
Christopher Lee – L’attore dei record
Per molti di noi il suo nome evoca il ricordo del cinema di genere horror inglese, dove il mito del Principe dei vampiri governava incontrastato e il volto di Dracula, ormai sinonimo di Sir Christopher Lee, si palesava nell’oscurità delle camere delle giovani vittime. Ma per l’attore inglese, classe 1922, quello del Conte vampiro è solo uno dei numerosi ruoli iconici ad averlo rese celebre. Christopher Lee è l’attore dei record; la sua carriera cinematografica vanta la collaborazione con molti tra i più importanti registi contemporanei tra cui George Lucas, per cui interpreta il ruolo del Conte Dooku in Star Wars, Peter Jackson con cui lavora nella trilogia de Il Signore degli Anelli interpretando il ruolo di Saruman Il Bianco e anche una collaborazione con il regista Tim Burton ne Il mistero di Sleepy Hollow.
Nonostante non abbia mai ricevuto il tanto desiderato Premio Oscar, Christopher Lee viene insignito nel 2009 del prestigioso titolo di Cavaliere Commendatore dell’Ordine dell’Impero Britannico, per poi di seguito entrare nel Guinness dei primati come l’attore vivente più citato sugli schermi. La sua straordinaria vita, degna di una saga cinematografica, gli ha permesso di vivere innumerevoli esperienze: dall’arruolamento durante la guerra nella Royal Air Force, ai primi passi all’interno dell’ambiente teatrale con Laurence Olivier, fino all’ingresso e la consacrazione definitiva nel mondo del cinema.
Pochi però sono a conoscenza delle origini italiane dell’attore, figlio dell’italiana Estelle Marie Carandini appartenente alla famiglia dei marchesi di Sarzano – comune della provincia di Reggio nell’Emilia. Il suo rapporto con l’Italia si ripercuote durante gli esordi nella carriera cinematografica, caratterizzata da diverse collaborazioni con registi italiani di genere: i primi film girati nel Bel Paese cavalcano l’onda della fama oltre confine di Sir Lee nel cinema horror; la sua interpretazione iconica del Conte vampiro, antitetica rispetto alla più aristocratica e composta di Bela Lugosi, sconvolge gli spettatori per il suo accentuato realismo e la sua durezza.
Una delle prime apparizioni di Christopher Lee nel cinema italiano risale alla collaborazione con il regista Steno e l’attore Renato Rascel nel film Tempi duri per i vampiri del 1959. Si tratta di una commedia horror in cui Lee ricalca il ruolo del vampiro, interpretato un anno prima nel blockbuster della Hammer Films, parodizzato dalla presenza del personaggio comico di Rascel. Il film narra la storia del barone Osvaldo Lambertenghi (Rascel), costretto a vendere il suo castello per debiti, di seguito trasformato in un hotel dove il barone continua a vivere e lavorare. La sua quotidianità viene scossa dalla visita dello zio Roderico (Lee) il quale si rivelerà essere un vampiro assetato di sangue. Il film, prevalentemente sconosciuto dal pubblico contemporaneo, è un esempio dell’unione della commedia italiana anni Cinquanta con il genere horror di stampo gotico, importato dalle case di produzione inglesi.
L’esperienza di Christopher Lee in Italia continua con il film La frusta e il corpo distribuito nel 1963 e diretto da Mario Bava, maestro del cinema horror italiano. Il Film, caratterizzato da ambientazioni gotiche e cupe, narra la storia della morbosa relazione tra il barone Kurt Menliff (Lee) e la cognata Nevenka (Daliah Lavi), moglie del fratello. Durante la distribuzione, il film venne accusato più volte della presenza di scene sadomaso, contrarie alla moralità pretesa nelle produzioni dell’epoca, per cui ricevette l’assegnazione del divieto per i minori di 18 anni e la seguente censura. Il film rispecchia pienamente lo stile del maestro Bava: le ambientazioni cupe sono caratterizzate da una fotografia dai toni viola e verdi, la quale si ripresenta più volte nella filmografia del maestro del brivido; i personaggi sono scossi da violente pulsioni interne, rendendoli visivamente grotteschi e imprevedibili.
Impossibile non citare, nella carriera cinematografica di Christopher Lee, un classico del cinema horror di genere italiano, quasi del tutto sconosciuto, il quale vanta la presenza di un cast d’eccezione, tra cui l’attore inglese Donald Sutherland. Il castello dei morti vivi, diretto da Luciano Ricci e Lorenzo Sabatini, è un film horror del 1964 in cui le atmosfere del gotico inglese, di cui la Hammer Films faceva scuola, echeggiano in tutta la pellicola. Il film viene ambientato all’interno di un vecchio castello in cui il Conte Drago (Lee), personaggio misterioso e appassionato studioso dei processi post mortem, accoglie una compagnia di saltimbanchi per godere di una rappresentazione privata all’interno della sua dimora. Un altro eccellente esempio di come il cinema di genere italiano sia stato in grado di assorbire e reinterpretare il gotico inglese.
Sir Christopher Lee rimane un esempio di eclettismo cinematografico; un attore in grado di trasformarsi e ritrasformarsi nel corso della sua carriera, capace di rivestire ruoli diametralmente opposti con uguale intensità e bravura. Una cosa è certa: le sue interpretazioni rimarranno tra le più memorabili e di impatto del panorama cinematografico mondiale.
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