinezza, non più il Graal, ma le Acque Viventi della purificazione. La scoperta del potenziale fantascientifico degli abissi del mare si deve a James Cameron e al suo film più sottovalutato, Abyss del 1989, ma l’ipotesi delle meraviglie del profondo, per non dire del possibile, è molto più arcana. Come sempre, il meraviglioso nella narrativa si dipana secondo la logica ambigua del fascinans, del miraculum, del tremendum, di ciò che è magnifico e terribile a un tempo. Delle fantasie antiche, moderne e post-moderne su ciò che gli abissi del mare celano The Mandalorian 3×2 contiene un riferimento chiarissimo, sia pure occasionale e – nei confini dell’episodio – non destinato a portare ad ulteriori sviluppi di trama: quando Bo Katan si immerge a sua volta tra gli abissi di Mandalore per recuperare Din Djarin, nel riportarlo esanime “dal pelago a riva” sfiora la testa di un gigantesco mostro abissale. Nel mondo di Star Wars si chiama Mitosauro, ma è difficile non riportare la mente al mostruoso Leviathan menzionato dalla Bibbia, o al leggendario Kraken dell’immaginario norvegese. Nella quinta puntata di The Book of Boba Fett peraltro l’Armaiola aveva profetizzato che solo il ritorno del Mitosauro avrebbe dato vita a una nuova era per Mandalore, e probabilmente questo “cameo” avrà ulteriori sviluppi negli episodi a venire.

Si potrebbe andare ancora più a fondo a dissodare gli archetipi alla base della struttura narrativa di The Mandalorian 3×2. C’è anche un discorso elementale piuttosto chiaro, in questa progressione ascensionale che i tre protagonisti compiono: dall’universo siderale dei viaggi nell’iperspazio, per così dire dall’“etere”, Mando e i suoi prima discendono nell’aria, scoperta con una certa sorpresa sulla superficie di Mandalore, poi nel cuore della terra-tellus, attraverso vecchie strutture minerarie in disuso, alla fine in un’acqua sempre più scura e sempre più pericolosa, l’esatto contrario dell’accogliente liquido amniotico che, Freud, Jung e soprattutto Ferenczi testimoni, è alla base di pressoché tutto il simbolismo dell’acqua nell’iconologia occidentale. Non solo: tutto l’episodio può essere letto distintamente attraverso le teorie di Vladimir Propp e di Joseph Campbell, nel Novecento, rispettivamente, il più grande studioso delle fiabe popolari e il più grande studioso delle strutture del mito. Il collegamento non è affatto pretestuoso, tanto più che fu proprio George Lucas, il creatore di Star Wars, a far conoscere le opere di Campbell a Hollywood, costruendo una delle saghe di maggior successo della storia del cinema sulla base delle teorie de Il viaggio dell’eroe. Rispetto alle funzioni e alle strutture delle fiabe individuate da Propp in The Mandalorian 3×2 ci sono tutte le principali: dai guardiani della soglia – i porcileschi alamiti che Mando e Bo Katan sgominano senza grosse difficoltà entrando nelle miniere – all’aiutante magico, passando per tutte le tappe dell’allontanamento, del divieto, dell’infrazione, a cui del resto tutta la storia fino ad oggi narrata da The Mandalorian obbedisce. Più interessante è il discorso che si potrebbe fare rispetto al viaggio dell’eroe di Campbell: molte delle tappe individuate dal mitografo statunitense ci sono, eppure tutto l’episodio è caratterizzato da una costante sconfitta, per Mando, salvato una volta da baby Yoda e ben due volte da Bo Katan. Questo episodio esemplifica bene la tendenza di Hollywood a dare una crescente centralità ai lead female character, ma la esemplifica anche positivamente: il ruolo di salvatrice rivestito da Bo Katan non risulta mai forzato e, senza tracciare un antitetico viaggio dell’eroina che pure è stato teorizzato negli ultimi tempi in ambito femminista, il suo character arc attraverso l’episodio segna un importante contrappunto al cammino di Din Djarin. Lo stesso Joseph Campbell, del resto, dopo l’apparizione della sua opera più nota si interessò anche alle pertinenze mitiche del femminile e del mondo matriarcale delle dee, come dimostra una raccolta di saggi edita pochi anni fa in Italia da Tlon.

L’episodio 3×2 di The Mandalorian, tutt’altro che un filler o una puntata di passaggio, segna un importante avanzamento nella costruzione di un universo narrativo che si rivela sempre più ricco di echi e di risonanze, oltre che di appeal sul grande pubblico. O non saranno gli stessi archetipi ad alzare lo share?
Dal 2015 Birdmen Magazine raccoglie le voci di cento giovani da tutta Italia: una rivista indipendente no profit – testata giornalistica registrata – votata al cinema, alle serie e al teatro (e a tutte le declinazioni dell’audiovisivo). Oltre alle edizioni cartacee annuali, cura progetti e collaborazioni con festival e istituzioni. Birdmen Magazine ha una redazione diffusa: le sedi principali sono a Pavia e Bologna
Aiutaci a sostenere il progetto e ottieni i contenuti Birdmen Premium. Associati a Birdmen Magazine – APS, l‘associazione della rivista
[…] la recensione contiene spoiler dell’episodio 19 | Nell’episodio precedente Din Djarin, Grogu e Bo-Katan erano alle prese con la quest simil-arturiana che li vedeva alla […]