
WandaVision – Episodio 7 – Chi controlla il mondo?
Attenzione: la recensione contiene spoiler dell’episodio 7 | L’episodio 7 di WandaVision – serie Marvel su Disney+ di recente dichiarata la più popolare del momento – si accompagna a due eventi imminenti della piattaforma di Topolino: da un lato, l’arrivo della nuova sezione Star il 23 di febbraio, con tutta una nuova e vastissima fetta di catalogo a disposizione, e dall’altro l’annuncio del dietro le quinte della serie MCU – Assembled: The Making of WandaVision – che, come per The Mandalorian, regalerà uno sguardo privilegiato ai modi di produzione televisivi dei Marvel Studios.

L’episodio 7 di WandaVision sembra sottolineare entrambi questi eventi. Arrivati agli anni 2000 con la cronistoria espressiva della sitcom americana, il riferimento qui è evidentemente Modern Family, serie pluripremiata prodotta da ABC che sarà tra i contenuti più amati del catalogo Star e che ha introdotto la modalità del mockumentary nella messa in forma delle situazioni della comedy affiancate al commento dei protagonisti su modello del confessionale di fronte alla macchina da presa; come in Modern Family, anche in WandaVision assistiamo a uno sguardo più voyeuristico e ravvicinato del solito sugli eventi, costantemente punteggiati da confessionali in cui il disagio dei due protagonisti – specialmente di Wanda, finora la “regista” di tutto quel che accade in Westview – si rende palpabile grazie alla mimica impareggiabile di Paul Bettany e specialmente di Elizabeth Olsen.

Ma il bisogno di guardare dietro le quinte non è mai stato forte come in questo episodio: con l’escamotage del confessionale, ci viene suggerito dalle marche enunciative della messa in scena che questa volta dietro la macchina da presa c’è qualcuno; e questo qualcuno all’improvviso parla, mette in dubbio, suggerisce risposte, tirando in ballo ed escludendo a un tempo tanto lo spettatore quanto Wanda stessa, che per la prima volta non sa in che ruolo si trovi a recitare. L’episodio 7 di WandaVision gioca con lo spettatore competente sia del Marvel Cinematic Universe che della televisione in generale, gioca con il suo dar per scontato che l’apparato televisivo ecceda la messa in scena e, se tutto ciò è inscritto nei margini – sempre più spessi ed evidenti – di Westview, ciò significa che anch’esso è più diegetico che metadiscorsivo.

In altre parole, se le interviste avvengono e le domande si sentono, come dice chiaramente Wanda ci deve essere qualcuno a porle. Tutto l’episodio è giocato – fin dal titolo, Breaking the Fourth Wall – sulla paradossale chiamata in causa ed esclusione dello spettatore, che è e non è Darcy, è e non è dietro la macchina da presa, è e non è all’esterno di Westview; lo spettatore viene anche bombardato di ammiccamenti che solleticano la corsa all’easter egg, pratica ormai estrema intorno a questo prodotto, spesso in grado di giocare d’anticipo (ovviamente con la compiacenza del prodotto stesso) sul corso degli eventi. Così, chi davvero irrompe nella “quarta parete” – Monica – ottiene finalmente il suo status di supereroina Marvel, con tanto di pose eroiche, costume e, presto, un nome di battaglia (verosimilmente Spectrum, visto come sperimentiamo i suoi superpoteri nascenti). E alla fine, sulla coda dell’episodio, in una discesa nella caverna che ricorda tanti prodotti televisivi young dei primi anni 2000, la risposta la otteniamo: Agnes è la ghost writer di tutto ciò che non tornava, di ogni momento perturbante della serie, e il suo vero nome – come i detective nerd della rete avevano già capito tempo fa – è Agatha Harkness.

Personaggio controverso dei fumetti Marvel, Agatha Harkess – nell’episodio 7 di WandaVision autodichiarata “villain” degli eventi – è stata la guida e la mentore di Scarlet, aiutandola tanto nel controllo dei suoi poteri, quanto nel generare i due gemelli. Scarlet si è affidata alla sua guida ogni qual volta qualche entità demoniaca ha tentato di farle perdere il controllo dei poteri sulla realtà e non è un caso che in questo episodio la Harkess si riveli proprio quando vediamo Wanda sempre più instabile e con lei la “coerenza” di Westview. Non è la prima volta che un personaggio che nei fumetti si presenta al di sopra delle categorie morali nel MCU viene tradotto in cattivo (un esempio su tutti è Ronan per i Guardiani della Galassia), ma qui la questione sembra tutt’altro che chiudersi con l’apparente malvagità di Agatha: e se i suoi sforzi fossero proprio quelli di impedire l’implosione dei poteri di Wanda?

Certo è che una battuta di Wanda, che ipotizza di essere effettivamente il cattivo della storia, fa pensare che il piano di Agnes sia dell’ordine della manipolazione, del controllo condizionante; ma, come sa chi ha letto la saga a fumetti Avengers Disassembled, questa potrebbe non essere proprio un’ottima idea per la Harkness. Restano comunque da chiarire la natura, l’origine e il destino dei gemelli – ormai troppo iconici per non restare – e di Pietro, che adesso sappiamo essere arrivato per mano di Agatha. Tutto ciò ci porta inevitabilmente al prossimo film dedicato al Signore delle Arti Mistiche Marvel, il Doctor Strange, che mostra già nel suo costituirsi dei forti ponti metanarrativi: Raimi, che ne sarà regista, porterà con sé alle musiche Danny Elfman promettendo un caleidoscopio nostalgico di rimandi espressivi e testuali. Di questo, WandaVision si pone come radicale anticipo, dichiarando che la battaglia mistica nell’MCU si combatte con la consapevolezza di abitare un mondo audiovisivo e transmediale, aprendo all’estremo il concetto sempre più vasto di “Multiverso”, e con questo episodio 7 il mondo magico Marvel si espande e si complica.

Tra una settimana ci si avvicina alla fine “dichiarata” della miniserie – che difficilmente vedrà una scansione in più stagioni, vista anche la contingenza notevole e coraggiosa di ciò che viene raccontato – avvicinandosi sempre di più al presente televisivo. Questo è già evidente: il formato non muta più (l’MCU nasce nel 2008, dopotutto) e a differenziare l’interno e l’esterno di Westview ormai sta praticamente solo quello spesso muro, uno schermo che più sappiamo essere tale, più si mostra impenetrabile.
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