
Intervista a Paolo Girella di Emons Edizioni – Che cos’è un’audioserie?
Paolo Girella (Roma, 1986) si è laureato in Storia della critica letteraria. Nel 2012 ha fondato insieme ad altri una rivista online di cui è stato caporedattore fino al 2018. Dal 2015 lavora alla Emons Edizioni, per cui cura la collana di guide “111 luoghi”, occupandosi anche di produzione. Tra gli audiolibri che ha diretto, La macchia umana di Philip Roth, La famiglia Karnowski di Isreael J. Singer e Il Maestro e Margherita di Michail Bulgakov, tutti letti da Paolo Pierobon. Ha inaugurato la prima puntata di Off the record, podcast della casa editrice Emons che svela tutto ciò che accade in sala, a microfono spento (da ascoltare qui). Ed è produttore esecutivo dell’audioserie, l’Avvocato Guerrieri – La prima stagione (da ascoltare qui).
Buongiorno Paolo, ti ringrazio di aver accettato l’intervista. Noi ci occupiamo, come sai, di cinema, di serie e di teatro. Ci interessiamo anche, in generale, del mondo dell’audiovisivo: quindi mi sembra che calzi a pennello il tuo lavoro per Emons sulle audioserie.
Buongiorno Demetrio, grazie a voi. In effetti è uno stranissimo connubio di tutte quante queste cose messe insieme: nel nostro caso gli attori lavorano su due binari, la lettura, per quanto riguarda gli audiolibri, e la recitazione, per le audioserie. La Emons si è aperta al tipo di narratività seriale, una dimensione completamente nuova per noi: lo abbiamo fatto partendo da un testo letterario che avevamo già pubblicato in catalogo. Lavorandoci, ci siamo resi conto che era molto diverso dal lavoro editoriale.
Prima di tutto ti chiederei di darci non una tua definizione, non è facile dare definizioni, ma una descrizione, o piuttosto qualcosa che individui l’audioserie. Io vedo, da profano, che l’audioserie si pone in continuità con lo sceneggiato radiofonico. Così come la serialità (televisiva) si pone, in qualche modo, in continuità con altri tipi di narrazione seriale (romanzesca soprattutto).
Ci sono due aspetti dell’audioserie che modificano il mondo della narrazione seriale: il primo è dovuto banalmente alla mobilità. L’audio si inserisce, soprattutto negli spostamenti in città grandi e difficoltose come può essere Roma, in tutti quei momenti brevi di attesa, di noia, per cui riesce a far compagnia, a intrattenere. Sia attraverso le storie di grandi classici, sia con prodotti contemporanei. Forse è anche per questo che stanno prendendo sempre più piede i podcast. Ma si tratta comunque di due realtà differenti, una di tipo narrativo, l’altra di tipo informativo, entrambe però sono in grado di accompagnare diversi momenti.
Il secondo aspetto riguarda la voce come nuovo strumento di narrazione, sebbene sia il più antico. Senza escludere che possa funzionare anche come una sorta di antidoto contro la sovraesposizione visiva che ormai, insomma, tutti subiamo. L’audioserie ti dà la possibilità di partecipare alla narrazione senza l’uso della vista, mettendo in moto la più potente funzione visiva che abbiamo, quella dell’immaginazione.
“Audioserie” è comunque un nome nuovo per qualcosa di vecchio, leggermente diverso dall’audiosceneggiato: è cambiato il modo di fruirne, contestualmente a un cambiamento di educazione. Tra l’altro, il rilascio che fa Netflix o Amazon delle serie, a “pacchetto”, diversamente da come si era abituati, episodio per episodio, spinge in qualche modo anche altre realtà a fare lo stesso.
In questo è molto simile a un audiolibro, no?
Sì, perché l’audiolibro ovviamente viene presentato come opera unica. L’audioserie ha una diversa suddivisione, con attenzione particolare al narrato puntata per puntata, perché, per esempio, viene creato il cliffhanger necessario per spingere lo spettatore a proseguire. Di fatto però, e qui siamo in accordo, la fruizione può essere anche monolitica, in blocco.
C’è una differenza non banale fra audiolibro e audioserie: l’audiolibro viene letto, l’audioserie recitata. L’audioserie tenta di ricreare in quel momento un dialogo, uno scambio. Noi abbiamo scelto – rispetto ad altre cose che sono state fatte in Italia, che sono ancora abbastanza poche e tendenzialmente sono traduzioni di opere americane, tedesche, inglesi – di avere sempre una voce narrante. In un certo senso, di stare a metà tra l’audiolibro, cioè la narrativa “pura”, e lo sceneggiato.
Penso, dato ciò che mi dici, alla letteratura orale. La differenza, forse, tra la letteratura orale “tradizionale” e il tentativo dell’audioserie è che si tratta, nel secondo caso, in qualche modo di una “iscrizione” (seppure di una voce). Quindi è una fruibilità indiscutibile e “immobile” dal punto di vista testuale, penso al fatto che non ci sia possibilità di rifacimento, non ci sia improvvisazione. C’è uno script: quindi anche qui non si può che notare la presa a piene mani dal cinema, e dal teatro.
In realtà lo script non è “sacro” come un testo letteraio, non è immobile, se parliamo di audioserie, perché l’attore e il regista, in accordo con l’autore, possono rendersi conto, al momento della recitazione, che il testo funzioni meglio diversamente da come è stato redatto in origine.
Emons sta cercando qualcuno che scriva audioserie? Cioè che scriva con l’intenzione di fare, esclusivamente audioserie?
Abbiamo deciso di cominciare con Carofiglio, con la serie L’avvocato Guerrieri, perché è un autore importante del nostro catalogo, e uno dei più attenti alle nuove forme narrative legate all’audio. Adesso stiamo lavorando a una serie di tipo giornalistico, una inchiesta su Marta Russo, scritta da due giornaliste, Chiara Lalli e Cecilia Sala. Vorremmo sondare un po’ le varie possibilità, però, non rimanendo entro i confini del giallo. Ma non ho risposto alla tua domanda, che è: esistono scrittori di serie audio? Direi di no.
Però stiamo sperimentando con gli autori, attraverso un attento lavoro di editing. Cerchiamo di unire la loro creatività e la nostra esperienza nella lettura ad alta voce, e stiamo forse gettando le basi per una nuova forma narrativa, o declinandone una vecchia. L’esperienza fatta con la serie tratta dal libro di Carofiglio è stata fondamentale. È ancora un work in progress, qualcosa di nuovo, una scrittura che attinge dal linguaggio radiofonico, drammaturgico, cinematografico e, ovviamente, letterario, insomma: un mix nuovo. Con l’aggiunta che è fondamentale dialogare con la dimensione del suono, sia per quanto riguarda la questione dell’intellegibilità, sia in quanto suono, sfruttando tutte le possibilità che offre.
Quale potrà essere la specificità dell’audioserie, secondo te? Anche se mi hai risposto in qualche modo. Sto pensando in questo momento a Midnight Gospel, non so se hai saputo che cos’è [qui la nostra recensione].
No, no.
È una serie Netflix nata da un podcast, cioè, è, in un certo senso, l’adattamento seriale di un podcast. Ovviamente è una serie americana, dico ovviamente perché i podcast in America hanno grande successo. Il podcast non solo è stato all’inizio una forma di, come dire, registrazione radiofonica perpetua, piano piano sta anche costruendo un proprio linguaggio, delle proprie convenzioni, coordinate. Se io ti dovessi chiedere, anche se in un certo senso mi hai risposto parlando dell’importanza dell’audio, se io ti dovessi chiedere una ipotetica specificità dell’audioserie, quale sarebbe?
L’educazione all’ascolto in Italia si sta ancora formando, è in fase di definizione. Mettendo da parte il discorso commerciale, una direzione che auspico al mondo dell’audioserie, e che potrebbe diventare la sua specificità, prevede il dialogo tra dimensione sonora e narrativa. Sarebbe bello riuscire a interagire con gli artisti del suono. Cercando di ricreare gli ambienti e le sensazioni, anche sfruttando la natura, potrebbero essere in grado di dar vita a nuove dimensioni. Cercare dunque di andare verso una collaborazione tra arte, suono e narratività. Ma parliamo di sperimentazione nella sua forma più estrema, e la necessità di un ritorno commerciale è sempre urgente: queste serie costano. Non hanno ovviamente i budget del cinema ma sono comunque molto esose per l’editoria, che è abituata a cifre più contenute, ecco.
Paolo, a questo punto farei un passo indietro, chiedendoti, in modo un po’ schematico, come si realizzi un’audioserie.
Si parte da un testo, un romanzo preesistente o un testo scritto appositamente, un originale. C’è una fase di dialogo, di consultazione tra casa editrice e autore, una fase che comprende l’editing, un editing che si preoccupa anche di fare prove di lettura, anche con degli attori in sala. Da qui viene il testo definitivo. Durante il processo, è bene già riuscire a immaginare delle indicazioni per il sound design. Se il suono deve “invadere” la scena, o meno, se l’obiettivo è dare colore, descrivere, farsi scrittura a sua volta. Il sound design appartiene però, ovviamente, alla post produzione. Segue il casting, quindi si scelgono i vari personaggi. Per Carofiglio, abbiamo fatto diversi provini. Alcuni personaggi avevano bisogno della giusta coloritura geografica, e coerentemente con il testo abbiamo selezionato alcuni attori baresi. La registrazione di così tante voci (40 in questo caso) pone dei problemi logistici. Mentre al cinema si lavoro con le pose, e l’attore rimane a disposizione per tutto il giorno, abbiamo cercato di incastrare i turni e le scene tra gli impegni degli attori, che sono numerosi. Questo può complicare il processo, perché bisogna dare un calendario precisissimo. In sala di registrazione è sempre presente un regista, colui o colei che ha la visione completa, ha le redini in mano; è presente anche il direttore di produzione e tutte le figure competenti. In fondo, ora che ci penso, ci sono diverse affinità col set cinematografico.
Dopo un primo riascolto del registrato, si fa un premontato, dove si passa a un ulteriore fase di editing, prima di procedere al montaggio vero e proprio. La figura del montatore può coincidere con quella del sound designer, ma non è detto. Nel caso dell’Avvocato Guerrieri, per esempio, erano due figure distinte. Per la serie tratta dal suo romanzo abbiamo poi contattato un musicista. La creazione della colonna sonora è stato un processo molto grande, impegnativo. Cerchiamo di dare delle referenze al compositore, delle canzoni simili che possano aiutare un po’ a comprendere il mood. Abbiamo parlato moltissimo anche di “colori” in fase di creazione musicale.
Cioè vuol dire?
Ti faccio un esempio: ho lavorato personalmente con il musicista e la mia competenza musicale è pari a zero, si riduce appunto alle strimpellate di fronte al falò. Per riuscire a comunicargli le note parlavamo molto di colori. Non è facile da spiegare.
Come se fosse la tonalità, la fotografia.
Esatto, sì.
È interessante. Facciamo degli esempi. Sto raccontando un omicidio: potrei farlo in rosso, cioè intensificando l’aspetto di violenza, macabro; o potrei farlo in blu, intensificando, come potrebbe fare un autore del nord, la tensione, al blu è attribuito spesso un aspetto psicologico, comunque introspettivo invece che estrospettivo.
Effettivamente il lavoro di sound engineering e del musicista potrebbe equivalere un po’ al lavoro della fotografica nel cinema.
Dopo il montaggio cosa accade?
C’è stato un ulteriore lavoro, nel caso di Carofiglio, perché in accordo con l’autore ci siamo resi conto che alcune cose potevano essere tagliate per rendere più veloce, più corretta e meno didascalica la storia. Una cosa che abbiamo scoperto in questi tagli, che terremo come esperienza per i prossimi lavori di editing, è che se c’è un buon sound design, se è stata preparata bene la scena, molte delle informazioni che si pensa siano necessarie per far visualizzare la storia e l’ambientazione in realtà possono essere tolte. Quindi, dopo il sound design abbiamo potuto togliere un po’ di parti che erano all’interno della narrazione, ma avevano solo una funzione didascalica e contestualizzante.
La funzione didascalica, in un certo senso, può essere surrogata tranquillamente dall’immaginazione a quel punto.
Sì, se si è creata la scena in modo convincente si può assolutamente eliminare, anzi, ben venga. Dopo viene una fase altrettanto importante, quella della promozione e distribuzione, per cui non invidio le mie colleghe. Tutto questo è ciò che è accaduto nella lavorazione dell’audioserie di Carofiglio. Potrebbero cambiare delle cose, nelle prossime produzioni, perché no. In fondo stiamo sperimentando, è fondamentale fare diversi tentativi.

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