
Vampyr – L’orrore onirico di Dreyer
Vampyr, primo film sonoro del regista danese Carl Theodor Dreyer distribuito dall’UFA – società di produzione e di distribuzione cinematografica tedesca allora attiva – uscì nel 1932: insieme a Dracula (1931) di Tod Browning e Nosferatu di Murnau (1922) costituisce un’ideale trilogia sulla figura orrorifica del vampiro.
Dreyer, tuttavia, lascia da parte l’opera che ha ispirato le pellicole precedenti, Dracula di Bram Stoker, per attingere invece alle novelle di Joseph Sheridan Le Fanu, in particolare Carmilla. Inoltre, rinuncia alla rappresentazione iconografica legata al vampiro – tra il mostro orripilante e deforme e la creatura malvagia e affascinante – che qui invece assume le sembianze di un’anziana donna, dall’aspetto apparentemente conforme alla norma.

Vampyr racconta dell’arrivo del giovane viaggiatore Allan Grey in una locanda desolata, situata in un villaggio di contadini dove accadono strani fenomeni, legati alla presenza di una vampira e di un bizzarro dottore, suo braccio destro: l’intervento del protagonista è richiesto da un uomo per liberare la propria famiglia e il villaggio dalla maledizione e dal contagio. La missione di Allan è accompagnata da un libro sui vampiri, supporto testuale che racconta leggende e storie su tali creature tanto ai personaggi quanto agli spettatori: in questo senso, la pagina scritta del libro diventa una sorta di elemento paratestuale, che fornisce informazioni cruciali alternandosi all’azione vera e propria. Tale componente assolve e prosegue la funzione dei cartelli posti all’inizio del film, le cui didascalie introducono la storia di Allan Grey come un retaggio del cinema muto: fase da poco superata, come si evince anche dalla scarsa presenza di dialoghi.

Il racconto viene infatti affidato alle immagini, che abbandonano gli scenari notturni nei quali tradizionalmente agiscono i vampiri, privilegiando la luce accecante del giorno: il sole imprime sulla radura le ombre di figure sinistre, incorporee, le quali rivelano sé stesse nel fascio luminoso, quasi come proiezione di un inconscio, che segnala il confine molto labile tra realtà e fantasia.
Il protagonista osserva le loro azioni che, sulla base dei dettami dell’epoca di evitare la violenza sulla scena, avvengono in uno spazio fuori campo, evocato dalle sagome sul muro o sull’erba, o dallo spostamento spaziale verso un’altra immagine, adottando in entrambi i casi una poetica della sostituzione che esprime ugualmente la ferocia degli avvenimenti. È il caso dell’ombra dell’uomo con la falce, personificazione della morte che perseguita il protagonista fin dal suo arrivo e tema che aleggia in tutta l’opera, che infatti dialoga con la presenza dei non-morti.

In una logica di evasione visiva, l’atmosfera della pellicola è rarefatta, quasi sospesa nell’incertezza di cosa accade e, soprattutto, onirica, al punto da chiedersi se realmente stia accadendo qualcosa. Emblematico in questo senso è il sogno premonitore di Allan, la cui anima, abbandonato il corpo – in una scena che ricorda il sogno del proiezionista de La palla n° 13 (Buster Keaton, 1924) – assiste a una sua possibile morte: l’uso della soggettiva del presunto defunto, che dalla bara osserva i suoi assassini e ascolta le campane della chiesa, trascende i limiti del reale, dimostrando quanto sia sottile la linea che lo distanzia dal soprannaturale.
Per quest’ultimo aspetto e per la presenza di un’entità mostruosa, Vampyr viene ascritto al genere dell’orrore, sebbene ne condivida solo alcuni aspetti: basti pensare alla rinuncia di una figura aberrante, dai canini e dalle unghie affilati, a favore invece di un’opera di sottrazione, in cui, come si è detto, l’azione è relegata al fuoriscena o affidata al testo.

Tuttavia, Dreyer riesce a costruire la tensione attraverso l’uso espressivo e sapiente della macchina da presa che ispeziona le stanze vuote, tramite le panoramiche e i dettagli di oggetti funzionali al racconto, insieme ai primissimi piani di espressioni crudeli e volti terrorizzati. È nello specifico il montaggio, alternato e parallelo, ad aumentare la tensione, nei momenti in cui le pagine del libro sui vampiri si alternano all’azione che ne è un effettivo compimento, creando un meccanismo di anticipazione e di suspense, nell’attesa della salvezza della fanciulla e della sconfitta del nemico.
Con Vampyr, Dreyer entra dunque nella dimensione del fantastico e del genere horror, contaminato dal surrealismo e dall’assurdo: queste componenti – dal legame intrinseco con il sogno e la sospensione della credulità – si amalgamano a una narrazione coerente, per quanto bizzarra. In questo scenario evanescente, l’orrore risiede in ciò che non si vede, nella sua stessa evocazione. Nel sogno che può trasformarsi in un incubo.
Dal 2015 Birdmen Magazine raccoglie le voci di cento giovani da tutta Italia: una rivista indipendente no profit – testata giornalistica registrata – votata al cinema, alle serie e al teatro (e a tutte le declinazioni dell’audiovisivo). Oltre alle edizioni cartacee annuali, cura progetti e collaborazioni con festival e istituzioni. Birdmen Magazine ha una redazione diffusa: le sedi principali sono a Pavia e Bologna
Aiutaci a sostenere il progetto e ottieni i contenuti Birdmen Premium. Associati a Birdmen Magazine – APS, l‘associazione della rivista