
The Mandalorian – Capitolo XVII – Questa è ancora la via
Attenzione: la recensione contiene spoiler dell’episodio 17 | C’è tutto Star Wars nei trentacinque minuti e poco più dell’esordio di questa attesa terza stagione di The Mandalorian, ormai vero e proprio prodotto identitario di Disney+, convenientemente arrivato a poche settimane dal rinnovo degli abbonamenti annuali. Il campionario è completo, con mostri giganti sempre più convincenti, culti spaziali, battaglie tra i meteoriti e pirati intergalattici, il tutto con al centro la granitica e inscalfibile figura di Din Djarin in questa run alla ricerca di sé stesso e del diritto di farsi chiamare come titola la serie. Dopo l’estrema delusione di The Book of Boba Fett – salvata in corner unicamente quando è diventata qualcosa di più di un spin-off dell’ammiraglia – il franchise Western/Sci-fi interno alla Galassia di Lucas sembra aver ritrovato la sua direzione.

Bisogna tornare proprio a The Book of Boba Fett per il gancio iniziale di questa terza stagione: Din Djarin, per molti ancora conosciuto come “Mando” (per esempio da Greef Karga, a sottolineare il paradosso identitario), non è più considerato un Mandaloriano: togliere il casco, mostrarsi, avere un volto di fronte a qualcuno – Grogu su tutti, in questo episodio presenza comica, ma sempre magnetica – è stato per lui deviare dalla Via. Eppure Din Djarin non rinuncia al suo apparire un Mandaloriano, continuando a (in)seguire la Via anche da apostata – titolo programmatico dell’episodio e dell’intera stagione – all’inseguimento di luoghi leggendari e forse perduti per sempre piuttosto di negare il suo retaggio, vivendo al margine tra il proprio trascorso e la propria vocazione.

Questa tensione tra il suo essere stato e il suo essere attuale tiene vivo e fresco il personaggio – sempre abitato da un Pedro Pascal al culmine della sua pervasività mediale – e si riverbera in ogni sequenza dell’episodio: i luoghi attraversati, gli incontri, persino il droide IG-11 reso monumento sono tutti plastica rappresentazione di un passato e un futuro eternamente inconciliabili, all’interno di una Galassia che, ricordiamo, si confronta ancora con la caduta dell’Impero e il confuso sfaldarsi delle sue strutture – agli antipodi di quanto visto in Obi-Wan Kenobi e in Andor -, spezzata e disordinata, dove la sopravvivenza di vecchi culti e tradizioni appare inattuale e inevitabilmente votata alla rovina, come mostrato dalla potentissima immagine di Bo-Katan di fine episodio: sola, in una posa inverosimilmente shakesperiana, rovina tra le rovine di qualcosa di eternamente perduto.

La promessa di questa terza stagione di The Mandalorian è doppia: l’episodio 17 regala sequenze di insperata freschezza narrativa, dall’altissimo potenziale d’intrattenimento e genuinamente entusiasmanti senza mascherare quell’esibito senso di artigianato del fantastico (messo in forma nella primissima sequenza) che caratterizza il meglio di Star Wars; allo stesso tempo, si apre nella serie una profondissima dimensione interiore attraverso cui si rinnova la figura del suo protagonista, con un Din Djarin allo stesso tempo membro rinnegato e legittimo leader (per via della Darksaber) dei Mandaloriani, nuovamente incapace di mostrarsi al di là del proprio elmo, seguendo una Via che potrebbe aver irrimediabilmente tradito. La speranza è che l’equilibrio tra gli elementi posti magistralmente in nuce in questo episodio 17 – luminosamente diretto da Rick Famuyiwa – si mantenga come il sentiero fiorente di una serie che ha saputo più volte cogliere al meglio l’eredità autentica di ciò che Star Wars ha voluto essere: questa è ancora la Via, noi la seguiamo fiduciosi.

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