
The Midnight Gospel – Una nuova frontiera per l’animazione
Una forma d’arte non si evolve per tappe prestabilite; il suo percorso, se di percorso si può parlare, è attraversato da tensioni, salti in avanti, passi indietro, deviazioni, scarti, contaminazioni. In questa trama di sviluppi non lineari, The Midnight Gospel è una nuova frontiera per l’animazione, e al contempo un punto di partenza. Un approdo ad una maturità tematica e artistica sempre più riconosciuta dal grande pubblico, ma anche uno squarcio su orizzonti ancora tutti da esplorare. La serie Netflix creata da Pendleton Ward (ideatore di Adventure Time) e Duncan Trussell (autore del podcast DTHF) è alimentata da uno spirito caotico che sfugge a ogni tentativo di incasellamento; si può solo tentare di ricostruire il progetto artistico, delineandone i tratti che lo rendono rivoluzionario.
L’architettura fondamentale di ogni episodio è semplice e ricorrente: il protagonista Clancy Gilroy (a cui Trussell presta la voce) entra nel suo simulatore di universi, sceglie un mondo e vi si reca in forma di avatar per intervistare una delle creature che lo popolano. Lo scopo è quello di registrare uno spacecast, ossia un podcast da inviare nello spazio.
Visioni
L’ossimoro che ci si trova di fronte è evidente sin dal primo momento: come è possibile approcciarsi ad un podcast visuale? O meglio, come conciliare due linguaggi agli antipodi come quello radiofonico e quello dell’animazione? Ogni elemento, su entrambi i versanti, viene portato all’estremo: le immagini e il dialogo. Le immagini sono mutevoli, coloratissime, strabordano dall’inquadratura, sfidano il senso di spazialità e la percezione del tempo; ogni singolo elemento sembra uscito da un quadro surrealista, non vi sono coordinate a cui fare riferimento, men che meno una mappa con cui orientarsi. Nel calderone psichedelico in cui ci troviamo immersi non c’è continuità estetica, bensì una radicale professione di libertà creativa: si passa dalla cultura pop, alla fantascienza, al gotico, all’esotismo, al grottesco senza che venga posto alcun limite alla stimolazione visiva, come se i recettori del nostro cervello stessero subendo un continuo bombardamento sensoriale.
Spesso, l’impressione delle singole scene è quella che possono dare alcuni video di animazione sperimentale, come le inquietanti visioni di Jack Strauber o i corti di Adult Swim (la casa di Rick & Morty, per intenderci): una profonda sensazione di turbamento e spaesamento, ottenuta anche grazie alla mescolanza di diverse tecniche di animazione. Al netto di tutto ciò, si tratta di una delle cose più visivamente appaganti di cui abbia memoria: un tripudio ipnotico e strabiliante, saturo di dettagli, bilanciato solo dall’elemento verbale.
Parole
A fare da contraltare a questo sovraccarico di stimoli visivi c’è, dunque, l’immaterialità della parola e del dialogo, quasi sempre slegato da ciò che accade davanti ai nostri occhi. Non si tratta di un dialogo organico rispetto all’azione, ma di un vero e proprio podcast estrapolato da un contesto reale, recitato nella maniera più naturale possibile e concernente una serie di tematiche esistenziali ed esoteriche, talvolta legate a doppio filo alla biografia di chi parla. Morte, spiritualità, religione, amore, psiche, magia: sono solo alcuni dei temi che vengono snocciolati in dialoghi fitti e verbosi, un botta e risposta serrato tra Clancy e e il suo ospite che necessita di essere tradotto, compreso e infine metabolizzato.
La parola dà vita ad un «Vangelo della mezzanotte» nella misura in cui si addentra nei territori notturni e segreti dell’Io, che ci confrontano con quelle questioni che nei momenti di lucidità (nei momenti di «luce» in senso lato) non sono portate alla nostra attenzione. Non per niente, la migliore condizione di assunzione di psichedelici è considerata quella del buio, del silenzio e dello stomaco vuoto, in una parola della deprivazione sensoriale, una condizione vicina a quella del sonno.
Visioni e parole?
I due elementi portanti che ho descritto sopra, in una sorta di scomposizione analitica, sono davvero in un forte, spiazzante contrasto, ma se non ci fosse un qualche elemento unificante ci troveremmo davanti a un vero e proprio delirio. I due principi agiscono come dispositivi di distrazione reciproca: se ci si concentra sulle immagini si perde il filo del discorso, se ci si concentra sulle parole si perde il nesso causale dell’azione. Un primo elemento di continuità che si può ravvisare è quello del flusso: coscienza e immagini sono sì slegate tematicamente, ma procedono alla stessa velocità frenetica, spesso mutano repentinamente, si interrompono, riprendono senza giungere ad una conclusione. Il punto di raccordo tra i due reami è dunque l’esperienza psichedelica in sé stessa: i pensieri e le immagini vanno a briglia sciolta, in maniera difficilmente collegabile o comprensibile, talvolta ai limiti dell’esprimibile. In questa chiave, la colonna sonora può essere un ulteriore elemento unificatore: il contrappunto musicale sostiene tanto l’azione quanto il dialogo, ne enfatizza la carica emotiva e si fa ponte tra i due linguaggi. È per queste ragioni che il quadro complessivo di ciò che accade lo si può metabolizzare solo in seguito a ripetute visioni, cambiando ogni volta la propria postura mentale, il proprio focus su ciascun elemento.
Mi riservo dal fare un elenco di improbabili collegamenti o di spiegare significati simbolici nascosti, che pure si trovano in alcuni elementi ricorrenti (che siano colori, oggetti o musiche); così come non ho intenzione di estrapolare alcun possibile messaggio o morale conclusiva. Farei un torto al senso complessivo di un’opera dettagliata e complessa, capace di rendere la visione un processo proattivo e un’esperienza intimamente personale, in contrasto con il tradizionale metodo di fruizione di un prodotto di intrattenimento. The Midnight Gospel potrebbe riassumersi con la metafora menzionata nel primo episodio in merito alle droghe: proprio come un ascensore, ti porta all’ultimo piano di un palazzo dove si tiene una festa meravigliosa, te la mostra e poi ti fa scendere di nuovo a livello del traffico cittadino. Con l’eccezione che, grazie alla permanenza dell’esperienza artistica, la festa di cui si parla può essere espressa, conservata, rivissuta e condivisa.
Dal 2015 Birdmen Magazine raccoglie le voci di cento giovani da tutta Italia: una rivista indipendente no profit – testata giornalistica registrata – votata al cinema, alle serie e al teatro (e a tutte le declinazioni dell’audiovisivo). Oltre alle edizioni cartacee annuali, cura progetti e collaborazioni con festival e istituzioni. Birdmen Magazine ha una redazione diffusa: le sedi principali sono a Pavia e Bologna
Aiutaci a sostenere il progetto e ottieni i contenuti Birdmen Premium. Associati a Birdmen Magazine – APS, l‘associazione della rivista
[…] Quale potrà essere la specificità dell’audioserie, secondo te? Anche se mi hai risposto in qualche modo. Sto pensando in questo momento a Midnight Gospel, non so se hai saputo che cos’è [qui la nostra recensione]. […]
[…] Un trip che lascia sconvolti, ma che vale la pena di intraprendere. The Midnight Gospel combina la natura profondamente personale dell’ascolto dei podcast con il potere coinvolgente dell’animazione. La serie nasce dall’incontro tra Pendleton Ward, noto per Adventure Time, e il comico Duncan Trussell, autore del podcast The Duncan Trussell Family Hour. Le clip audio del podcast di Trussell prendono vita con un’animazione surreale, onirica, sovrastimolante. Il protagonista, Clancy, è uno spacecaster: in ogni episodio esplora mondi diversi grazie a un simulatore dalla simbolica forma di vagina, e dialoga di nuove prospettive e filosofie con i personaggi intervistati. La serie è uno sguardo introspettivo alla vita, alla morte, alla meditazione e alle esperienze psichedeliche; il viaggio di Clancy è sia una ricerca di significato che un disperato tentativo di fuggire dalla realtà. La natura ibrida della narrazione, in cui tra le immagini e l’audio sembra mancare una corrispondenza, chiede allo spettatore di affrontare una grande sfida sensoriale, nel tentare di incrociare il visivo e l’uditivo alla ricerca di un senso. I nostri occhi sono bombardati da immagini folli e assurde, mentre il nostro cervello cerca di riflettere sui dilemmi esistenziali veicolati dalle parole. Forse, quello che viene davvero chiesto allo spettatore è semplicemente di abbandonarsi al viaggio. The Midnight Gospel non beneficia esattamente dell’approccio binge-watching. È necessario prendersi del tempo per elaborare ogni episodio, e lasciare che il caos sensoriale risuoni con le nostre esperienze personali. Di Maria Francesca Mortati. Qui la nostra recensione. […]