
Gli Anelli del Potere – Episodio 3 │Il regno di Númenor
L’atteso terzo episodio della serie Gli Anelli del Potere (Rings of Power), diretto questa volta da Wayne Che Yip, è arrivato su Amazon Prime Video una settimana dopo l’uscita in contemporanea dei primi due in cui sono stati introdotti il mondo di Arda e le storyline dei diversi protagonisti destinati ad affrontare il Male che minaccia la Seconda Era della Terra di Mezzo. Il world building è quasi completo, le regole della serie sono stabilite e la struttura degli episodi ormai è chiara: le avventure dei personaggi si intrecciano di continuo, passando velocemente da una vicenda all’altra, talvolta con l’ausilio della mappa (espediente familiare ai fan de Il Trono di Spade); il rischio, già emerso nella parte iniziale, è quello di adottare un ritmo troppo frenetico, in cui il carico di informazioni e gli eventi sono così densi da non poter essere recepiti in una volta sola.

Al contempo, però, si intuisce che le questioni fondamentali legate a figure o a oggetti oscuri verranno rivelate in modo più graduale, dando la sensazione che i vari indizi potranno formare un quadro più chiaro solo a stagione conclusa: ad esempio, si veda quella sorta di MacGuffin alla fine del secondo episodio costituito dal baule che il re Durin III e il principe Durin IV osservano avidamente, oggetto di diverse ipotesi da parte degli appassionati riguardo il suo contenuto. In effetti, tale impostazione è confacente alla formula dell’episodio settimanale che richiede materiale narrativo più sostanzioso per mantenere alti gli ascolti, dotandosi poi di cliffhanger che non necessariamente verranno risolti nell’episodio successivo.

Tornando al terzo episodio, la mappa di Arda aggiunge una nuova tappa con la presentazione del regno insulare di Númenor, un tempo luogo di pace e di convivenza tra Uomini ed Elfi, in cui approdano Galadriel e Halbrand. Qui vengono introdotti nuovi personaggi, tra cui un giovane Isildur, nome assai noto agli appassionati dell’universo fantasy di Tolkien e che richiama immediatamente il prologo del film Il Signore degli Anelli – La Compagnia dell’Anello, in cui il suo personaggio ha un ruolo cruciale nel destino dell’Anello del Potere.
C’è poi la figura di Adar, che dà il titolo all’episodio e che ne costituisce una sorta di fuori campo, continuamente evocato dagli orchi delle Southlands e associato, da alcuni, alla figura di Sauron: permane dunque l’aura di mistero già accennata in precedenza, che dà l’idea di un Male sotterraneo, nascosto alla luce del sole – come lo sono fisicamente gli orchi –, quasi impalpabile. Un Male che non risparmia vite umane ed elfiche in una sorta di arena, tra il putridume, il fango e l’orrore, dove queste sono costrette ai lavori forzati: i combattimenti con gli orchi mantengono un’estetica da videogioco già impostata negli episodi iniziali, con i movimenti a ralenti che rischiano di rendere alquanto didascalica e pomposa l’azione dei personaggi.

C’è anche del buono in questo mondo. Infatti, è nel terzo episodio che si respira maggiormente il valore dell’amicizia, dell’alleanza, della cooperazione: si formano le prime compagnie, eterogenee, tra Elfi e Uomini, Pelopiedi e giganti (l’Uomo delle stelle), e iniziano le prime migrazioni, le avventure nella Terra di Mezzo. Comincia il viaggio, per certi versi il nostos, per chi vuole tornare a casa ma anche per chi ne cerca una nuova, nella lotta contro il Male e all’alba di una nuova guerra.

A fare da contraltare alla narrazione incalzante e alle storie parallele dei protagonisti, ci sono i campi lunghi e lunghissimi della maestosa e imponente isola di Númenor, delle distese spiagge su cui cavalca Galadriel, spazi sconfinati in cui respirare ed assaporare lo splendore delle location della Nuova Zelanda, luoghi già calcati dalla trilogia di Peter Jackson. Questo aspetto conferma gli enormi sforzi produttivi, l’impiego di un budget altissimo, ma anche una rotta ben definita da seguire: la serie sconfina nel puro cinema a livello fotografico e chiede di essere guardata dallo schermo più ampio che si possiede, non più relegata alla fruizione tramite lo smartphone e dunque a un linguaggio basato essenzialmente sui primi piani (che pur non mancano).
Gli Anelli del Potere si inserisce dunque in un percorso già tracciato da alcuni anni – il referente è di nuovo Il Trono di Spade, in particolare l’ottava stagione –, che richiede una scelta precisa del dispositivo e, soprattutto, delle modalità di visione, che tornano ad essere più tradizionali, ricreando il buio e le condizioni di esperienza della sala cinematografica. Tale impostazione non è dunque una novità, ma senz’altro incuriosisce e rende già grande un prodotto seriale che, tra l’accuratezza dei dettagli e le scenografie sontuose, ci accompagnerà in modo avvolgente e immersivo verso i grandi tumulti della Terra di Mezzo.
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