
“Star Wars Visions” è una seconda stagione
Alla New York World’s Fair del 1964, Osamu Tezuka incontrò Walt Disney. Sembra che tra i due ci fosse stima reciproca per i rispettivi lavori e addirittura il secondo si disse speranzoso di poter realizzare un giorno qualcosa col primo. Disney sarebbe morto da lì a due anni ma non è mistero che Tezuka, di fatto il prima mangaka ufficiale della storia, si sia ispirato proprio a Biancaneve e Bambi per il suo seminale Astroboy, così come è noto che George Lucas abbia preso ispirazione proprio dalla cinematografia di Kurosawa (oltre che dal recentemente trasposto al cinema Dune di Frank Herbert) per il suo Star Wars. Tutta la mitologia stellare lucasiana a ben guardare è una rielaborazione di visioni di cinema di genere unita a un lavoro di animazione che ha segnato indelebilmente la storia della cultura popolare.
Visioni che portano anche la firma importantissima di Ralph McQuarrie, i cui lavori sono di fatto la stagione zero, per non dire la prima vera e propria, della serie Star Wars Visions, dal 22 settembre in streaming su Disney+. Fu McQuarrie infatti a realizzare le prime “visioni”, ovvero disegni, immagini e illustrazioni che avevano il duplice scopo di realizzare le a loro volta visioni di Lucas di mondi immaginifici e ispirarne di nuove. I nove episodi in streaming su Disney+ sono pertanto una “seconda stagione” di quelle visioni altrettanto originali che hanno dato vita al mito canonico e che riescono a stupire lo spettatore proprio come McQuarrie aveva fatto con Lucas. Ognuno dei nove episodi è un ideale punto di partenza o d’incontro per una nuova mitologia lucasiana tanto riconoscibile quanto inaspettata.

Il Duello – Kamikaze Douga
Un misterioso viandante arriva in uno sperduto villaggio abitato da contadini. Ben presto però il villaggio è invaso da una forza nemica che vuole assoggettare i pacifici abitanti. Solo il misterioso viandante si frappone tra gli innocenti e gli invasori e l’arma che l’accompagna reca con sé un oscuro segreto. Kamikaze Douga non è nuovo a incontri con la mitologia occidentale (si veda il suo Batman Ninja) ma in questo caso non si può parlare di una contaminazione con l’Occidente, quanto di un vero e proprio ritorno a casa. Il suo corto omaggia Kurosawa e tutto il cinema dei samurai e solo qualche contributo sonoro (l’inconfondibile suono della spada laser) ci ricorda che ci troviamo in una Galassia lontana lontana abitata da Jedi e Sith. Il corto di apertura è quindi anche un avviso ai viandanti: non state vedendo Star Wars e Giappone ma Star Wars in uno dei suoi luoghi di nascita.

Rapsodia a Tatooine – Studio Colorido
Esiste la musica rock nell’universo di Star Wars? Per Yasumi Atarashi sì e per dimostrarcelo ci regala una storia disegnata in stile chibi che curiosamente non cozza troppo con l’immaginario di Star Wars. L’unico corto ad avere i personaggi (e i luoghi) dei film, Rapsodia su Tatooine è un omaggio alla musica rock giapponese che da più di trent’anni caratterizza le sigle degli anime (innegabile ad esempio le sonorità con My Hero Academia). Un gustoso intermezzo musicale arricchito da una storia prevedibilmente sorprendente e compiutamente appagante.

I gemelli – Studio Trigger
Due gemelli del Lato Oscuro scoprono la verità sulla loro esistenza e iniziano un duello che potrebbe dar vita a un conflitto più grande in tutta la Galassia. Non stupiscono né possono essere casuali le convergenze di trama con la saga canonica di Lucas. La vera sorpresa di questo corto però risiede nello strabiliante gioco di colori e montaggio: un vero e proprio festival psichedelico dove il protagonista è il dualismo cromatico tra i due avversari.

La sposa del villaggio – Kinema Citrus
Il quarto corto si apre con quella che sembra (ed è) una riflessione antropologica su un aspetto della cultura giapponese. Il contesto è costruito talmente bene da rendere difficile nella prima metà del corto capire chi siano i protagonisti di una non ancora chiara vicenda. Ma non si prova alcun fastidio nell’incertezza, anzi la vicenda veicola bene la nostra curiosità che nella seconda parte è adeguatamente soddisfatta. La sposa del villaggio è forse il corto meno legato all’immaginario di Star Wars e sicuramente quello che più di tutti risponde all’esigenza di presentare il Giappone a un pubblico che non lo conosce. Cionondimeno si tratta di un lavoro curatissimo, piacevolmente narrato e appagante nel ritmo.

Il nono Jedi – Production I.G.
Nonostante la scarsezza di dettagli sulla storia pregressa, il Nono Jedi è quasi sicuramente il corto più amorevolmente fedele all’immaginario lucasiano e il più rispettoso della tradizione di Star Wars. La ricerca da parte di un giovane Jedi di un maestro e delle vie della Forza lo condurrà a scontrarsi con il potere più grande dei Sith: l’inganno. Il tutto mentre la figlia di un fabbricante di spade sensibile alla Forza mette in salvo ciò che resta della cultura Jedi in una sequenza che è forse la più bella citazione mai fatta a Il Ritorno dello Jedi. A completare il corto, una ricercatezza estetica perfettamente equilibrata tra citazionismo e iconografia.

T0-B1 – Science Saru
Poteva un anime a tema Star Wars prodotto da Disney non omaggiare il primo anime della storia ammirato anche da Walt Disney? T0-B1 o per semplicità “Tobi” è senza dubbio un “astroboy” (o MegaMan della Capcom, fate un po’ voi) adattato per la Galassia lontana lontana. A colpire maggiormente in questo corto non è la scrittura, per ovvi motivi non originalissima, quanto la realizzazione grafica. La delicatezza del tratto e l’animazione ora fluida ora frenetica sono i fiori all’occhiello di un prodotto che riesce inaspettatamente a far convivere due “anime” (scusate il gioco di parole voluto) apparentemente inconciliabili (la favola e l’epica) in un racconto di grande impatto.

Il vecchio – Studio Trigger
Il secondo corto realizzato da Studio Trigger è quanto di più lontano ci possa essere dal loro primo corto, I gemelli. Una storia veramente piccola ed esposta coi suoi tempi. Un giovane padawan e il suo maestro si mettono alla ricerca di un male antico di cui solo il secondo ha avvertito la presenza. Quello che poteva essere un interessante racconto di formazione è più che altro un pretesto per mettere in scena un duello obiettivamente ben riuscito e un antagonista sufficientemente inquietante in una cornice monocromatica e a tratti un po’ monotona.

Lop e Ochō – Geno Studio
Probabilmente il corto più denso e stratificato di tutta la serie, Lop e Ochō è una riuscitissima commistione di molteplici generi sia visivi che narrativi che possono essere suddivisi a loro volta nei tre atti che compongono il corto: nei primi minuti prevale l’apparenza, non intesa come inganno, ma come incompletezza. Sembra di trovarsi davanti a una classica storia Disney di famiglie allargate e felici ma anche a una classica storia con protagonista una creatura del Furry Fandom, personaggi particolarmente apprezzati nell’animazione giapponese e non solo. Nella parte centrale prevale il dramma sia familiare che personale e l’animazione si fa più cupa e incerta, come se mostrasse una storia di profughi (o ninja) in fuga. L’ultima parte è uno scontro tra bene e male in piena regola e gli esponenti di entrambe le fazioni ne escono più definiti anche e soprattutto a livello di disegno. Un corto riuscito come pochi e profondamente coinvolgente.

Akakiri – Science Saru
Akakiri è la nebbia rossa che pervade lo stato d’animo vacillante di un protagonista conteso tra le forze della luce e delle tenebre: un samurai dotato di spada laser che vive per proteggere. Un desiderio tanto nobile quanto potenzialmente egoistico, che fa gola all’antagonista. Akakiri è un affondo diretto nel cuore di quello spettatore che pensa di aver vissuto tutta la sofferenza possibile dopo Episodio III. Ma se Episodio III è un affondo lento e angosciante, Akakiri è un colpo di grazia più diretto e spiccio che non concede neanche la forza di disperarsi.

Manga e fumetti, animazione giapponese e occidentale, la tradizione degli anime e della animation americana sono molto più di un formale incontro tra culture. In realtà sono un’unica storia che si diversifica in alcuni punti solo per offrire varietà a un’audience (e a un mercato) che probabilmente rischierebbe troppo spesso di essere satura di sé stessa. Ai già citati Walt Disney e Osamu Tezuka, si accodano una miriade di produzioni “crossover” di cui ricordiamo solo alcuni esempi recenti per necessità di sintesi: Batman: Gotham Knight e il già citato Batman Ninja, i Marvel Anime, Halo Legends. Star Wars Visions è in parte un prodotto occidentale reimmaginato da una scuola orientale ma è anche e soprattutto una fucina di idee che riesce perfettamente a invogliare lo spettatore, sia scolarizzato che a digiuno di Star Wars, a desiderarne di più.
Nove storie che compongono una lista di possibilità visive e narrative. Come potrebbe essere la Galassia lontana lontana se artisti di altre scuole ci mettessero mano? Come sarebbero le spade laser, l’Impero, i Ribelli, la Forza? Sia chiaro, non parliamo di realtà alternative o mondi possibili come potrebbe essere per la serie Marvel What if..? ma di nuovi punti di partenza per nuove epopee. Se ne vedremo altri non ci è dato saperlo al momento, né sappiamo se qualcuno dei corti vedrà una sviluppo ulteriore (ma tenete d’occhio l’uscita del romanzo Star Wars Visions: Ronin). Quello che è certo è che i corti di Visions sono probabilmente la cosa più autenticamente “starwarsiana” da molto tempo a questa parte. Dove infatti anche gli altri film di Lucas, la trilogia sequel e ancora tutti i prodotti derivati, da film, serie TV, fumetti e videogiochi, hanno sostanzialmente orbitato attorno all’idea originale, Visions propone dei nuovi centri luminosi per altrettante galassie lontane lontane offrendocene la visione dal punto più vicino.

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