
Cars 3: il tuono dopo la saetta
Col tempo impareremo a misurare la distanza tra desiderio e pretesa, ma fino ad allora quella distanza non esisterà o sarà comunque di difficile misurazione. Col tempo capiremo che quella distanza si chiama valutazione ed essa può essere nociva sia per chi la riceve sia per chi la dà, ma questo non ce lo dirà nessuno e sarà per noi una scoperta sconvolgente quanto necessaria. I difetti di Cars 3, diretto da Brian Fee, si possono riassumere così, e i suoi meriti pure.
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Saetta McQueen ha avuto i suoi giorni di gloria e sono stati molti e belli, ma anche i migliori, si sa, col tempo sfumano, appassiscono e inevitabilmente cambiano. Il mondo però cambia e più velocemente rispetto al nostro protagonista e il nome di questo cambiamento è Jackson Storm. Difficile credere che la scelta del cognome sia casuale: dopo il fulmine ovviamente arriva la tempesta. Storm non è solo migliore di McQueen, è anche semplicemente più al passo coi tempi e l’innovazione tecnologica che porta con sé è destinata a spodestare non solo Saetta ma un’intera generazione di piloti talentuosi ma oramai superati. A seguito di un incidente spettacolare, che quindi lo colloca in continuità con i suoi due illustri predecessori, Doc Hudson e King, Saetta contempla la possibilità di ritirarsi dal mondo che lo ha cresciuto ma che ormai sembra non avere più bisogno di lui. Sarà proprio il ricordo del suo mentore e del suo ingrato destino a motivarlo a ricominciare con un nuovo look, una (quasi) nuova scuderia, e un nuovo tipo di allenamento che lo spingerà ben oltre i suoi limiti. In tutto questo il personaggio di Cruz Ramirez (anche qui la scelta del nome non è politicamente casuale), una sorta di personal trainer del nostro protagonista, fungerà da specchio distorto per Saetta ma anche per gli spettatori. O meglio, non è Ramirez a essere distorta, ma è il modo in cui Saetta guarda sé stesso che comincia ad esserlo. Questa disarmonia porterà a dei picchi di hubris caratteristici del personaggio in tutti i film, solo che questa volta il fio da pagare richiederà un percorso di espiazione molto più intenso e una scelta finale inaspettata ma coraggiosa.
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Volendosi allontanare dalla deriva spionistica tanto criticata (non dal sotto scritto volendo essere sinceri) del precedente capitolo, Cars 3 ritorna alle origini, per così dire, in una storia che si concentra solo sulle corse e il suo mondo. Questo è solo un primo livello, in realtà il film perde anche molto della dimensione corale dei precedenti capitoli e da un lato questo favorisce il viaggio di formazione di Saetta e Cruz regalandoci dei momenti molto profondi e maturi, dall’altro i personaggi secondari sono inevitabilmente penalizzati e quello a soffrirne più di tutti è Cricchetto che in questo film arriva difficilmente a 10 minuti di presenza su schermo oltre a sembrare, ormai non solo d’aspetto, visibilmente più arrugginito. È un peccato se si considera che erano proprio i comprimari, tanto nel primo quanto nel secondo film, l’aspetto più originale e efficace della saga, più anche del protagonista. Nessun personaggio brilla particolarmente e questo è forse in sintonia con la storia stessa che pur conservando un’anima spensierata e giocosa, non può fare a meno di rallentare in certi punti in funzione di una dimensione umana intima e poetica.
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Cars 3 è un film sul tempo e il suo scorrere. Come da tradizione, la Pixar ha preso una caratteristica tipicamente umana e l’ha inserita in un contesto oggettivato e più immediato. In questo caso si tratta dell’abitudine troppo umana di dare una circolarità al tempo, quando esso invece è solo lineare e per questo sfuggente. Ciò ha delle inevitabili ripercussioni sul nostro modo di affrontare l’esistenza e in particolare quella nostra soggettiva. Come Up (non è un film per tutti ma a differenza di quest’ultimo che sa emozionare indipendentemente dall’età) Cars 3 può annoiare gli spettatori più piccoli e deludere quelli più grandi. Nonostante tutto non stiamo parlando di un brutto film, certamente è perfettibile, eppure risonante e rimbombante di una grandezza sfumata, appassita ma non per questo ridimensionata. Proprio come un tuono, Cars 3, fa avvertire la sua potenza anche dopo che il fulmine è caduto e il fulmine è sicuramente il primo film, tutt’ora il migliore della serie; il tuono è questo terzo capitolo più diluito e pensato dei precedenti, non brillante ma certamente ben fatto. Chi si aspettava una conclusione potente dovrà ridimensionare le sue pretese, ma col tempo e solo col tempo saprà apprezzare un film che ha molto da dire a chi sa aspettare.
Extra – Recensione di Lou
Il cortometraggio d’apertura, Lou, è una deliziosissima sorpresa firmata Dave Mullins. In un giardino d’infanzia un piccolo bullo si troverà al centro di una vicenda surreale quanto divertente: l’incontro con il “mostro” Lou. Questo incontro/scontro lo porterà (e ci porterà) a riflettere sull’origine di molte, se non tutte, le disuguaglianze presenti nelle cosiddette “civiltà”. Lou, il mostro, è probabilmente il figlio diretto del magistrale lavoro d’animazione che la Pixar ha svolto in Toy Story 3 (in particolare nella sequenza notturna con Mr. Potato). Si tratta di un corto ascendente, che parte piano, diverte tanto nel mezzo, e soddisfa con una conclusione appagante e liberatoria. Solo questo vale il prezzo del biglietto.
L’articolo è stato pubblicato il 15 settembre 2017 sul sito http://inchiostro.unipv.it/
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