
Le avventure di Bianca e Bernie – Ri-cominciare dai topi | Disney+ Revisited
Con il rilascio di Disney+ e la messa a disposizione di tutti gli abbonati di un vastissimo catalogo di prodotti marchiati Disney, i Classici d’animazione senza tempo che hanno accompagnato diverse generazioni di spettatori si trovano ora immersi nell’eterno presente delle piattaforme digitali. Con Disney+ Revisited analizziamo che effetto fanno oggi questi film, a cui viene restituita una nuova vita commerciale.
«Spero non ci si dimentichi mai di una cosa: tutto è cominciato con un topo». Pronunciata nel 1954 in What Is Disneyland, l’iconica frase di Walt Disney riecheggia ancora oggi nella memoria di tutti. A pensarci bene però, verrebbe da aggiungere che sì tutto comincia da un topo, ma tanti roditori sono tornati a salvare i protagonisti dei classici Disney: dopo Timoteo e i topini di Cenerentola, nel 1977 la major decide di rammentare gli esordi del capofamiglia animato portando sul grande schermo Bianca e Bernard, o più semplicemente Bernie.

Prendendo spunto dall’omonima serie di libri di Margery Sharp, Le avventure di Bianca e Bernie è il ventitreesimo classico d’animazione Disney. Come suggerisce il titolo, la pellicola segue le vicende dei due topini che dopo aver rinvenuto una richiesta di aiuto all’interno di una bottiglia, si mettono sulle tracce della piccola orfana Penny. Elogiato da pubblico e critica, il film è stato definito da Leonard Maltin «una boccata d’aria fresca per tutti coloro che erano preoccupati per il futuro dell’animazione alla Walt Disney […] il film d’animazione più soddisfacente a provenire dallo studio dopo La carica dei Cento e uno».

Portando in scena una miscela di vecchi stereotipi già rappresentati in differenti classici – in primis la storyline dell’ eroina costretta a sottostare alle angherie della perfida megera (Biancaneve e i Sette Nani e Cenerentola) e poi quella della liberazione dei prigionieri (già vista ad esempio ne La Bella Addormentata nel Bosco e in Robin Hood) – la casa di Topolino punta questa volta sul thrilling e l’avventura, cercando di aprirsi timidamente a una trama strutturata più ampia e pretestuosa, fatta non solo di luoghi vicini e lontani, ma anche di personaggi continuamente introdotti “all’improvviso” con cui si fatica a familiarizzare.

Eppure è ancora una volta il character design il punto di forza del film. Da una parte gli animali, così accentuatamente antropomorfi da organizzarsi in Società di salvataggio e mostrare paure e manie degli esseri umani; dall’altra figure umane presentate come ostentate caricature del loro stesso ruolo. Basti pensare alla spietata Madame Medusa, modellata sulla precedente Crudelia De Mon, talmente tanto che in un primo momento si era pensato di riportarla come antagonista del film. Bramosa di trovare l’Occhio del Diavolo, ella viene spogliata della consueta regalità delle antagoniste femminili in favore di atteggiamenti sgraziati saldamente ancorati al suo essere megalomane e crudele. Ravvicinando queste due tipologie di personaggi viene favorita più che mai un’interazione viva e presente, la quale non è più prerogativa del solo protagonista ma viene estesa anche agli antagonisti. Riprendendo e rafforzando quanto visto ne La carica dei Cento e uno (1961), i protagonisti animali si interfacciano con i loro nemici umani, contrastandoli in maniera più diretta e decisa.

Altro fortunato elemento è indubbiamente la quotidianità miniaturizzata attorno a Bianca e Bernie. Ben lontana dai fiabeschi castelli e dai boschi incantati, la realtà dei due topini appare un micro-specchio di una società umana cosmopolita, talmente vivido e concreto da integrarsi segretamente alla vita umana. Non stupisce dunque che nel sottoscala dell’Onu si tengano incontri al vertice della Società Internazionale di salvataggio, con linguaggio e usi tipici delle riunioni istituzionali. Persino la linea area Albatros utilizzata dai topini per raggiungere la palude del Diavolo ha il terminal all’aeroporto di New York. La geniale intuizione di un piccolo mondo modellato sul nostro troverà maggiore spazio all’interno di Basil l’Investigatopo (1986), classico d’animazione che tanto deve a questa pellicola.

Bilanciando umorismo e terrore, Le avventure di Bianca e Bernie è il film d’animazione che più racconta il clima degli anni ’70 della major: uno sguardo in avanti, dritto verso un nuovo modo di raccontare e presentare un film d’animazione, senza però discostare l’attenzione dallo specchio retrovisore. E forse proprio l’essere transizione tra tradizione e ricercata modernità tende oggi a far passare questa pellicola in secondo piano. Eppure, alla luce di quanto detto, quello di Bianca e Bernie è innegabilmente un film da riscoprire e da elogiare per quelle geniali intuizioni che negli anni sono state riprese e riproposte. Non a caso esso è anche il primo film della casa di Topolino a vantare un sequel – Bianca e Bernie nella terra dei canguri (1990) – nella lista dei classici Disney. Tutto comincia da un topo, ma da Bianca e Bernie tutto è veramente ripartito.

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